D'accordo, senz'altro. Quello che intendevo dire, molto più semplicemente, è che non mi sento di dare eccessive colpe allo spettatore del film che, ingenuamente, non coglie l'ambientazione. Anche perché non posso certo pretendere che chiunque vada a vedere Totoro faccia un previo lavoro di documentazione e studio. Voglio dire, magari io potrei essere invogliato a farlo, ma probabilmente molti altri neppure ci pensano, e non mi sento certo di criticarli per questo! In fondo credo che la maggior parte delle persone vada a vedere un film per passare un paio di ore piacevoli, essere certo stimolato intellettivamente, ma senza pensare che deve studiare quell'opera, analizzarla, cioè letteralmente farla a pezzetti. Ci si accontenta anche delle suggestioni, e in fondo non credo che questo sia necessariamente un male. L'importante è, certo, come hai anche detto, non pretendere di imbastire un discorso "intellettualistico" senza avere le conoscenze e le competenze per farlo. Ma ancora, credo che la maggior parte degli spettatori di "Totoro", parlo di quelli italiani, si accontenterà delle suggestioni di cui sopra. Penso in particolare ai bambini, a cui il film è peraltro idealmente diretto.Shito ha scritto:Ma cosa state dicendo tutti?
La collocazione spaziale, temporale e sociale sono credo il PRIMO passo per una corretta lettura di un'opera.
Non c'è bisogno di avere studiato ermenuetica, eh! Basta anche solo la teoria del pur modesto Manzoni.
Come si fa a dire "potrebbe essere anche ai giorni nostri cambiando qualche dettaglio?".
No. E' Giappone, ed è Giappone rurale degli anni '50. Per noi il valore di un film come Totoro è *COGLIERE* questa (e tante altre) diversità, denotarle e eventualmente interessarsene, documentarsi, studiare e poi CAPIRE.
Oppure siamo sempre e sempre al solito "oooh, che poesia, che commozione, mi viene da piangere, grande POETA Miyazaki!"...
Se così fosse, non ci sarebbe differenza dallo stordirsi con la nostra TV spazzatura, solo in modo diverso: chi con l'esaltazione di un gol, chi con la POESIA di Miyazaki (e a fare in quest'altro modo ci si può anche nobilitare e sentirsi migliori, vero?), ma se non c'è intelletto, se non c'è comprensione REALE, se non c'è cultura, boh, è solo uno spreco.
Ermeneutica ghibliana e non (?)
Moderatore: Coordinatori
Ermeneutica ghibliana e non (?)
Discussione essenzialmente originatasi da qui, ho pensato di aprire quest'altro topic per mere questioni di pertinenza. La partenza è il post di Shito, che riporto:
Haast en spoed is zelden goed.
Re: Ermeneutica ghibliana e non (?)
Ani-sama ha scritto: D'accordo, senz'altro. Quello che intendevo dire, molto più semplicemente, è che non mi sento di dare eccessive colpe allo spettatore del film che, ingenuamente, non coglie l'ambientazione. Anche perché non posso certo pretendere che chiunque vada a vedere Totoro faccia un previo lavoro di documentazione e studio. Voglio dire, magari io potrei essere invogliato a farlo, ma probabilmente molti altri neppure ci pensano, e non mi sento certo di criticarli per questo! In fondo credo che la maggior parte delle persone vada a vedere un film per passare un paio di ore piacevoli, essere certo stimolato intellettivamente, ma senza pensare che deve studiare quell'opera, analizzarla, cioè letteralmente farla a pezzetti. Ci si accontenta anche delle suggestioni, e in fondo non credo che questo sia necessariamente un male. L'importante è, certo, come hai anche detto, non pretendere di imbastire un discorso "intellettualistico" senza avere le conoscenze e le competenze per farlo. Ma ancora, credo che la maggior parte degli spettatori di "Totoro", parlo di quelli italiani, si accontenterà delle suggestioni di cui sopra. Penso in particolare ai bambini, a cui il film è peraltro idealmente diretto.
E' una differenza essenziale quella che citi: lo spettatore adulto non è un bambino.
Salvo parlare di otaku (non è un complimento), trovo anomalo che un adulto si ponga *esclusivamente* (ovvero, si accontenti, come dici tu) di trarre da un film "quello che ne trarrebbe un bambino", ovvero 'le suggestioni'. Le suggestioni possono esaurire il modus d'apprendimento infantile (peraltro secondo interconnessioni spesso poi precluse o dimenticare dall'adulto, aggiungerei), ma una mente adulta non può esaurisi in quelle. Posso concordare con la poetica del fanciullino pascoliano, ma una cosa è 'avere da adulti ancora in sé ANCHE lo spirito del fanciullino', una cosa è avere *solo* quello. E questo secondo status mi pare pressoché psicopatologico.
PS:
Anisama, bella mossa lo scorpamento del topic, ma che senso ha che un thread che riporta 'GHIBLIANA' nel topic stia in 'varie ed eventuali'? Non sarebbe questo un vero argomento di discussione di questo forum, da mettere dunque nel più in-topic dei contenitori? Invito i moderatori a operare un giusto spostamento.
Ultima modifica di Shito il mar set 23, 2008 4:16 pm, modificato 1 volta in totale.
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Re: Ermeneutica ghibliana e non (?)
Basta chiedere...Shito ha scritto:Invito i moderatori a operare un giusto spostamento.
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Re: Ermeneutica ghibliana e non (?)
Credo che il secondo post di Shito sia impeccabile.
Credo sia un bene approfondire, più che altro per interesse personale. Lo sa bene Ani-sama che se mi fisso su una cosa poi voglio sapere di tutto di quella cosa dalla a alla zeta
Però Credo anche che dipenda da una predisposizione personale.
In senso ampio è ovvio che importante la cultura, ma le persone possono essere interessate invece in maniera più specifica alla politica, alla musica, alla famiglia, alla tecnologia o a mille altre cose, che all'approfondire il significato di un film (a parte quello immediato o quasi, che anche a mio avviso è percepibile dagli animi sensibili senza troppi approfondimenti).
Per Shito probabilmente i film Ghibli sono la vita, per me e molti altri sinceramente no... e forse chiunque vorrebbe sapere tutto di tutto, ma solo Dio, se c'è, è onniscente, anzi forse nemmeno lui.
Quante cose non hai approfondito tu, magari per mancanza di interesse, o idea, o coincidenza, o chissacchè?
Anche io credo poi, che la comprensione dell'opera non debba provenire necessariamente ed esclusivamente da quello che c'è sotto ma anche da quello che ci trasmette (punti di vista...), e dopotutto, a mio avviso, nella maggior parte dei casi quel che l'opera trasmette dovrebbe rispecchiare in gran parte il significato della stessa: un'espressione o un colore in un quadro devono evocare un certo sentimento, il testo di una canzone e la musica ciò che vuole esprimere l'autore, le atmosfere di un libro sensazioni di cupezza, ansia, felicità etc... se avviene altrimenti, l'artista dovrebbe aver fatto qualche errore in fase di realizzazione (a meno che, come si dice a Roma, non volesse "buttarla in caciara" )
La lettura dell'opera poi si ferma ad un certo punto. Per conoscere a fondo il perchè, ad esempio, dei film di Miyazaki, probabilmente dovresti andare a parlare con lui. Se volessi conoscere il profondo significato di qualcos'altro, al massimo potresti leggere un autobiografia, se esistente, dell'autore stesso. Ammesso poi, che un artista non decida di buttarla sul complesso proprio per divertirsi e far fare mille domande ai critici d'arte o ai fan, quando invece un significato profondo o una risposta a tratti allucinante, l'opera non ce l'ha.
Credo sia un bene approfondire, più che altro per interesse personale. Lo sa bene Ani-sama che se mi fisso su una cosa poi voglio sapere di tutto di quella cosa dalla a alla zeta
Però Credo anche che dipenda da una predisposizione personale.
In senso ampio è ovvio che importante la cultura, ma le persone possono essere interessate invece in maniera più specifica alla politica, alla musica, alla famiglia, alla tecnologia o a mille altre cose, che all'approfondire il significato di un film (a parte quello immediato o quasi, che anche a mio avviso è percepibile dagli animi sensibili senza troppi approfondimenti).
Per Shito probabilmente i film Ghibli sono la vita, per me e molti altri sinceramente no... e forse chiunque vorrebbe sapere tutto di tutto, ma solo Dio, se c'è, è onniscente, anzi forse nemmeno lui.
Quante cose non hai approfondito tu, magari per mancanza di interesse, o idea, o coincidenza, o chissacchè?
Anche io credo poi, che la comprensione dell'opera non debba provenire necessariamente ed esclusivamente da quello che c'è sotto ma anche da quello che ci trasmette (punti di vista...), e dopotutto, a mio avviso, nella maggior parte dei casi quel che l'opera trasmette dovrebbe rispecchiare in gran parte il significato della stessa: un'espressione o un colore in un quadro devono evocare un certo sentimento, il testo di una canzone e la musica ciò che vuole esprimere l'autore, le atmosfere di un libro sensazioni di cupezza, ansia, felicità etc... se avviene altrimenti, l'artista dovrebbe aver fatto qualche errore in fase di realizzazione (a meno che, come si dice a Roma, non volesse "buttarla in caciara" )
La lettura dell'opera poi si ferma ad un certo punto. Per conoscere a fondo il perchè, ad esempio, dei film di Miyazaki, probabilmente dovresti andare a parlare con lui. Se volessi conoscere il profondo significato di qualcos'altro, al massimo potresti leggere un autobiografia, se esistente, dell'autore stesso. Ammesso poi, che un artista non decida di buttarla sul complesso proprio per divertirsi e far fare mille domande ai critici d'arte o ai fan, quando invece un significato profondo o una risposta a tratti allucinante, l'opera non ce l'ha.
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Re: Ermeneutica ghibliana e non (?)
Su questo, ovviamente, concordo. Il punto a cui voglio arrivare, però, è leggermente diverso, e non sarà facile spiegarmi (prego quindi tutti di avere pazienza). Per prima cosa, ti chiedo: dunque secondo te è proprio inammissibile che un adulto si avvicini diciamo con " onesta leggerezza" (senza cioè che ciò poi implichi la deprecabile pratica di "dare giudizi senza conoscere") ad un'opera filmica quale potrebbe essere Totoro (o diciamo un altro film di un certo valore)? Insomma, non intendo con ciò che un adulto debba ridursi totalmente alle suggestioni di cui si diceva, intendo più semplicemente che quest'adulto può non volere a tutti i costi *studiare* l'opera in questione, ecco. In tal senso dicevo che sono disposto a perdonare chi guarda Totoro e, semplicemente perché non è giapponese e "non ha studiato", non coglie l'ambientazione anni '50 rurale nipponica. Trovo che sia proprio un "peccato veniale" rispetto a molti altri. Per quanto mi riguarda, mi basterebbe che uno spettatore (adulto) accettasse semplicemente di entrare nell'universo dell'autore (con i film orientali ciò è, per evidenti motivi, più complicato) senza pensare di avere in tasca l'immediata comprensione di qualsiasi cosa. Se poi, per qualche ragione, certe cose (importanti o meno, si discuteva anche dell'importanza dell'ambientazione in Totoro) non vengono colte subito, io dico: pazienza! L'importante, credo, è comunque l'approccio di base. A mio avviso si può essere "onesti" nell'approccio senza necessariamente dover partire con un bagaglio di studi e conoscenze a priori. Quello che inevitabilmente viene perso durante la visione, o più in generale fruizione, si può comunque recuperare, se lo si vuole, no? E se non lo si vuole, in ogni modo qualcosa non sarà stato perso, e costituirà una forma di arricchimento.Shito ha scritto:[...]una cosa è 'avere da adulti ancora in sé ANCHE lo spirito del fanciullino', una cosa è avere *solo* quello. E questo secondo status mi pare pressoché psicopatologico.
Te lo dico? Ti confesso che sono partito un po' prevenuto, e ho pensato "oddio, adesso finisce che riempiamo venti pagine di discussioni di massimi sistemi e dei film Ghibli chissà cosa resterà!" Comunque, vedo che i moderatori qui sono pressoché onnipresenti ( ) e naturalmente mi rimetto a qualsiasi loro decisione.Shito ha scritto:PS
Anisama, bella mossa lo scorpamento del topic, ma che senso ha che un thread che riporta 'GHIBLIANA' nel topic stia in 'varie ed eventuali'? Non sarebbe questo un vero argomento di discussione di questo forum, da mettere dunque nel più in-topic dei contenitori? Invito i moderatori a operare un giusto spostamento.
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Re: Ermeneutica ghibliana e non (?)
Fosse la prima volta!Ani-sama ha scritto: "oddio, adesso finisce che riempiamo venti pagine di discussioni di massimi sistemi
Be': "ermeneutica ghibliana" è ermeneutica ghibliana, poi si parli di quel che si vuole, ma in linea di principio...Ani-sama ha scritto:Comunque, vedo che i moderatori qui sono pressoché onnipresenti ( ) e naturalmente mi rimetto a qualsiasi loro decisione.
Re: Ermeneutica ghibliana e non (?)
Scusami Fede se ti estrapolo la frase, ma lo faccio perché mi ha fatto un po' pensare. Cioè, Miyazaki ha sempre dichiarato, mi pareva, che lui esprime le sue posizioni, diciamo il suo pensiero, con le sue opere filmiche, e basta. [Non dico questo per contraddirti, so bene che quella frase nel tuo discorso è retorica! ] Però c'è da dire che certi autori, al contrario, sono sempre stati molto disponibili a spiegare il loro operato. Mi viene in mente, uno su tutti, Pier Paolo Pasolini, che mi pare amasse spiegare dettagliatamente il significato dei suoi film.Willow ha scritto:[...] Per conoscere a fondo il perchè, ad esempio, dei film di Miyazaki, probabilmente dovresti andare a parlare con lui.[...]
Allora, secondo te è il caso di cambiare il titolo levando "e non (?)", oppure meglio lasciarlo così com'è? Chiedo, perché sono un po' dubbioso, non per altro!Heimdall ha scritto:Be': "ermeneutica ghibliana" è ermeneutica ghibliana, poi si parli di quel che si vuole, ma in linea di principio...
Ultima modifica di Ani-sama il mar set 23, 2008 4:28 pm, modificato 1 volta in totale.
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Re: Ermeneutica ghibliana e non (?)
Dormi sereno, Francesco. Credo che nessuno ti fustigherà per questo.Ani-sama ha scritto:Allora, secondo te è il caso di cambiare il titolo levando "e non (?)", oppure meglio lasciarlo così com'è? Chiedo, perché sono un po' dubbioso, non per altro!
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Re: Ermeneutica ghibliana e non (?)
Verissimo... dipende dai casi, insomma. Dovevo specificarlo, pardonnePerò c'è da dire che certi autori, al contrario, sono sempre stati molto disponibili a spiegare il loro operato. Mi viene in mente, uno su tutti, Pier Paolo Pasolini, che mi pare amasse spiegare dettagliatamente il significato dei suoi film.
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Re: Ermeneutica ghibliana e non (?)
Ho sovente espresso il pensiero che Totoro non sia un film per bambini,o meglio non sia un film per i soli bambini.Le suggestioni possono esaurire il modus d'apprendimento infantile (peraltro secondo interconnessioni spesso poi precluse o dimenticare dall'adulto, aggiungerei)
Trovo che sia un opera che in taluni sprazzi sfiora un alto livello di pedagogismo e per questo da visionare accompagnati dal padre ...o viceversa.
Come scritto da Shito le interconnessioni che un bambino utilizza per apprendere sono "originali" e li portano inevitabilmente a percorsi e a conclusioni che un adulto nemmeno immagina, sempre che l'adulto in questione non rovini la magia imponendo un proprio percorso.
Per altro sono convinto che approcciandosi ad un opera proveniente da una cultura "diversa" sia deontologicamente corretto approfondire ogni ambito che il nostro cogito ci consente , per il resto serve armarsi di umiltà e scacciare l'autoinganno di una finta cultura personale
mono no aware
Re: Ermeneutica ghibliana e non (?)
Spero di non essere colui che rovina il topic portando il terreno della discussione proprio verso i massimi sistemi da Anisama temuti, ma mi sembra d’obbligo cercare di spiegare una mia affermazione contenuta nell’altro topic che qui riporto e che sicuramente è stata una delle cause scatenanti lo splendido sbotto di Shito.
Il mio discorso era legato ad una visione prettamente occidentale di quello che può essere considerato Classico.
Al di là di una precettistica formale dell’opera in questione, che naturalmente varia in base al periodo storico, al collocamento geografico dell’artista nonché al supporto pensato per la comunicazione artistica, vorrei spostare subito l’attenzione sull’aspetto contenutistico.
Prima una brevissima premessa: fin dall’antichità è considerabile Classico un’artista che, oltre all’aspetto formale, riesce ad immettere nella sua opera l’uomo e il suo vissuto. Rileggendo alcune cosette per la scrittura questo post mi sono appuntato questa frase di Marziale: Hominem pagina nostra sapit. La nostra pagina “sa” di uomo.
Non potrei spiegarlo meglio.
Pertanto da un punto di vista contenutistico è Classico per i canoni occidentali colui che arricchisce la visione dell’umanità all’uomo stesso, attraverso la sua opera e che si distingue dalle altre ad essa contemporanee, per aspetti considerabili universali pur se prodotti attraverso la narrazione e o un messaggio molto radicato nel proprio tempo.
Pertanto l’eventuale profondità di analisi delle emozioni e la pluralità degli aspetti colti nella vicenda narrata fornirà al fruitore dell’opera elementi per ritrovare sé stesso, la propria vicenda umana, la propria visione esistenziale; tutto questo nonostante le naturali diversità fra il narrato dall’opera e il trascorso dell’utente.
E’ questa riflessione che mi ha fatto ipotizzare che Totoro sia un Classico in quanto “Universale”. Brutto modo per dire che a mio dire racchiude nella sua struttura artistica delle analisi emotive talmente profonde da essere condivisibili da ogni uomo.
Non di meno possiamo dimenticare che questa “universalità” contribuisce, insieme con altri fattori, ad una felice contemporaneità di un classico e cioè la possiblità di un’opera considerabile Classica di includere nel suo cuore delle costanti dell’agire umano (oltre che del sentire). Una tipicità che crea un archetipo di certe situazioni considerabili perenni, “eterne”, di certi comportamenti che divengono modello tipico, leggibile e comprensibile dal fruitore di ieri, oggi e domani.
Da qui dunque l’infelice attribuzione di “atemporalità” della classicità di Totoro: opera che, anche col venir meno delle condizioni storiche e geografiche che l’hanno fatta nascere, crescere e sviluppare, seguita a par mio a conservare e a tramandare un suo preciso messaggio, identificabile da fruitori differenti sia per cultura e pensiero che per epoca vissuta.
Ma Shito ha assolutamente ragione a dichiarare che senza intendimento totale della realtà vissuta dall’artista (nell’esempio, il Giappone moderno) e di quella narrata (il Giappone anni 50) non c’è vera comprensione dell’opera stessa, vera fruizione, vero messaggio.
E cioè bisogna guardarsi da un eccesso di “contemporaneizzazione” dei classici. Come pure dall’eccesso di “universalizzazione” degli stessi.
Un Classico è radicato nell’area geografica del suo autore e dei protagonisti di una vicenda narrata, nel contesto storico dell’autore e della vicenda narrata, nella sua ideologia dominante (che muta nel tempo), nella sua diversità culturale rispetto ad eventuali fruitori; non tenere conto di questa fondamentale discriminante significa essenzialmente non comprendere la molteplicità degli elementi inevitabilmente legati al tempo narrato o al “luogo di nascita” dell’opera e pertanto non comprendere le motivazioni che hanno portato l’artista a tali scelte, a tali riflessioni, a tali analisi e quindi a tali narrazioni. Pertanto significa non capire l’opera d’arte e quindi, per riflesso, non Amarla realmente.
La differenza di pensiero non è nell’obiettivo finale della comprensione dell’opera per quella che è e per come si comunica a noi stessi (fattore oggettivo e soggettivo della stessa), meta comune ad entrambi, ma nella strada percorsa per raggiungere tale risultato.
Prima della frase citata avevo scherzato proponendo un’eventuale stupida critica che una persona “non informata sui fatti” potrebbe muovere a Tonari no Totoro. Per riprendere speranza e fiducia ho aggiunto quindi quell’informazione banale che presupponeva come minimo questo scritto, dove mi affidavo completamente alle qualità Classiche di un simile lungometraggio, sperando quindi nella sua capacità comunicativa di questo grande Classico, seguendo tutti i crismi qui citati.
E’ chiaro pertanto che poi chi uscirà dal cinema con in bocca la prima banale critica potrà benissimo essere messo alla gogna; come pure chi uscirà dal cinema con le lacrime agli occhi pensando di aver capito tutto e invidiando i Giapponesi che oggi hanno ancora queste campagne incontaminate, senza macchine che inquinano(?!?!), si potrà tacciare di “superficialismo” infantile.
Ma non mi permetterei mai un giudizio negativo su chi partendo dai dati “eterni” e “contemporanei” del narrato di Totoro, cominciasse una disamina attenta degli elementi e delle situazioni inevitabilmente databili o legati alla contingenza geografica dell’artista o del narrato.
Questo per dire la mia, in maniera probabilmente troppo estesa e soprattutto troppo mal scritta. Me ne scusso con tutti.
Concludo con una frase categorica che spero non sia presa male da nessuno: finalmente si ritorna a discorrere di massimi sistemi! Bentornato forum amato!
Appena ho concluso e postato questa frase mi sono reso conto di aver voluto dire un intero saggio in una riga. Cosa impossibile per tutti, figuratevi per me che non so dove la sintesi stia di casa.Mettiamola sul banale: Totoro è un Classico e come tale è Universale e Atemporale.
Il mio discorso era legato ad una visione prettamente occidentale di quello che può essere considerato Classico.
Al di là di una precettistica formale dell’opera in questione, che naturalmente varia in base al periodo storico, al collocamento geografico dell’artista nonché al supporto pensato per la comunicazione artistica, vorrei spostare subito l’attenzione sull’aspetto contenutistico.
Prima una brevissima premessa: fin dall’antichità è considerabile Classico un’artista che, oltre all’aspetto formale, riesce ad immettere nella sua opera l’uomo e il suo vissuto. Rileggendo alcune cosette per la scrittura questo post mi sono appuntato questa frase di Marziale: Hominem pagina nostra sapit. La nostra pagina “sa” di uomo.
Non potrei spiegarlo meglio.
Pertanto da un punto di vista contenutistico è Classico per i canoni occidentali colui che arricchisce la visione dell’umanità all’uomo stesso, attraverso la sua opera e che si distingue dalle altre ad essa contemporanee, per aspetti considerabili universali pur se prodotti attraverso la narrazione e o un messaggio molto radicato nel proprio tempo.
Pertanto l’eventuale profondità di analisi delle emozioni e la pluralità degli aspetti colti nella vicenda narrata fornirà al fruitore dell’opera elementi per ritrovare sé stesso, la propria vicenda umana, la propria visione esistenziale; tutto questo nonostante le naturali diversità fra il narrato dall’opera e il trascorso dell’utente.
E’ questa riflessione che mi ha fatto ipotizzare che Totoro sia un Classico in quanto “Universale”. Brutto modo per dire che a mio dire racchiude nella sua struttura artistica delle analisi emotive talmente profonde da essere condivisibili da ogni uomo.
Non di meno possiamo dimenticare che questa “universalità” contribuisce, insieme con altri fattori, ad una felice contemporaneità di un classico e cioè la possiblità di un’opera considerabile Classica di includere nel suo cuore delle costanti dell’agire umano (oltre che del sentire). Una tipicità che crea un archetipo di certe situazioni considerabili perenni, “eterne”, di certi comportamenti che divengono modello tipico, leggibile e comprensibile dal fruitore di ieri, oggi e domani.
Da qui dunque l’infelice attribuzione di “atemporalità” della classicità di Totoro: opera che, anche col venir meno delle condizioni storiche e geografiche che l’hanno fatta nascere, crescere e sviluppare, seguita a par mio a conservare e a tramandare un suo preciso messaggio, identificabile da fruitori differenti sia per cultura e pensiero che per epoca vissuta.
Ma Shito ha assolutamente ragione a dichiarare che senza intendimento totale della realtà vissuta dall’artista (nell’esempio, il Giappone moderno) e di quella narrata (il Giappone anni 50) non c’è vera comprensione dell’opera stessa, vera fruizione, vero messaggio.
E cioè bisogna guardarsi da un eccesso di “contemporaneizzazione” dei classici. Come pure dall’eccesso di “universalizzazione” degli stessi.
Un Classico è radicato nell’area geografica del suo autore e dei protagonisti di una vicenda narrata, nel contesto storico dell’autore e della vicenda narrata, nella sua ideologia dominante (che muta nel tempo), nella sua diversità culturale rispetto ad eventuali fruitori; non tenere conto di questa fondamentale discriminante significa essenzialmente non comprendere la molteplicità degli elementi inevitabilmente legati al tempo narrato o al “luogo di nascita” dell’opera e pertanto non comprendere le motivazioni che hanno portato l’artista a tali scelte, a tali riflessioni, a tali analisi e quindi a tali narrazioni. Pertanto significa non capire l’opera d’arte e quindi, per riflesso, non Amarla realmente.
La differenza di pensiero non è nell’obiettivo finale della comprensione dell’opera per quella che è e per come si comunica a noi stessi (fattore oggettivo e soggettivo della stessa), meta comune ad entrambi, ma nella strada percorsa per raggiungere tale risultato.
Prima della frase citata avevo scherzato proponendo un’eventuale stupida critica che una persona “non informata sui fatti” potrebbe muovere a Tonari no Totoro. Per riprendere speranza e fiducia ho aggiunto quindi quell’informazione banale che presupponeva come minimo questo scritto, dove mi affidavo completamente alle qualità Classiche di un simile lungometraggio, sperando quindi nella sua capacità comunicativa di questo grande Classico, seguendo tutti i crismi qui citati.
E’ chiaro pertanto che poi chi uscirà dal cinema con in bocca la prima banale critica potrà benissimo essere messo alla gogna; come pure chi uscirà dal cinema con le lacrime agli occhi pensando di aver capito tutto e invidiando i Giapponesi che oggi hanno ancora queste campagne incontaminate, senza macchine che inquinano(?!?!), si potrà tacciare di “superficialismo” infantile.
Ma non mi permetterei mai un giudizio negativo su chi partendo dai dati “eterni” e “contemporanei” del narrato di Totoro, cominciasse una disamina attenta degli elementi e delle situazioni inevitabilmente databili o legati alla contingenza geografica dell’artista o del narrato.
Questo per dire la mia, in maniera probabilmente troppo estesa e soprattutto troppo mal scritta. Me ne scusso con tutti.
Concludo con una frase categorica che spero non sia presa male da nessuno: finalmente si ritorna a discorrere di massimi sistemi! Bentornato forum amato!
Raro concedit, numquam negat, semper distinguit
Re: Ermeneutica ghibliana e non (?)
Ma sei Ghila o Arcuum_ocra in incognito?ghila ha scritto:[...]Questo per dire la mia, in maniera probabilmente troppo estesa e soprattutto troppo mal scritta. Me ne scuso con tutti.[...]
Scherzi a parte, hai scritto cose molto interessanti. Un appunto:
Io qui rimando a quanto ho scritto in precedenza. Secondo me qualcosa di un "classico" (nella tua accezione) rimane anche allo spettatore che "non ha studiato". E questo qualcosa non è necessariamente solo l'emozione, la suggestione, ma sono anche proprio contenuti veri. Ripeto, secondo me l'importante è l'approccio all'opera.Ghila ha scritto:[...]Ma Shito ha assolutamente ragione a dichiarare che senza intendimento totale della realtà vissuta dall’artista (nell’esempio, il Giappone moderno) e di quella narrata (il Giappone anni 50) non c’è vera comprensione dell’opera stessa, vera fruizione, vero messaggio.[...]
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Re: Ermeneutica ghibliana e non (?)
Attenzione Ani, accetto il punto solamente se per "non ha studiato" intendi dire che non conosce fin da subito il contingente narrato dalla storia e il vissuto dell'artista. Ma una formazione umanistica minima ci deve essere per comprendere certe raffinatezze disseminate dal regista, come pure ci deve essere a monte una riflessione "filosofica" su sé stessi per comprendere i contenuti "Veri" di certe opere. Capire che in quell'opera ci sei anche tu non è "per tutti"! Universale non significa che mio figlio può capire Totoro! Anzi, Totoro ad esempio spaventa mio figlio, perchè ha una senbilità diversa da un bambino di cinque sei anni e vedere una montagna grigia che sonnecchia e grunisce gli pare una cosa stranissima e incomprensibile. Naturalmente non gli ho mostrato il lungometraggio e per lui Totoro è quello piccolino che scappa con le ghiande. Arriverà il momento di vedere anche il suonatore di ocarina.Ani-sama ha scritto:Secondo me qualcosa di un "classico" (nella tua accezione) rimane anche allo spettatore che "non ha studiato". E questo qualcosa non è necessariamente solo l'emozione, la suggestione, ma sono anche proprio contenuti veri. Ripeto, secondo me l'importante è l'approccio all'opera.
E non venitemi a dire che non capisce perchè è un bambino troppo piccolo. A vederla come dici tu certe cose andrebbero capite subito e DA TUTTI.
La realtà e che siamo tutti comunque mediamente preparati e certe cose vengono comprese da tutti. Ma ti assicuro che particolari che tu ritieni "universali" e "contemporanei" non verranno percepiti da gente che non conosce nient'altro che la narrazione animata statunitense. E chi lo capirà? Solo coloro che sanno chi è Miyazaki e le sue presunte intenzioni?
Si, ma non solo! Anche quelli che pensano seriamente a sè stessi, al proprio mondo, che non si confinano nella loro visione pensandola come unica ed assoluta, coloro che hanno letto molto, chiesto molto, risposto poco o nulla. Coloro insomma che sono considerabili i veri FRUITORi di un'opera d'arte qualsiasi. E che certamente alla fine coglieranno l'universale, ma ricercherano successivamente il PARTICOLARE.
Questo volevo intendere con lo scritto: non certo dichiarare che tutti possono intendere i valori "universali" o "contemporanei" anche se essi sono presenti e fanno di Tonari no Totoro un Classico.
Raro concedit, numquam negat, semper distinguit
Re: Ermeneutica ghibliana e non (?)
Era ben questo che intendevo. "Non ha studiato" nel senso che magari non è particolarmente informato sull'autore, la sua poetica eccetera.ghila ha scritto:Attenzione Ani, accetto il punto solamente se per "non ha studiato" intendi dire che non conosce fin da subito il contingente narrato dalla storia e il vissuto dell'artista.
Concordo, sì. Hai detto qualcosa di simile a quanto da me espresso nei messaggi precedenti, a voler vedereGhila ha scritto:Si, ma non solo! Anche quelli che pensano seriamente a sè stessi, al proprio mondo, che non si confinano nella loro visione pensandola come unica ed assoluta, coloro che hanno letto molto, chiesto molto, risposto poco o nulla. Coloro insomma che sono considerabili i veri FRUITORi di un'opera d'arte qualsiasi. E che certamente alla fine coglieranno l'universale, ma ricercherano successivamente il PARTICOLARE.
Posso rilanciare con una mezza provocazione? Ma allora quelli che vanno al cinema per il semplice fatto di voler passare due ore piacevoli e vedere immagini belle senza velleità di ragionarci sopra più di un tanto, devono essere deprecati e assolutamente istruiti a "non fare più così"?
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Re: Ermeneutica ghibliana e non (?)
In realtà non si può istruire colui che non vuole essere istruito. Colui cioè che vede una forma d'arte come la cinematografia SOLAMENTE come un modo per passare il tempo manca delle premesse necessarie per poter veramente iniziare un percorso di riflessione su questa arte.
Non vanno deprecati, semplicemente sono loro che ci perdono e parecchio anche.
Come per loro il sottoscritto è un patetico paranoico che non sa nemmeno ridere di un cinepanettone.
Grazie a Dio.
Non vanno deprecati, semplicemente sono loro che ci perdono e parecchio anche.
Come per loro il sottoscritto è un patetico paranoico che non sa nemmeno ridere di un cinepanettone.
Grazie a Dio.
Raro concedit, numquam negat, semper distinguit