[SPOILER] Gake no ue no Ponyo

Discussioni su gli autori e gli anime Ghibli e Pre-Ghibli

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minmay
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Re: [SPOILER] Gake no ue no Ponyo

Messaggio da minmay »

cipeciop ha scritto:
Minmay ha scritto:anche io non ho visto nulla di erotico nel rapporto tra Ponyo e Sosuke, anzi mi è sembrata davvero realistica la loro totale assenza di malizia!
Forse diciamo la stessa cosa. Concordo con te sul 'realismo', inteso come 'rappresentazione efficace' dei sentimenti sinceri (quindi senza malizia), cioè delle pulsioni, dei protagonisti; soprattutto dell'amore travolgente (ciò che prima chiamavo 'sfrenata pulsione erotica') di Ponyo per Sosuke.
nì...sì c'è del "contatto", ma davvero io non penso sia "pulsione erotica": se vedo due bambini che sia abbracciano o si tengono sempre per mano, non penso che il gesto sia dettato da una "pulsione erotica", infatti spesso non vi è differenza di comportamento in tal senso sia che si tratti di bambinO/bambinA, sia che si tratti di bambinA/bambinA (bambinO/bambinO)...ovviamente è una mia opinione :wink:
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Hyuma
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Re: [SPOILER] Gake no ue no Ponyo

Messaggio da Hyuma »

Avete sentito la canzone che Lisa canta a Sosuke circa a metà film fa: ...."watashi wa genki.." ... na na na na .. chi è? To..to... :gresorr: :gresorr:
.:emozioni visive:.
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ghila
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Re: [SPOILER] Gake no ue no Ponyo

Messaggio da ghila »

Una recensione di un blogger di cui, di solito, mi fido.

E questa volta mi fido veramente. Avete tutta la mia invidia (baci e abbracci a tutti!). :D
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Dottor Rao
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Ponyo, un commento [spoileroso]

Messaggio da Dottor Rao »

Se devo parlar di Ponyo (e quindi, inevitabilmente, sbagliare) tanto vale farlo in buona compagnia, mi son detto. Con questo spirito sono andato cercando su Ghibliworld le impressioni che il film ha lasciato tra gli addetti ai lavori. Particolare non senza importanza: tutte cose che ho letto stamattina, dacchè sono giunto alla visione del film senza saperne niente o quasi. Qualche mese fa lessi che l'acqua avrebbe rivestito un ruolo di prima importanza nel film; sabato scorso l'articolo di Raffaelli, letto a metà, riassumeva la trama come la storia di un pesciolino che vuole diventare umano. E questo è tutto ciò che ho saputo fino a domenica. Credo che sia la condizione ideale per apprezzarlo appieno (come regola in generale ma ancor più per Ponyo) e preferirei che chi non ha visto il film non proseguisse. Anzi, gli consiglierei proprio di allontanarsi dal forum fino a Pasqua.

Iniziamo da questo commento di Goro Miyazaki (Ghibliworld, 6 luglio):

"I watched Ponyo today. I thought it’s kind of a scary movie. This judgment can be split clearly depending on the viewers: understand it or not. Those who can understand it, watch it by feeling. Those who can't understand it, watch it by logic. "Understand-guys" want to watch it again, because they can understand. "Don't-understand-guys" want to watch again, because they want to get the logic. Ponyo has such an enchantment. About me? I can understand, but don't agree (laughing). Maybe I'll get scolded for mentioning this. The reason I can't agree does not mean I'm critical towards Ponyo or Hayao. It just means that if I was ordered to make a movie now, I wouldn’t make something like this."

Segnatevi l'aggettivo "scary", ci torniamo più avanti. La suddivisione del pubblico mi sembra azzeccata. Chi "ha capito" il film, lo "sente", lo guarda col cuore. Chi non lo capisce, vi cerca la logica (si badi che la discriminazione non è di merito: non c'è un metodo "giusto" di relazionarsi col film, antitetico a uno sbagliato. Solo due modi i sentire diversi). Io decisamente rientro nel primo gruppo. Mi sono lasciato travolgere dalla fantasmogoria delle immagini, senza pormi troppe domande sul percome e sul perché. C'è da dire che Miyazaki ha lavorato con notevole efficacia in questo senso, e su più fronti. Il segno della sua matita, grossolano e tremolante, meno "mediato" che nei lavori precedenti, comunica subito l'intenzione di semplicità della vicenda. Non vi è traccia del barocco di Sen. Alla semplicità visiva (ovviamente un inganno, il solo unire le tinte pastello dei fondali agli elementi animati degli stessi deve aver richiesto un'incredibile sforzo tecnico) si aggiunge la basicità degli eventi. Un bambino fa amicizia con un pesciolino. Il pesciolino fugge dal mare per rimanere nel mondo degli uomini. Cosa fa di un pesce un uomo? Apprezzare il prosciutto e sapersi comportare a tavola. Come finisce la storia? Qui facciamoci aiutare da un altro commentatore eccellente:

"That movie doesn’t have any theme and structure. It is just the result from Miya-san's delusion. There is no inevitability in the story development. For example, why does Risa take such a risk coming back home from Himawari-no-ie in the storm? After she comes home, she again returns to Himawari-no-ie. She could have stayed with Sosuke. There is no reason in her behavior." Suzuki replied, "Maybe it is needed for Ponyo to meet Sosuke again." Oshii disagrees, "That is nonsense. Audiences never accept a story that does not show any rationality. Still, every single scene was interesting. The first 10 minutes are amazing. That jellyfish scene is really fantastic. The reason why we can somehow watch the movie till the end is just because of its excellent expressiveness during every single scene."

Il film non ha un tema, né una struttura. Non vi è inevitabilità nel concatenamento degli eventi. E' tutto vero. In Kamikakushi si è sempre attenti, la struttura narrativa è tradizionale. L'eroina "in crescita" affronta una serie di prove e incontra una serie di magici aiutanti (il fuochista, il senzavolto etc). Il bambino gigante diventa un topolino, le teste e gli aeroplanini di carta assumono forme diverse, Chihiro riconosce Haku nelle spoglie di drago. Alla fine si deve rivedere il film per essere sicuri di non perdersi tutti i passaggi.
Niente di tutto ciò in Ponyo. Non vi sono dei veri e propri personaggi se non i due protagonisti. E non compiono delle vere e proprie azioni. Quando si muovono sono spinti da motivi non razionali. Ponyo: il voler rimanere accanto a Sosuke è un processo di imprinting. Sosuke: l'andare alla ricerca della mamma dispersa nel temporale è un impulso primigenio. Le madri non sono trattate come personaggi in senso proprio: sono più un allegoria della maternità. Stessa cosa dicasi per le nonnine del Girasole: non sono delle vere e proprio vecchine, sono "la vecchiaia". La vita pulsante del mare va in scena. la vita ha una origine (Granmammare) e attraversa una infinità di forme. Monocellulari, pluricellulari, devoniane, cambriane, pesciformi, bambinoformi, signora anziana. La vita muta in continuazione: dai a un pesce due gambe e ottieni un bambino. Circondato dal fluire pulsante della vita c'è un unico personaggio nel film che è uomo in quanto tale: Fujimoto, l'unico che è alla continua disperata ricerca di spiegazioni, l'unico che ne offre (sotto forma di pessimistiche previsioni): Il DNA si sta corrompendo! bisogna assolutamente scongiurare la tal cosa! la luna ci cascherà addosso! La vita del cosmo brulica indifferente ai suoi drammi e alle sue piccole ansie da uomo, e lui non capisce.

Anche, Lepka, Kushana, Muska non capivano la Natura: ma in quel Miyazaki tutto era ancora drammatico: raccontato con le parole dell'uomo. Venticinque anni or sono mi piacque cullarmi nell'idea del maremoto. L'umanità era cattiva, inquinava, ma la sua stessa follia l'avrebbe portata alla fine, e nel 2008 le acque l'avrebbero sepolta con le sue storture. Adesso siamo effettivamente nel 2008, e Miyazaki ha mantenuto la promessa: eccolo che, almeno al cinema, ci offre il suo diluvio universale. Ma è spoglio delle semplici contrapposizioni di un tempo. Le onde non sono chissà quale castigo o rivincita della natura - non c'è niente da vincere. Il maremoto/altamarea è quindi vissuto dai bambini come una grande avventura (con quel pizzico di paura quando Lisa non torna che fa grandi tutte le avventure). L'uomo non si contrappone alla natura (se non nella mente di Fujimoto. La specificità umana è appunto questa, il "pensarsi altro da", che però arriva solo con l'età adulta): ne costituisce una delle forme. Queste forme hanno poi una matrice comune, tanto è vero che il film narra del vincolo che si istaura tra Sosuke e Ponyo. Vorrei dire d'amicizia ma non sarebbe esatto. Sosuke è un cucciolo d'uomo, Ponyo un piccolo pesce. Il film ruota attorno al loro e loro comunicano in un linguaggio che appunto non è (più) il nostro:

Miyazaki:I made this movie with the intent that 5 year old children can understand it, even if 50 years can't. Watching children at the nursery, 5 year olds have enough language ability and intelligence, even though they can't express it by words. e ancora:
“I intended to make a film that 5 year old children can understand. They don’t watch it by logic but by feeling. However, it wasn’t easy.”


~~~

Miyazaki: «A 9 anni ho letto Andersen e c' era una cosa che non mi piaceva. Perché gli esseri umano hanno un' anima e le sirene no? Io ho dato un' anima alla Sirenetta»

Walt Disney volle rendere simpatico il topo e lo antropizzò. Andersen volle esaudire il desiderio della sirenetta di divenire umana. Ha Miyazaki voluto fare altrettanto? Ovviamente no. Fedele ad una cosmologia animista, dare un'anima al pesce significa per lui considerarlo vita di pari valore all'altra, ma nella sua specificità (distruggere il piedistallo del pensiero che conferisce una sorta di medaglia chiamata "anima" solo a una certa porzione della vita). Ponyo rimane un pesce. Dimena deliziosamente la sua coda attorno a Sosuke nel momento del "giuramento". Che non può essere più esplicito: Voglio bene a Ponyo-pesce, ponyo pescebambina e ponyo bambina, indifferentemente.

Torniamo dunque allo "scary" di Goro, che aggiunge:

Simply speaking, it is like The Pied Piper of Hamelin. Although it is a very attractive work, I had the strange feeling of wondering if it is possible to keep being attached to it. That is my honest impression.

Anch'io ho provato queste sensazioni durante il film. Il paragone col pifferaio è azzeccato... Ponyo è rapita dalla terraferma, attratta da una forza incontrollabile. Il razionalista Fujimoto parlerebbe di DNA. Giunta a casa di Lisa, Ponyo diventa un essere umano. Non vi è bisogno di alcun rituale magico o sacramento: ciò che definisce l'uomo è il suo agire. Se un pesce potesse davvero sedersi a tavola e aspettare compito che il ramen si raffreddi, questo pesce sarebbe un uomo. Esattamente come le bambole e le intelligenze artificiali di Oshi: quello che fa di 2501 una vita è la sua volontà di esserlo, la volontà con la quale Ponyo si fa spuntare zampe/gambe.
Osservando la deliziosa Ponyo sgambettare allegramente per la casa, rotolarsi sul divano, ridere, addormentarsi... Durante tutte queste azioni, non ho mai sentito la bambina "analoga" a Satsuki e Mei, per intenderci. L'ho sempre sentita più affine a un susuwatari, a un kodama, a Calcifer (no, Calcifer è già troppo antropizzato). Il suo potere "magico" non viene mai meno, né la naturalezza con cui ne dispone. Anche nei momenti di maggiore "umanità", Ponyo è sempre quell'essere mitologico dell'inizio del film, l'inarrestabile Valchiria-cavalca-onde. Eppure la simbiosi fra Ponyo e Sosuke è nei fatti - ma questa, piuttosto che umanizzare la prima, in qualche modo aliena il secondo, mostrandoci il bambino come una creatura che ancora non è nel consesso dell'umanità. Viene in mente Ray Bradbury. Tra l'alieno-bambino e l'alieno-pesce, lo spettatore perde ogni riferimento, iniziano gradualmente a mancargli le strutture (il linguaggio) per interagire col film. E arriviamo così alla frase di Oshi: "Audiences never accept a story that does not show any rationality."

Penso che questo sia il senso del dubbio di Goro Miyazaki "If it is possible to keep being attached to it". Non è la prima volta che salta fuori la disparità tra un aspetto superficiale "conciliante" nei film di Miyazaki, e un messaggio di fondo quantomeno disincantato se non apertamente pessimista. Ma forse è la prima volta che la sottile spietatezza dell'inganno raggiunge i livelli di un Takahata. Si noti come tutto l'esile "'intreccio" del film costituisce un inganno. Fujimoto cerca sua figlia per scongiurare l'inevitabile, Gran Mammare che parla di una promessa, benché in fin dei conti all'"eroe" Sosuke non sia richiesta la soddisfazione di alcuna "prova". Nel rituale in fondo al mare, egli non fa altro che ripetere quanto evidente sin dall'inizio del film, cioé il suo attaccamento a Ponyo. Non vi è mai un vero momento in cui il finale sia "in pericolo" e le cose possano prendere una brutta piega. Il "pentimento" di Fujimoto sembra proprio arrendevolezza e accettazione dell'esistenza. Siamo ben oltre i "cattivi che si rivelano non essere cattivi" di qualche anno fa, schema che era pur sempre da fiaba.

~~~

Non vorrei però che si pensasse che quanto scritto sinora sia una critica del film. Tutt'altro. Anche la stampa, mi sembra, non ha colto esattamente il senso dei commenti sopra riportati. Quello di Oshii viene definito come "typically quite critical", ma a mio avviso, Oshii fa anche un importante apprezzamento:

"That movie doesn’t have any theme and structure. It is just the result from Miya-san's delusion. [...] Audiences never accept a story that does not show any rationality. Still, every single scene was interesting. The first 10 minutes are amazing. That jellyfish scene is really fantastic. The reason why we can somehow watch the movie till the end is just because of its excellent expressiveness during every single scene."

Che il film sia il risultato delle fissazioni di Miyazaki, Oshii credo l'avesse detto anche di Kurenai no Buta ("è una shi shyousetsu"). E in un certo senso, si potrebbe estendere il giudizio a diversi altri suoi film. Un regista, un autore hanno sempre dei feticci con cui giocare, siano essi cyborg o biplani degli anni venti. Raramente in questi risiede il significato di un'opera. Il valore è dato piuttosto dall'espressività. Non da quello che mostri, ma da come lo mostri. Sempre Oshii, anni fa:

as a director, I was most influenced not by Conan, but by Anne of Green Gables. I was astounded by how broad the range of direction can be. Because, there was no story. It's just washing dishes, or watching a carriage go by. And it's a long (scene). But, this has tremendous power. In that sense, my eyes were opened.

Il film Ponyo è tanto più d'impatto proprio perché non ha una struttura tradizionale. D'altronde, se l'avesse avuta, se la crescita di Sosuke avesse avuto punti di contatto con quella di Chihiro, Miyazaki si sarebbe prodotto in una sterile ripetizione. Invece la straordinaria forza di Ponyo risiede nelle sue immagini. La scelta di dire poco e di lasciarle parlare si rivela vincente:

Question: How did you join Ponyo?
Kondo Katsuya: When I was working on one of the Ghibli Museum shorts as an animation director, Miyazaki-san alluded it to me. He said, "A movie that is able to get through by watching the pictures only without the dialogue. I want to try and make a future length film that tells its story by the animation itself."


La scelta stilistica che sottintende a Ponyo è di una rara perfezione formale. Per usare le immagini come veicolo principale di narrazione, Miyazaki le ha volutamente semplificate. Se il livello di dettaglio degli sfondi in Sen è di una sovrabbondanza funzionale all'intrico della storia, in Ponyo abbiamo poche locazioni e molta natura. Ma c'è di più - il fondale è più semplice, ma tutto è in costante movimento. Sia sulla terraferma che, ovviamente, nell'acqua. Il tremolio del tratto è enfatizzato al massimo per ricreare il ben noto effetto (gli appassionati inevitabilmente ripensano a Zenigata che si affaccia dalla fontana del castello) della distorsione. Tutto il film è una ricerca sul movimento dei fluidi, con splendidi cavalloni che si tramutano in carpe, onde i cui flutti sembrano avere la densità dell'inchiostro, e le piccole, minuziose creature plancton che popolano il mare. Le sorelline di Ponyo hanno movenze assolutamente incredibili, di un naturalismo che ti aspetteresti da un documentario (più che girini in effetti in un paio di occasioni sono un chiaro richiamo agli spermatozoi) piuttosto che in un anime. Il tutto è un bilanciamento delicatissimo tra il virtuosismo tecnico di un animatore, e la "leggibilità" della scena, tesa a comunicare la storia per immagini ai più piccoli. C'è infatti chi ha detto che ricorda un libro illustrato.

E' probabilmente vero dunque che un'audience "normale" è in grado di reggere il film "solo" in virtù dello splendido spettacolo che gli si para davanti: una scelta estetica meno indovinata, più convenzionale avrebbe lasciato lo spettatore libero di concentrarsi sull'intreccio. Un simile riscontro si può fare forse in Howl dove, non appena cala la tensione dello spettacolo pirotecnico o del magnifico castello in movimento, il film non riesce a tener desta l'attenzione. Ma è vero in ultima analisi per gran parte della storia del cinema. Già Hichcock sapeva che conta molto di più ciò che mostri di ciò che fai dire agli attori. Nessuno guarda davvero L'Othello di Welles per sapere come va a finire... Credo che leggere nel commento di Oshii un'accezione troppo negativa sia un classico caso di "lost in translation". Anche se il pessimismo di fondo del regista traspare sempre:

"Maybe the mass media will admire Miya-san's try on insisting to use hand-drawn animation as a kind of touching tale, but I doubt it will. We cannot rely on high quality hand drawn animation anymore. At least not for theatrical features. For mass-produced anime TV series they don’t even care about its quality."

~~~

Bene, adesso credo di aver ecceduto nel senso opposto, aver lasciato troppo la parola agli altri, senza magari delineare le mie sensazioni attorno al film. Ponyo mi è piaciuto molto. Quando nel 2004 vidi Ugokushiro, ebbi l'mpressione che Miyazaki aveva menato un po' il can per l'aia, utilizzando a mo' di clava (leggi: con un pelo meno della sua usuale sensibilità) il tema dell'amore per tenere insieme un intreccio claudicante. Il tutto si sfarinava verso la fine in un melò che faceva pensare a una certa senilità dell'autore. Lo sentii meno in sintonia col mondo che lo circondava, specie dopo la grandissima prova data con Kamikakushi.
Ponyo è se possibile ancora più autistico. Il problema non è, come le press release suzukiane (e quindi le stesse parole del nostro) nella distanza tra "me" e l'età dello "spettatore target". E' più un problema della distanza tra la nostra età e quella di Hayao.
Ma Ponyo non nasce come innesto su un romanzo della Wynne Jones. Le meraviglie di Howl come il castello respirante finivano con l'essere magnifiche invenzioni incollate su un intreccio convenzionale. Tra parentesi, sono anche "grato" a Goro di aver allontanato dal padre l'amaro calice di dover rifare per l'ennesima volta "Nausicaä" lavorando sull'opera della LeGuin... Ma forse anche in questo l'unica cosa da ringraziare è il fiuto dello stesso Hayao.
Ponyo è invece una completa invenzione miyazakiana, e prima di ogni altra considerazione sono stato felice di vedere che la sua fantasia si è sbizzarrita completamente, al di fuori di ogni schema. Tra i tanti commenti raccolti spicca per assenza quello di Paksan, ma credo che il film gli piacerà. Da un punto di vista dell'animazione, vi è qualcosa della ricerca vista in Yamada-Kun. Ma sopratutto Ponyo è un film apparentemente (e realmente) semplice, ma anche "denso". La storia è scaturita dalla sua fantasia, come Mononoke (il libro), ma la sua fantasia si è nutrita di fonti che più disparate non potrebbero essere, da Andersen a Soseki. Ma questa sua fiaba subacqua non fa del trito citazionismo. Come i grandi calligrafi condensano anni di esperienza nella rapidità di un segno, così Ponyo è una grande prova d'autore. Se Sen to Chihiro no Kamikakushi resta superiore in termini di regia, raramente potremo dire di aver visto un Miyazaki animatore talmente genuino, senza Masashi Ando, senza Otsuka, con Katsuya Kondo ma in un film in cui anche il character design deve lasciare il passo alle continue invenzioni visive del subacqueo. E se alcune scelte stilistiche o magari l'intero soggetto, sono nati tenendo conto dell'inevitabile declino fisico dell'animatore: tanto più di cappello. Ancora una volta Miyazaki ha emozionato senza percorrere due volte lo stesso cammino.

2/9/08
D84
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Re: Proposta ritrovo per Ponyo a Venezia!

Messaggio da D84 »

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Re: Ponyo, un commento [spoileroso]

Messaggio da Kinoppi »

Bella analisi, davvero bella, sono fondamentalmente d'accordo su tutto.

Avevo letto anch'io le opinioni di Oshii prima di vedere il film, e mi avevano effettivamente un po' preoccupato. Tant'è che verso metà film avevo cominciato a notare qualcosa che scricchiolava a livello di consequenzialità della narrazione e a farmi qualche domanda.
Quasi immediatamente però è arrivata l'illuminazione: si tratta a tutti gli effetti di una favola. Che domande vuoi farti di fronte ad un film in cui una città viene interamente sommersa e nessuno se ne preoccupa? In questo senso, trovo stupenda la svolta assurda da Beautiful Dreamer (tanto per tornare a Oshii) dove la città sommersa è un vero e proprio universo chiuso in cui le regole consuete, della fisica e delle drammaticità, non esistono (quando i superstiti sulle navi incontano la barca con la coppia e il neonato, in una situazione postapocalittica, l'unico dialogo è "Va tutto bene?" "Sì sì, benone" "Bene, noi andiamo in là, raggiungeteci" "Ok, a dopo" :) )
Questo potrà far storgere il naso a qualcuno (e un paio di commenti più negativi nell'altro thread mi sembrano dettati da questa mancanza di tensione drammatica), ma tant'è. Del resto neanche in Totoro c'era tensione drammatica, eppure dopo vent'anni è sempre indicato da tutti, critici e appassionati, come uno dei capolavori della storia dell'animazione.

Bon, per ora basta, magari mi verrà in mente altro :)
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Re: Ponyo, un commento [spoileroso]

Messaggio da lo zaffo »

Grazie per condividere questi pensieri ben scritti in prosa.
Mi pare che qui nessuno voglia trascurare l'impronta dell'autore Miyazaki Hayao, in contrasto col fatto che se Ponyo fosse una vera fiaba allora l'autore sarebbe uno degli ultimi fattori di valutazione. Al contrario, se fossi capace, mi soffermerei ancora sulla forma e la natura dei personaggi ...
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Re: Ponyo, un commento [spoileroso]

Messaggio da Shito »

Mmmh...

devo dire che il commento di Oshii mi aveva profondamente deluso, perché da un orientale non vorrei mai leggere di una mente assuefatta al meccanicismo. Il meccanicismo narrativo è ciò che gli uomini vogliono per tranquillizzarsi. Le divinità rivelate sono state inventate per questo, no? Per rilassarsi nel poter credere che anche dietro l'apparente casualità della vita ci sia una causa, e meglio ancora un fine. Il Demone di Laplace, seppure! Bah! Tutte brutte bugie, per me. Meglio l'umiltà del nichilista, allora. E se un narratore è il dio del suo mondo, il narratore del meccanicismo narrativo perfetto soddisfa lo spirito adolescenziale del pubblico perché ne placa i turbamenti -tutto ha una ragione e un fine, 'tutto torna'- ma è sempre un inganno.

Ho iniziato a leggere il post di Rao, che dovrò rileggere, ma poi mi sono fermato.

Viva la cultura, viva l'intelletto, vivaddio, ma per carità: questo è un film fatto e inteso per bambini. Piccini. Di età prescolare.

Questo Miyazaki l'ha ripetuto alla nausea. Direi quindi che è importante PARTIRE da questo punto per volersi approcciare alla lettura di questo film.

Miyazaki ha ribadito alla nausea che ritiene che i bambini comprendano in modo diverso dagli adulti, con minore (o senza) pretesa di consequenzialità causeffettuale degli eventi. Miyazaki crede molto nella potenzialità percettiva dei bambini. Sarebbe bello che questo fatto così tanto conclamato ponesse fine, almeno in un lido come questo, che vorrebbe dirsi educato dal e sull'autore, alle critiche stile "la storia è un po' forzata". Sappiamo come mai e perché il regista abbia inteso creare una fabula che non è un sequitur adulto. Ci si è persino sforzato. Chiunque continui a lamentarsene, chiaramente dimostra soltanto di non voler vedere i film di Miyazaki, ma 'i suoi propri film'. Non so se abbia senso.

Cosa deve vedere un bambino di cinque anni in questo film?

Non certo le citazioni/riferimenti da altre opere dello stesso autore, direi. Che ci sono, certo, ma solo perché -beh- un autore ha UNA mente e UNA vita ed è anche normale che certe cose 'tornino' nella SUA narrativa, no? A pensare questo, vien quasi da definire sciocchino il gusto di cercarle. E' come dire che l'acqua bagna, il sole scalda, e Miyazaki Hayao è Miyazaki Hayao. Eh sì.

Ora ho letto diverse 'impressioni a caldo' sul film, qui sul forum. Non troverei sensato, né interessante, e neppure gradevole, fare i quoting e le rispostine precise. Non ho la forza, non ho l'età, e del resto neppure ne troverei la ragion d'essere. Vado a sprazzi.

Parto da ieri. Ieri ero nella gazebo interno dell'Hotel des Bains, insieme a Miyazaki Hayao, a Mikiko-san (dello staff internazionale dello Studio Ghibli) e quattro giornalisti italiani. Invitati da Lucky Red a un'intervista corale ma privata. Io mi trovato lì in veste di co-interprete e 'esperto', direi.

Tra le varie domande, ce ne sono state alcune interessanti, una davvero imbarazzante, altre banali.

Alla fine i giornalisti, che devo tributare di interesse e curiosità, mi hanno circondato alla ricerca di dettagli interpretativi delle risposte di Miyazaki-san. Con gioia ho fatto del mio meglio, cercando inoltre di 'riempire gli spazi' con dettagli di 'conoscenza comune' sul film e sull'autore in quanto a informazione *giapponese*.

La cosa più bella che un giornalista italiano ha notato e sottolineato è che questo film è un film più felice, solare, gioioso rispetto ai precedenti firmati dal regista. Se prendiamo i soggetti originali (quindi escludo Howl), abbiamo -a ritroso- Sen to Chihiro no Kamikakushi e Mononoke Hime. In effetti sono entrambi cupi e piuttosto tragici, oltre che alquanto disperati.

A questa osservazione, che leggo condivisa dal blog linkato da Ghila, Miyazaki concorda. Gli chiedono il perché. La risposta è ancora quella: "in questo periodo molti membri del nostro staff hanno avuto dei figli. Ho voluto fare questo film come per loro, sarà il primo film in assoluto che vedranno! E non volevo mostrare loro un film dal significato "non c'è niente da fare, non c'è soluzione". Per dei bambini di quell'età, volevo anche dare un senso di speranza verso il futuro. Volevo dare loro il senso che essere nati è una gioia".

Una cosa del genere. E una cosa del genere si è sentita anche nella conferenza stampa, come veniva riportato dall'articolo (che definirei buono) su movieplayer.it.

Elemento che do a voi come ho dato ai giornalisti nostrani: la catchphrase del film, in giapponese, è 'umarekite yokatta', ovvero "che bello essere nati". Mi sembra riassuntivo ed eloquente.

Questo è un film per i nuovi nati.

L'ho ripetuto anche nelle interviste che mi è a mia volta capitato di fare fuori dalla proiezione ufficiale: che abbia avuto successo al festival è del tutto insignificante, bisogna vedere se piacerà ai nostri bambini, dato che questo film vuole parlare a loro.

Di tutti i commenti che ho letto sul forum, dunque, l'unico che mi ha colpito positivamente è stato quello di Cipeciop, a cui va il mio plauso. Davvero non capisco dove D84 abbia visto certe cose, come tutte le fantasmagorie su Lisa, e a tratti anche il Dottor Rao mi pare spesso andare 'fuori tema'. E' un film per bambini, va guardato come tale. Mi pare al contrario che Cipeciop abbia badato al sensibile, che in questo caso è assolutamente ciò che conta, ovvero che lui abbia visto l'anima del film, e soprattutto l'anima di Miyazaki in questo film. Sì, è vero: Ponyo fa la femmina e Sosuke il maschio, lei vuole raggiungerlo e lui vuole educarla. Lei è vivere e pensare, lui è pensare e vivere. Non è che Miyazaki volesse dire questo con il film, no no, è solo che lui vede così l'umanità, mi pare evidente. Vedete, come diceva Suzuki in un intervista, e come io stesso ho ripetuto alla nausea, Miyazaki vede il mondo in 'maschi e femmine'. Fa ridere che gli italiani presuppongano il 'femminismo' del personaggio di Lisa. O dei personaggi femminili 'forti' di Miyazaki. Non hanno capito nulla, anzi, hanno capito tutto il contrario. Il sessismo di Miyazaki è sempre quello di un matriarcato naturale: le femmine adulte, le donne, portano avanti la vita, mentre i maschi adulti, gli uomini, sono eterni bambinoni. E' sempre così. Ci sono poi le femmine giovani, le ragazze o bambine, che con la loro purezza e candore e debolezza fisica unita a una così tipicamente giovanile incorruttibilità d'animo sono in grado di incantare gli uomini e persino di redimerne il brutto. In genere va così. Miyazaki racconta sempre di donne adulte ormai 'condannate alla vita' (Eboshi, Kushuna, Gina, persino Fujiko), femmine che hanno sofferto e che hanno capito che la vita vissuta è compromesso e pragmatismo, e donne giovani che vivono ancora di quegli idealismi infantili che -in effetti- sono ciò che ogni uomo-bambinone sogna di trovare in un compagna. Quindi Clarice può redimere Lupin, ed è il bacio di Fio a ritramutare Marco Pagot in umando, mondandolo dal suo disgusto per l'umanità.

Detto questo, anche Gake no Ue no Ponyo -che parla ai bambini- parla di 'maschi e femmine'. Ponyo vuole raggiungere Sosuke, Sosuke nel prendersi la responsabilità del suo sentimento per Ponyo diviene 'più grande'. Deve essere molto forte, per un bambino, vedere che Sosuke sa consolare sua madre 'stordita sul letto' dalla delusione coniugale, ma poi pensa alla 'sua' donna: "Io ho promesso a Ponyo che l'avrei protetta..."

Smettetela di parlare di giuramenti e rituali per questo film: Sosuke NON SA NULLA di cosa è chiamato a fare. E' solo che si tratta di vedere la totalità del suo sentimento. "Se l'animo del bambino non avrà esitazioni", dice la madre. Comprensione e accettazione totale dell'altro per una scelta definitiva. In una società in cui l'amore è un gioco con cui gli adulti giustificano perlopiù il loro sporcarsi a vicenda, per un bambino un simile messagio dev'essere forte. La madre di Ponyo, palesemente adulta e divina, chiama Sosuke come 'signor Sosuke'. Un bambino deve notarlo, questo.

Altri spunti: l'idea della donna adulta come madre della vita, tipica di Miyazaki, si unisce qui all'idea del mare come fonte di vita. Si vede nel film e Miyazaki lo spiegava in quel gazebo. I due referenti sono la leggenda giapponese di Otohime (cfr. Kojiki, Toyotama-hime) e un pizzico della Ophelia di Millais, per quanto riguarda l'aspetto esteriore (questo me lo confermava privatamente il buon Suzuki, ma in effetti si vedeva chiaramente).

Miyazaki esplicitava anche l'idea della 'continiutà della vita' tra animali e uomini, le cui esistenze erano percepite come un continuum nei tempi antichi, e solo oggi percepite con grande separatismo. Credo che i pesci preistorici (ma non cercate il Devonenchus, è un'invenzione di Miyazaki stesso) stiano lì perquesto, insieme a tutta la nostalgia della vita Devoniana e Cambriana.

Miyazaki nell'intervista in giardino ha poi esplicitato che l'argomento ecologista non è un tema del film, ma è semplicemente presente in alcuni momenti 'sullo sfondo' del film, così come il problema ambientale è realmente presente 'sullo sfondo' delle nostre vite reali.

Miyazaki nella conferenza stampa spiegava come anche lo tsunami non era stato da lui inserito come elemento anatemico, perché per chi c'è nato -come i giapponesi- è un fatto comunque normale. Un po' come l'acqua alta per i veneziani, dico io. Chi nasce con un problema, sa nativamente conviverci.

Miyazaki nella conferenza stampa spiegava come il film non sia coscientemente ispirato alla fiaba di Andersen, in quanto lui stesso si è reso conto solo dopo aver steso la trama delle effettive somiglianze tra le due opere. Però, ripensandoci, si è reso conto che la Sirenetta fu il primo libro (favola?) che lesse da bambino, e che proprio non gli andò giù l'idea che gli esseri umani avessero un'anima, mentre le sirene no (fatto che risulterà inedito per chi conosce La Sirenetta solo tramide la riduzione animata disneyana). E così, ha soggiunto, forse da questo senso di frustrazione, da questa 'domanda irrisolta' (come ha confermato nell'intervista privata) è nato questo soggetto. Ovviamente il 75% della stampa nostrana continua a titolare che Ponyo è *ispirato* alla Sirenetta, o addirittura che ne è una riscrittura ad opera di Miyazaki. Certo.

Nell'intervista privata, Miyazaki ha anche esplicitamente confermato che no, il film non ha come elemento focale le donne o la femminilità, ma semmai la famiglia, che è tra i temi del film. Ovviamente la stampa (ma anche i pubblico) nostrano vede femminismo dapperttutto. Mi chiedo piuttosto che abbia davvero guardato il film. Ma ovviamente, suppongo si veda sempre quel che si vuole vedere. Ovviamente.

Infine, due note mie:

La prima è sulle anziane. Miyazaki, per chi si fosse perso Howl, è diventato anziano. E' diventato anziano dopo Mononoke Hime, essenzialmente. Da anziano, riflette sulla condizione di anzianità, e la mette anche in scena. Il personagio di Toki, la vecchina acida, è tra i personaggi chiave del film. Come si intende seguendo il secondo special 'The Professional' della NHK dedicato a Miyazaki, quel personaggio è un po' un avatar della madre del regista, scomparsa per tisi dopo una lunga degenza quando il regista era circa quarantenne, e che ora il regista pensa di 'poter rincontrare' (era stato dichiarato in una delle molte interviste lette sul tema). All'inizio della conferenza stampa, Miyazaki ha ribadito quel che già aveva detto sui media giapponesi, ovvero che si sente ormai vicino al momento in cui si riunirà con la madre, e allora -si chiedeva- che cosa mai potrà dirle/raccontarle? Il film è nato anche da questo sentimento, e il meraviglioso brano "Himawari no Ie no Rinbukyoku" (Il rondò della Casa dei Girasoli), presente in versione cantata (da Mai!) sull'Image Album di Ponyo, mi pare esprimere perfettamente il medesimo sentimento.

La seconda nota è per Fujimoto. Non so voi, ma io continuo a vedere in Fujimoto il prototipo dell'otaku. E' la prima volta che questo fenotipo psicologico fa la sua comparsa in un film di Miyazaki, ovvero la seconda, ma con Marco Pagot tutto era troppo dissimulato sotto il romanticismo. Però, dico, un uomo che rifiuta il compromesso della vita umana, pur essendo umano, sino a 'gettare via la sua umanità'... così Marco Pagot, così Fujimoto... certo può apparire bello ed eroico e romantico, ma è comunque un modo per viziarsi come un bambino. Per non accettare la bruttura (sinonimo di sporcizia, ab initio, in latino come in giapponese) della vita, e allora 'chiamarsene fuori', fuggire. Nigecha damenjanai no ka? Anno se lo diceva sempre. Fujimoto fugge, come un otaku, si rifugia nel suo 'mondo di isolatria', dove invece che modellini e bamboline gioca con la vita marina 'bella e pura', ma non cambia molto. Vorrebbe fermare il tempo, quello di sua fuglia ("se solo potessi restare piccola e pura per sempre..."), che è sempre da otaku. E anche la paura dell'incontro con sua 'moglie', donna adulta, è tipicamente da erotofobia preadolescenziale (ancora: otaku), così come il suo 'non essere a suo agio' con le altre persone (la stramberia), o il suo lasciarsi prendere dal panico, e tante altre cosette. Fujimoto è un personaggio Verniano (l'erdità di Verne essendo stata da Miyazaki stesso riconosciuta sempre in sede di intervista privata), e Verne, del resto, ha sempre fatto libri di otaku e da otaku.

Io personalmente ho molto empatizzato con Fujimoto. E' proprio un adorabile otaku chiuso nel suo mondo, come potrei non capirlo?

Forse Miyazaki si è reso conto che anche fare animazione come si faceva vent'anni fa -alla fine- è il SUO modo di essere otaku, di giocare con matite e acquerelli, di fare bellissimi film di mondi ideali, mentre sua moglie -a casa- cresceva suo figlio, quello di carne e ossa.

Mi sembra che i conti tornino parecchio.

Infine, propongo il mio riassunto concettuale.
Per intenderci:

Mononoke Hime:
"In questa epoca di contrasti, il conflitto tra umanità e natura è inevitabile, perché le loro parimenti legittime istanze di esistenza sono destinate a scontrarsi. COn la comprensione si può solo tentare di cercare una via di coesistenza più moderata, ma sarà comunque conflitto."

Sen to Chihiro no Kamikakushi:
"La moderna società consumistica stordisce grandi e piccini, ma i piccini -pur storditi- continuano a essere portatori di una potenzialità, che pure gli è ignota, ma che eventualmente potranno mostrare. E' importante che i piccoli imparino ad affermare la loro identità."

Howl no Ugoku Shiro:
"Il crollo degli affetti familiari, e la solitudine che ne determina, sta -nella moderna società- deprivando le persone del tempo della loro età, e indi della loro vita. E' un problema, che eventualmente va a risolversi nell'affetto della coppia e della famiglia nucleare."

Gake no Ue no Ponyo:
"In questa epoca di schizofrenia sociale, in cui sembra quasi di essere a un passo dal collasso di affetti e umanità, solo nell'affetto di un maschio per una femmina (e viceversa) si trova la naturalezza della crescita. Finché nasceranno bambini ci sarà speranza."

La mia impressione è che, pur rivolgendosi a un pubblico molto molto più giovane, Miyazaki Hayao abbia comunque affrontato lo stesso tema psicosociale che il figlio Goro affrontava con Gedo Senki. "ome si può crescere in dei validi adulti in un simile mondo?" Tuttavia, piuttosto che cercare una risposa e una soluzione ovvero una cura, per gli ammalati di oggi (gli adolescenti), sembra che Hayao provi piuttosto a vaccinare con anticipo i probabili ammalati di domani (i bambini). Mi sembra una posizione condivisibile. A me sembra che Miyazaki dica ai bambini (ricordate: inevitabilmente ogni educatore parla soltanto agli educandi del suo stesso sesso): "Sì, il modo è in crisi e non è facile, ma imparate a prendervi cura e responsabilità per una bambina speciale, e tutto prenderà un senso."

Una cosa infine mirabile che ho veduto nel film è come Ponyo cambi in seguito all'incontro con il neonato. Sembra che l'incontro risvegli il suo istinto materno, che poi viene fuori nel consolare 'il suo uomo', quando questo crolla (non si trova Lisa, Sosuke pinage, Ponyo pacata soggiunge: "Cerchiamo Lisa", e calma Sosuke, dopo aver raccattato la barchetta e 'fatto quel che c'era da fare'). Anche questo è molto significativo, a mio dire. E il fatto che a doppiare la giovane madre del neonato ci sia la fu doppiatrice di Chihiro (Hiiraghi Rumi) sembra confermare questa idea della 'crescita femminile', da bambina in madre, che è forse inedita per Miyazaki. La ritengo il vero elemento di novità insieme al fenotipo psicologico di Fujimoto, finalmente 'uscito allo scoperto'.

PS:
Nota di demerito e infamia per l'organizzazione del Festival che ha accesso le luci sui titoli di coda, de factu forzando un regista a voltare le spalle ai credits del suo stesso film. Come forse già sparete, Miyazaki teneva molto a quei credits, per i quali ha implementato una innovazione stilistica già sperimentata negli ultimi quattro corti per il Museo. Ovvero: sono solo 1:30 minuti in cui sono elecante tutte "Le persone che hanno fatto questo film" (è il titolo dello staff roll, che non è un roll), in ordine alfabetico, SENZA menzione di carica/titolo, ma solo con un disegnino per ciascuno, concepito e realizzato dallo stesso Miyazaki. Sotto al gazebo Miyazaki era molto intristito dal fatto che gli avessero 'tagliato' questo minuto e mezzo in qui si era sforzato di infialre 240 nomi dello staff, neonati e gatti inclusi, con un disegnino speciale per ciasuno. Ci faceva notate come per Suzuki Toshio avesse usato un borsellino. Io mi vergognavo da morire, e mi sono scusato semplicemente "in qualità di italiano", ammettendo di essermi io stesso vergognato e arrabbiato durante la proiezione. Un film finisce quando lo decide il regista, non il pubblico. In Ponyo, dopo i titoli, c'è scritto 'FINE', ma nessuno a Venezia lo sa. Perché quando il film dovesse finire l'avevano deciso loro.

Vergogna.

PPS:
La critica più bella che ho sentito sul film è giunta dalla mia sorellina, manco a dirlo. "Sì, ok, ma perché Ponyo vuole fuggire dal padre che le vuole bene? Allora è una cretina!" Parole che pronunciate da una femmina riescono a far sognare persino il vecchio otaku che l'ama. Ci sono un paio di momenti nel film che empatizzo così tanto con Fujimoto che mi viene quasi da piangere, in effetti...
Ultima modifica di Shito il mer set 03, 2008 10:59 am, modificato 6 volte in totale.
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Re: Ponyo, un commento [spoileroso]

Messaggio da lo zaffo »

Ok, se dopo la visione al cinema, mi ricordo e ripeto anche solo qualcuno di questi pensieri, e' la volta che la stendo :mrgreen:
... a parte le burle, molto interessante.

Tra l'altro, abbassare il target degli spettatori (rispetto ai tredicenni cui mira la Hollywood di Lucas, Spielberg, Zemekis, ecc. ecc.) - e senza eccedere con il product placement - mi sembra una delle poche vie possibili per fare cinema di fantasia.
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Re: Ponyo, un commento [spoileroso]

Messaggio da Dottor Rao »

lo zaffo ha scritto:Grazie per condividere questi pensieri ben scritti in prosa.
Mi pare che qui nessuno voglia trascurare l'impronta dell'autore Miyazaki Hayao, in contrasto col fatto che se Ponyo fosse una vera fiaba allora l'autore sarebbe uno degli ultimi fattori di valutazione. Al contrario, se fossi capace, mi soffermerei ancora sulla forma e la natura dei personaggi ...
Sì, cogli uno snodo centrale. Non è il caso di trascurare l'autore. Se Ponyo fosse una vera fiaba lo sarebbe? I credo non sarebbe il caso di trascurarlo nemmeno in quel frangente, perché qui si discute di animazione, non solo di intreccio. Se Petrov spende anni dietro al Vecchio e al Mare (e qui mi scuso per non aver preso ad esempio una fiaba) certamente non lo fa perché poi noi si possa discutere di quanto aveva già scritto Hemingway.
Ma tant'è; la faccenda conta poco perché appunto, resta da vedere se Ponyo è una "vera" fiaba. E non lo è, almeno non nel senso proprio del termine (Oshii non ne ravvisa la struttura infatti). Non si "racchiude" come tale nei canoni del genere, ma allora è una fiaba miyazakiana (miyazakiano, un termine riprovevole, sia detto en passant). E allora torna in gioco l'autore. Ma se ne può veramente mai prescindere? Dopotutto I Grimm non sono Andersen né Perrault, giusto?

L'indagine letteraria qui può venirci in aiuto solo fino a un certo punto perché come detto si parla di animazione e specie nel caso di Ponyo, il feedback visivo conta di più dell'intreccio. (Cosa che tra l'altro non è per niente periferica al discorso del pubblico infantile, credo di averlo accennato più su).
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Re: [SPOILER] Gake no ue no Ponyo

Messaggio da atchoo »

cipeciop ha scritto:
atchoo ha scritto:Leggo cipeciop e mi chiedo: abbiamo davvero visto lo stesso film?
Mi sono sforzato di condividere le prime impressioni che ho avuto, per quello che valgono, tanto per iniziare uno scambio di idee. Mi spiace che dopo il film non ci siamo più sentiti e sono curioso di leggere i tuoi commenti. :si:
Difficilmente leggerai miei commenti, articolati o "pensati". Non sono fatto così. Vivo la visione in maniera istintiva, senza farmi domande, cercando solo di "fondermi" con il film. Può darsi che così facendo io mi perda parecchio, ma pazienza. Quando invece succede mi dimentico di tutto: di chi mi sta intorno e anche del mal di pancia (e domenica lo avevo davvero forte... :mrgreen:)
Quel che ho scritto ("abbiamo davvero visto lo stesso film?") è impreciso: semplicemente abbiamo guardato il film in modo diverso. E non solo: ci siamo preparati al film in modo diverso. Tu già ti facevi mille domande settimane fa, io sono entrato nel cinema senza neppure aver guardato bene la locandina... :)
Ora buon proseguimento e fate i bravi, mi raccomando. ;)

P.S. ho riunito, per comodità di lettura, il topic principale sul film e quello di Dottor Rao.
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Re: [SPOILER] Gake no ue no Ponyo

Messaggio da lucasignorelli »

Da vecchio (vecchio! non immaginate quanto!) fan di Miyazaki e Isao Takahata, ci tengo a postare questa recensione di Ponyo, scritta per una mailing list "privata"

LA CATASTROFE PATATOSA (Gake No Ue No Ponyo -- 2008 -- reg. di Hayao Miyazaki)

IN BREVE:

"La Maschera di Innsmouth" riscritto dalla Pimpa, oppure "La Sirenetta" riscritto da Ballard (nel 1964). Fate un po' voi.

LA TRAMA:

Sosuke, un ragazzino che vive in cima ad una scogliera assieme ad una madre significativamente gnokka e un padre comandante di peschereccio (significativamente assente) trova un giorno Ponyo, una principessina-pesce rosso che è una via di mezzo fra Eric Cartman e... un pesce rosso. Ponyo (che è "figlia" di Fujimoto, un tizio che agli inizi del Novecento è sceso in fondo al mare in spregio all'umanita) ha deciso di visitare la terraferma nonostante l'opposizione paterna, e, a differenza della Sirenetta disneyana, non spacca i [censura] per metà del film cantando la sua frustrazione, ma ci va ancora prima dei titoli di testa!

Da qui prende il via una storia che comprende: catastrofi, maremoti, feste, barche, divinità marine, granchi, balene, panini, sedie a rotelle, e soprattutto, la cavalcata dei merluzzi! (no, non sto scherzando...)

IL COMMENTO:

Dopo tre film epici tout court, Myiazaki (che dovrebbe esser fatto santo mentre è ancora vivo!) cambia registro, e "propone" (come se stesse a chiedere il permesso... figurariamo!) un film epico sì, ma con gli occhi fermamente puntati verso i suoi vecchi successi dedicati al pubblico infantile, cioè "Totoro" e "Majo no Takkyubin" (ovvero "Kiki, Consegne a Domicilio). Ne viene fuori un'ennesimo capolavoro, e uno di quelli che chiameremo così anche fra 20 anni.

L'aspetto tecnico è quello di cui si è parlato di più durante la preparazione del film, in quanto non solo questo è un film sfacciatamente in 2D (alla faccia di Dreamworks e Pixar), ma è anche fatto tutto a manina, centinaia di migliaia di "cells" disegnati da un'esercito di artisti e rivisti personalmente dal Grand'Uomo. Sia detto immediatamente che l'animazione "a mano" c'è, e si vede lontana un chilometro. La tecnologia attuale, per quanto sofisticata, non permette ancora di simulare perfettamente la mano umana -- punto. "Gake No Ue No Ponyo" (significa "Ponyo In Cima Alla Scogliera") è un lavoro che solo una potenza industriale come la Ghibli poteva permettersi di produrre (visti i costi mostruosi) ma soprattutto di distribuire senza patemi d'animo sulla riuscita commerciale (la Ghibli potrebbe fare un cartone animato basato sulle istruzioni di funzionamento di un microonde, e in Giappone sarebbe un hit).

Ma funziona? Funziona, e naturalmente c'è il trucco. Il character design di "Ponyo" è realistico (ma di nuovo, molto più simile a quello di Totoro che a quello di "Howl"), ma gli sfondi alternano momenti realistici (tipo l'interno della casa di Sasuke) ad altri totalmente irreali (soprattutto il disegno del mare). Questo tipo di contrasto NON funziona con l'animazione computerizzata, la quale, per quanto incredibilmente sofisticata, tende ad appiattire lo stile di un film su un registro visivo. Qui, invece, ci sono le sfumature e (trema il dito a scriverlo) le IMPERFEZIONI, quelle meravigliose imperfezioni umane che tanto fanno bene ai film.

Se si trattasse solo di tecnica, la recensioni finirebbe qui, ma il cuore del film è -- appunto -- il fatto che ha un cuore. E questo cuore è la relazione fra Sosuke (un ragazzino di cinque anni caratterizzato in modo sublime, con tutta una serie di manierismi che solo Miyazaki riesce a mettere in un personaggio) e Ponyo, la principessa-pesce rosso, poi inevitabilmente sorella-amichetta di Sosuke stesso. Ponyo è (per forza di cose) meno "profonda" della sua controparte maschile (dopo tutto è un personaggio irreale), ma ha tutta quell'energia esplosiva di certi memorabili caratteri Ghibli (che secondo me derivano dall'eterno rimpianto del duo Miyazaki-Takahata del non aver mai potuto fare un film su Pippi Calzelunghe, loro vecchio sogno).

Al duo Sasuke-Ponyo ne succedono di tutti i colori, ma qui non voglio andare troppo in profondità per non rovinarvi la sorpresa. Basti dire che "Ponyo" inizia come la Sirenetta, ma poi prende una strada totalmente inaspettata, che tocca, incredibile a dirsi, pure lidi in qualche modo Lovecraftiani, ma senza tradire le sue tinte pastello. Nel mezzo ne succedono di tutti i colori (compresa una catastrofe very Ballard). Ma, come ci si può aspettare da un film di Miyazaki (con l'eccezione di Mononoke), a momenti tesi si alternano sempre momenti ilari e solari.

Attorno ai due protagonisti si muovono alcuni (non molti) personaggi di contorno. Fra tutti Lisa, la giovane mamma di Sasuke, una di quelle mamme sexy che ogni tanto appaiono nei film della Ghibli. Lisa (che guida peggio di Schumacher) lavora in un centro diurno di accoglienza per anziani non autosufficienti (prima volta che ne vedo uno in un cartone), e le vecchie signore del centro hanno anche loro un ruolo interessante -- che non svelerò.

La controparte di Lisa è Fujimoto, il padre di Ponyo. Fujimoto è una specie di Charles Dexter Ward invecchiato, che invece di dannarsi l'anima per i Grandi Antichi se ne sta nella sua torre in fondo al mare, lui, le sue occhiaie e le sue camicie a striscie. Ogni tanto fa in giro con una specie di sottomarino organico a spargere filtri per le acque, in un (futile, ma non ridicolo) tentativo di mantenerne la salute e organizzare prima poi un'apocalisse come si deve. Fujimoto non approva l'interesse di Ponyo per la terraferma, e ne combina di tutte i colori per tenerla "a casa". Ma ha sottovalutato l'iniziativa di sua figlia.

Dimenticavo -- non vi ho detto ancora CHI è la madre di Ponyo.

Qualcuno ha scritto che la cosa meno interessante di "Gake no Ue no Ponyo" è la storia, e in un certo senso posso comprendere questo sentimento. Ma non perchè la storia non sia interessante -- perchè non è una storia nel senso holliwodiano del termine. Sì, c'è una crisi da risolvere -- anzi, molte crisi -- ma Miyazaki non ci prende in giro: non fa finta di dire "oooohhhh -- che cosa terribile, c'è una spettacolare catastrofe in arrivo e i nostri eroi devono risolverla", sapendo benissimo che è proprio questa sequenza di crisi che il pubblico è venuto a vedere. E' un po' come il Dottor Who di fronte al mostro in "Tooth and Claw" - gli altri scappano orripilati, e lui (che, sia chiaro, contro i mostri combatte!) si gira ed esclama "Ma è bellissimo!" (con il sorriso più bello del mondo).

Perchè la cosa incredibile è che -- nella nostra epoca paranoica e spaventata, "Gake No Ue No Ponyo" non è un film spaventato, o meglio: non è fatta da gente rosa dalla paura. Il mondo forse non ha le tinte pastello con cui lo descrive Miyazaki, ma il buon Hayao ci dice che , per quanto difficile e duro, ci sono sempre motivi per "cavalcare i merluzzi". Non sapete cosa voglio dire? Beh, guardatevi il film!
Ultima modifica di lucasignorelli il mar set 02, 2008 8:45 pm, modificato 1 volta in totale.
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Re: [SPOILER] Gake no ue no Ponyo

Messaggio da lucasignorelli »

Aggiungo solo una cosa, dopo aver letto un po' di commenti qui sul forum (ciao a tutti, scusate per non essermi presentato prima!):

Non so se c'è erotismo in Ponyo - beh, Lisa è proprio una mamma gnokka, uno vorrebbe quasi dire "madame, non può dimenticare quel babbeo del suo marito marinao e uscire con me", ma sarebbe poco Miyazaki. E la madre di Ponyo... beh, lascio giudicare.

Ma c'è un'immenso amore - L'amore di Ponyo per Sosuke. C'è un momento che vale piùtutte le straminchiate galattico-termonucleari-beautifullesche dei vari "Un Giorno Perfetto" e compagnia brutta, film che sotto sotto vogliono farci capire come le cose devono andare, nella testa mediocre e meschina di gente che nella vita voleva nascere sceneggiatore delle trasmissioni di Bruno Vespa.

Segue lo spoiler....
Spoiler:
Sto parlando, ovviamente, del momento in cui Ponyo esce, una specie di Venere-gallina-aliena dalle onde del mare, con il secchiello verde in mano, dopo il mega-tsunami. E guarda Sosuke, con lo sguardo più bello del mondo. E sembra dirgli, come la sincerità che hai solo se hai cinque anni, nel fisico o nella psiche: "Eccomi, sono qui, sono tornata, tornata per te dalle profondità del mare, cavalcando sulle ali della tempesta".
Cioè. quanti film possono vantare una scena del genere?
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Re: [SPOILER] Gake no ue no Ponyo

Messaggio da Rosario »

dal sito della 'Rivista del Cinematografo'
http://www.cinematografo.it/Venezia_2008/00010410.html

Ponyo on the Cliff by the Sea

31/08/2008 - La tenerezza del maestro Hayao Miyazaki uccide il Concorso. Semplicità e luce, per un inno all'amore cantato dai bambini

"Ponyo Ponyo Ponyo...". E' questo l'inno della 65esima Mostra di Venezia. E suona come il canto del cigno per gli altri titoli già passati in concorso: Ponyo on the cliff by the sea di Hayao Miyazaki. Leone d'Oro alla carriera nel 2005, quando portò in laguna Il castello errante di Howl, il maestro nipponico dell'animazione ritorna ad affascinare, avvincere e commuovere, con la consueta ricetta: la semplicità. Semplicità grafica, con artigianalità e manualità di tratto, fattura e lavorazione distante anni luce dai bytes della computer graphic di Pixar e DreamWorks, e semplicità di caratteri, che nascono per i bambini e crescono fino a regalare un insegnamento morale agli adulti.
Una casa sospesa sul mare, dove vive il piccolo Sosuke. Un giorno, incontra una pesciolina rossa, che cavalca una medusa, scappata dal fondo degli abissi. Sosuke la ribattezza Ponyo, i due si piacciono, si innamorano. "Ti proteggerò", promette il ragazzino alla pesciolina. E' l'incipit di un'animazione approdata al Lido dopo aver infranto un record in patria: uscito il 19 luglio, ha incassato oltre 95 milioni di dollari, traguardo bissato negli ultimi 4 anni solo dal Castello errante di Howl.
Infanzia, ecologia, tolleranza, diversità, anzianità, femminismo, sono tutti temi che affiorano sul mare - letteralmente - animato di Miyazaki depurati di qualsiasi scoria: pesantezza stilistica, saccenza poetica e intenzioni pedagogiche rimangono fortunatamente nel fuoricampo, scacciate via dalla tenerezza, la tenerezza dell'apertura al mondo e alla vita di due creature di 5 anni. Ponyo che corre sui cavalloni, adora il prosciutto e porta sulla terra la luce del mare, Sosuke che regala l'infanzia alle vecchiette, comunica al padre con la luce e piange per la madre che non trova: sono loro due i protagonisti di un romanzo di formazione "al contrario", ovvero letto dai bambini ai genitori, per augurare il buongiorno: aperto all'altro, aperto all'amore.
Se difficilmente arriverà il Leone d'Oro per il Leone alla carriera Miyazaki, Ponyo on the cliff by the sea ha comunque già vinto, riportando il Cinema in un concorso finora modestissimo. Grazie!

Elena Mirtillo


P.S.
Ieri nel programma di Rai 1 'Cinematografo' hanno parlato del film per meno di 2 minuti.
Sul quotidiano 'La Sicilia' un giudizio molto positivo.

Per caso qualcuno del forum (Mario, Jigen) ha registrato la conferenza stampa di Miyazaki su Rai Sat Cinema ed è così gentile da condividerla con tutti noi ?
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Re: [SPOILER] Gake no ue no Ponyo

Messaggio da kaorj »

Ringrazio tutti i precedenti "deep-analisti" che hanno postato le loro impressioni. :prostrare:

In effetti ora ho le idee più chiare, ma ribadisco che DEVO assolutamente rivedermi il film. :si:

@Shito

E' vero, i titoli di coda! Quanto hai ragione! :shock:
Gli applausi erano da mettere in conto (anche se speravo che la gente avrebbe resistito...), ma perchè han acceso le luci? :grrr:
Testimone Jigen: quando noi si va a vedere un qualsiasi film, si resta SEMPRE seduti fino all'ultimo cm di rullo in proiezione (credo che l'unica eccezione che abbia mai fatto in vita mia, sia stata con Spiderman 3, dove son fuggita disgustata appena è finito il film).

Ovviamente in Sala Grande mi son messa ad applaudire pure io, ma intanto cercavo di guardare anche lo schermo: Impossibile! :no:
Pensavo: "E se fossero stati come in Totoro o Kiki, in cui la storia "proseguiva"?
Ma niente... Con le luci accese non si vedeva una cippa!

E allora un po' guardavo Miya che ci ringraziava, e un po' guardavo sconsolata lo schermo.

Ora che poi mi dici della particolarità di questi titoli (di cui ignoravo la minuziosa preparazione) son ancora più triste! :cry:

Beh, fino al nuovo arrivo del film nelle italiche sale, mi consolerò con l'artbook... :|

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