Kaguyahime Monogatari - Isao Takahata (3-4-5 novembre 2014)

Discussioni su gli autori e gli anime Ghibli e Pre-Ghibli

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Shun
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Re: Kaguyahime Monogatari - Isao Takahata (3-4-5 novembre 20

Messaggio da Shun »

Grazie per il commento Shito!

Edito un po' ciò che ho scritto ieri sera e ne approfitto per aggiungere alcune considerazioni, perché con gli occhi che mi si chiudevano ieri ho finito per scrivere un po' a caso...

Su Kaguya, condivido che il Mikado sia stato la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Come scrivevo nel commento precedente, un passo dopo l'altro l'hanno condotta alla disperazione, e pian piano noi con lei abbiamo compreso quei mattoni che uno sopra l'altro la turbavano.
Il trasloco dalla campagna alla capitale per scelta dei genitori (la perdita dei luoghi, degli amici e delle abitudini d'infanzia), che pensavano di farla felice.
Qui distinguerei almeno due questioni:
1. l'adattamento
2. il trovare la propria volontà

I paragoni immediati che mi vengono in mente sono "Hotaru no Haka", "Pompoko" e "Anna dai capelli rossi".
Nel primo, Seita (e Setsuko a causa di Seita) non si adatta e muore. In tempo di guerra e povertà, non puoi far altro che adattarti per sopravvivere. Le famiglie nemmeno molto tempo fa, facevano tanti figli per aiutare in casa, quindi i figli dovevano subito (già a 10/11 anni) incominciare a lavorare... tutto l'opposto del cercare "la propria strada" in un ambiente confortevole, quale può essere quello permesso dal benessere. Pompoko, che confronta contadini, campagna e vita rurale con la città e con ritmi frenetici; i tanuki/contadini che non si adattavano sono metaforicamente morti, mentre gli altri si sono adattati alle circostanze di una società/ambiente circostante in continuo mutamento, e da una parte hanno iniziato a lavorare e a vivere in città, dall'altra hanno mantenuto intatto il loro essere più interno. In Anna dai capelli rossi, nell'anime, così come nel primo libro di Lucy Maud Montgomery, alla fine tutte le fantasie di Anna si spengono, nell'accettazione di rimanere con Marilla dopo la morte di Matthew. Si adatta anch'essa alle circostante verso cui la vita l'ha condotta. Eppure nei libri successivi, Anna pian piano trova la propria strada, maestra scolastica, se non ricordo male si innamora e quant'altro. In genere vediamo sempre adattamento e trovare la propria volontà come cose che vanno a braccetto. O perlomeno, il potersi dedicare alla ricerca della propria volontà è un qualcosa che è permesso/possibile fare qualora si stia in condizioni favorevoli. Insomma, in guerra non è possibile, nella lotta della sopravvivenza qualcosa si può fare, mentre nel benessere o in sprazzi di esso, si può fare molto di più; il problema è rendersene conto. La storia infinita è incentrato proprio su questo, d'altronde Bastian vive nel benessere. Inizialmente è succube e passivo, ma il percorso compiuto a Fantàsia lo porterà ad essere attivo, per trovare - citando il leone Graograman - la sua vera volontà.
Ho fatto questi esempi per rimanere in tema Ghibli, o quantomeno tema infanzia.
Quindi, noi con Kaguya scopriamo la disperazione per essersi separata dai luoghi/amici/abitudini dell'infanzia. Disperazione per il cambiamento (tipo Shinji in Evangelion 3.0 You can (not) redo), e la non accettazione di ciò, cercando di ricostruire fittiziamente ciò che non c'è più, cercando disperatamente un modo per arginare il divenire della vita, con una qualche diga, che però alla fine si rivelerà inutile, se non dannosa. Così ha fatto Kaguya, nella creazione del giardino domestico.
Ma poi si è resa conto, unendo i tasselli. Alla fine della corsa disperata che l'ha portata al luogo natio, si è resa conto che lì tutto era cambiato. Le persone si erano spostate, la foresta non era più lussureggiante. Quindi l'attaccamento al ricordo si è scontrato con la realtà. Ed il vecchio signore dice: "le persone del villaggio si spostano ogni 10 anni, alla ricerca di nuovi luoghi dove andare, per permettere alla foresta di rifiorire, e alla fine ritorneranno anche qui"... ed alla fine infatti tornano. Però Kaguya si rende veramente conto della falsità, quando distrugge il falso giardinetto di casa. "Questo è un falso! Io sono falsa!", ovvero mi sto crogiolando in un "fare" fittizio e io stessa non esprimo il mio essere più profondo. Per citare Itsumo nando demo, Kaguya non esprime la sua propria luce interiore.
Poi gli obblighi di corte, tra denti neri, sopracciglia, calligrafia, clausura casalinga, i pretendenti, ed infine il Mikado. Un percorso che sempre di più l'ha allontanata dalla felicità, o meglio che l'ha allontanata da ciò che avrebbe amato fare. Ed infatti alla fine lei capisce. Quando incontra Sutemaru gli dice: "Forse con te sarei potuta essere felice. Ora l'ho capito."
I genitori volevano renderla felice e l'hanno portata nella capitale, invece alla fine bastava fare la normale vita degli altri popolani del villaggio.
Attenzione, ciò non vuol dire che Kaguya sarebbe stata felice di traslocare dalla campagna, per andare in un altra campagna. La maturazione della consapevolezza, passa prima per i capricci e poi per l'accettazione. Secondo me avrebbe fatto comunque i capricci per il cambiamento, però probabile che si sarebbe adattata di più, crescendo. Ed alla fine lei, fa come Taeko.
Taeko di Omohide poroporo, si rende conto che la vacanzina da campagnola era un autoinganno, che ne sapeva lei della vita dura in quei luoghi, quando lei ci andava solo in vacanza a far finta di lavorare? Però alla fine realizza, che quello è il luogo dove si trova bene, è il luogo in cui è se stessa. Perché lì c'è gente che la prende sul serio: Toshio che ascolta davvero Taeko, la ragazzina/cugina (mi pare),
Situazione simile sarebbe potuta essere per Kaguya; ma lei non ha avuto nessuno a prenderla sul serio come Taeko.
Alla fine la principessa realizza gli inganni interiori (quando confida ai genitori che proviene dalla Luna), e nell'incontro con Sutemaru quando lui dice "per la gallina e il fatto di avermi fatto prendere come un ladruncolo, non è niente" lei sottolinea proprio "sì, giusto, non è niente", in riferimento al fatto che le difficoltà della vita campagnola vanno accettate, perché quello è il mondo di cui lei avrebbe voluto fare parte. Quindi vediamo un percorso di crescita e maturazione, ma che tuttavia non finisce bene, poiché come dicevi lei ormai aveva deciso di morire.
Tra l'altro alla fine lei, non è nemmeno una terrestre. Anelava alla vita terrena, ma il baratro di disperazione in cui era sprofondata, l'avevano portata a dire: ma io che ci sto a fare qui? Quindi sì, il Mikado l'ha fatta traboccare, ed ora con la mente lucida, condivido la metafora del suicidio che ieri sera non capivo XD
Lei evoca il popolo della Luna, per venire a riprenderla, o meglio, evoca la morte per far cessare una vita che la sta schiacciando nella disperazione.
Lei non è riuscita a condividere il suo essere; nemmeno il padre, così ossessionato dalla sua visione, vedeva la sofferenza della figlia "ma tu non percepisci le sue sofferenze?" (o qualcosa di simile) dice la mamma ad un certo punto. La signora era l'unica che in qualche modo percepiva i turbamenti della principessa, e anzi, se non ci fosse stata nemmeno lei, probabilmente Kaguya avrebbe richiamato ben prima la morte. Tuttavia nell'inevitabile vicolo cieco in cui Kaguya si vedeva, non ha avuto via di scampo.
Taeko ha trovato il centro di se stessa (non in senso di individualismo, bensì in senso di comprensione di sé), e poi ha trovato persone con cui essere se stessa, e quindi un ambiente a cui appartenere.
Kaguya no. Lei ha maturato il centro di se stessa, ma poi non ha trovato l'ambiente, o meglio, le vicissitudini e un mattone dopo l'altro, l'hanno portata ad un abisso da cui non ha realizzato via d'uscita.

Sul disprezzo di Takahata riguardo la trascendenza non saprei, io ci vedo l'analisi lucida di due mondi differenti.

Alla fine Isao Takahata ha messo gli esseri umani al centro del film, che sembra dirci che le nostre emozioni, le gioie, i dolori, il divenire e le imperfezioni dell'essere umano, vanno accettate come tali, perché tale è ciò che è. O per lo meno, tale è la nostra attuale percezione dell'esistenza.
Questo percorso risulta quindi il miglior modo per permettere la vita in questo stato di cose terreno e per far sbocciare la compassione.
A questo punto nel finale del film mi è venuto in mente quando Prospero, nell'atto IV della Tempesta di Shakespeare dice:

Come t’avevo detto, quegli attori
erano solo spiriti dell’aria,
ed in aria si son tutti dissolti,
in un’aria sottile ed impalpabile.
E come questa rappresentazione
- un edificio senza fondamenta -
così l’immenso globo della terra,
con le sue torri ammantate di nubi,
le sue ricche magioni, i sacri templi
e tutto quello che vi si contiene
è destinato al suo dissolvimento;
e al pari di quell’incorporea scena
che abbiam visto dissolversi poc’anzi,
non lascerà di sé nessuna traccia.
Siamo fatti anche noi della materia
di cui son fatti i sogni;
e nello spazio e nel tempo d’un sogno
è racchiusa la nostra breve vita.


Come a sottolineare la piccolezza delle nostre vite terrene, ma al contempo la loro rarità e beltà, all'interno di un universo ignoto, all'interno di un tempo lunghissimo. Cosa sono 100 anni, rispetto ai 13 miliardi dell'universo?

In tal senso, come dicevo nel precedente commento l'amore per la vita, per tutto ciò che è, per la nostra finita e ristretta percezione delle cose, sono lo splendido messaggio di questo film.

Però detto ciò, non vedo una critica ad un'eventuale vita/esistenza/statodicose/realtà trascendente. Semplicemente, se esiste, allora essa stessa farebbe parte della realtà (qualunque cosa sia la realtà).
Ciò che vedo nel film di Takahata, è il non riuscire a vivere questa vita terrena per ciò che è. Come dicevo nel commento precedente: non puoi coltivare melanzane se vuoi mangiare peperoni. Come esseri umani, siamo chiamati a vivere sulla Terra, qui e ora. Ovvero come dici tu, questa è una vita per la vita.
Nella mia totale sospensione di giudizio penso sia sbagliato contrapporre due (eventuali) stati di esistenza/di realtà, così come contrapporre ragione e fede. Non ha senso. La vita è il gioco degli umani. La vita trascendente è il gioco successivo. Poi magari ci saranno altri giochi, o forse no. In tal senso chiudevo il commento con la sospensione di giudizio, perché abbiamo una visione ristretta della realtà (citando evangelion...) Tutto qui ^^

Film splendido. Peccato solo che i cinema richiedono troppo per vedere questi film; altrimenti lo avrei rivisto sicuramente oggi! Aspetterò il dvd!!!
In definitiva posso dire che insieme a Omohide poro poro, questo sia il mio Ghibli preferito.

Scusate il papiro, ma ieri non sono riuscito a scrivere tutto quello che volevo XD
Ultima modifica di Shun il mer nov 05, 2014 11:14 am, modificato 4 volte in totale.
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Re: Kaguyahime Monogatari - Isao Takahata (3-4-5 novembre 20

Messaggio da Shito »

Veramente lei dice di avere desiderato di "non esserci" *mentre* il Mikado la stringeva stretta. Tutta quella scena sembra la rappresentazione di una violenza - e anche la faccia che fa lei quando ricorda quel momento, mamma mia.
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Re: Kaguyahime Monogatari - Isao Takahata (3-4-5 novembre 20

Messaggio da Shun »

Sì infatti, ieri ero un po' stanchino come direbbe Forrest Gump XD
Il Mikado ha fatto traboccare il vaso!
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Re: Kaguyahime Monogatari - Isao Takahata (3-4-5 novembre 20

Messaggio da Lonelywolf »

Mi pare anche che Principessa non abbia mai trovato la felicità in quel modo di vivere aristocratico, che per trovare dei momenti di gioia ricorresse alle attività manuali (filare) o al suo giardino, che pure il padre, convinto di fare il suo bene, osteggia. In un primo momento Principessa si oppone fermamente alla crescita, poi diventa un'aristocratica ma mi sembra che non riesca comunque a trovare la felicità in questo stato (infatti si duole del fatto che il suo piccolo giardino sia "tutto falso": si è illusa di poter tornare tramite esso nel luogo in cui ha vissuto, ma non è così). Il proporsi violento del Mikado a Principessa mi pare analogo all'avvicinarsi minaccioso dei nobili convitati che vogliono vedere la sua bellezza, ed alla corte degli altri cinque aristocratici. Principessa non vuole rassegnarsi a diventare proprietà di un uomo che non è interessato al suo animo, quindi desidera ritornare sulla luna (anch'io l'ho visto un po' come un suicidio). E' più in questo che ho visto davvero "Il perpetrato delitto e la pena di una principessa": una volta che ha desiderato di perdere la propria umanità, per quanto si disperi e rimpianga l'essere umana, non c'è modo di tornare indietro.
Mi sembra che, anche dopo essere diventata aristocratica ed aver effettuato il rituale verso età adulta, Principessa non possa rinunciare ad un ideale puro ed infantile (che pure trovo personalmente condivisibile): piuttosto di cedermi ad un uomo che non mi ama nemmeno, preferisco non esistere più.
(Grazie anche da parte mia per il commento, Twistor, anche perché ho tanti pensieri per la testa da ordinare ed un punto di partenza mi ha fatto certamente comodo :P)
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Re: Kaguyahime Monogatari - Isao Takahata (3-4-5 novembre 20

Messaggio da Pendragon »

Visto ieri.
Mi rendo conto di non essere riuscito a comprenderlo a pieno, ma il film mi è piaciuto molto. 2 ore e passa (in un film peraltro lento) volate via. Ora sono in una fase di intontimento-incanto che cerco di mettere in ordine e spiegarmi cosa ho (REALMENTE) visto.

A caldo, mi vengono in mente queste scene:
1) La crescita di Principessa (durante l'infanzia) sembra coincidere con ogni nuova esperienza. Come avete interpretato questa cosa? E' un concetto "banale e semplice" del tipo: ogni esperienza aiuta a crescere o è un piccolo tassello di un po' grande mosaico?

2) Celebrazione del nome e dell'acconciatura della Principessa: tutti festeggiano, mentre Principessa è rinchiusa nella sua gabbia dorata. Alcuni degli invitati la accusano di non essere una VERA nobildonna. Principessa scappa (un piacere per gli occhi quella scena) fino a ritornare alla montagna della sua infanzia.
Ho percepito la forte crisi d'identità, di alienazione da quella società così artefatta; Principessa è disperata e cerca con tutte le sue forze di tornare alla vecchia montagna (la sua infanzia felice e vera). Ma una volta là, tutto è cambiato e la montagna "sembra morta". Comincia a nevicare e Principessa sviene, rinvenendo nella sua gabbia dorata, come se la sua fuga non fosse "fisicamente" mai avvenuta. E' una scena che mi ha colpito molto (a caldo) e non so darmi una spiegazione.

3) Finalmente Sutemaru e Principessa si rincontrano. La scena del volo e soprattutto della caduta (Sutemaru non riesce a stringerla "abbastanza forte"), cosa significano?

Non so se è questo il modo per discernere un film Ghibli, ma con film del genere, sento il bisogno di scoprire quanto più possibile. Oltre ad avvertirne la magnificenza, a sfiorarla con le dita, vorrei stringerla con tutto me stesso.
Vorrei sentire il vostro parere -se vi va- anche su questo; su come godersi un Ghibli!
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Re: Kaguyahime Monogatari - Isao Takahata (3-4-5 novembre 20

Messaggio da Shito »

Twistor: letto gli edit. Risponderti è difficilissimo perché scrivi tutte cose documentate e sensate, massimamente vere, solo a volte nel mare perdi in po' il fuoco del tutto. Anche quando lo fai, magari dietro a un dettaglio colto in modo impreciso, lo fai con documentazione e senno corretti, quindi sembra tutto giusto e sensato - occultabdo la falla.

Nel caso: Kaguya non dice "ma io che faccio qui", dice "ma io che mi sono messa a fare, qui?". Lei non sta criticando il suo essere sulla terra. Lei sta autocriticando la condotta che ha tenuto. Sì, l'aver vissuto una vita di negazione di sé stessa e della vita stessa, prima per compiacere l'amato padre (e questa è femminilità infantile tipica), poi per rifiutare ciò che non le andava a genio. Sì, sta autocricando il suo autoinganno, la sua chiusura all'adattamento e al divenire, che sono la vita.

Stai molto enfatizzando l'arcadia infantile di lei, ma il punto non è quella arcadia in particolare. Il punto è che Kaguya era nata sulla terra "per vivere, come gli uccelli e le bestie". La vita di città, di corte, è già un passo verso la non-vita che, al suo massimo, è la purezza perfetta della Luna. Ma Kaguya era nata sulla terra per rotolarsi nel fango e ridere mentre lo fa. Questo rappresenta Sutemaru: non l'amore romantico di una vita, ma l'amore naturale della semplicità umana animale.

Credo che Takahata si schieri eccome. La Luna è morte, è l'oblio totale. E Kaguya andandoci sfuma in b/n salvo ritrovare il colore quando si volta verso la terra, dove tutti gli esseri "sono pieni sia di tristezza sia di gioia in tutte le tinte". Per la selenita sono sporcizie, ma Kaguya la contraddice con grande violenza.

Credo che per Takahata la vita degna di essere vissuta sia quella dei tanuki comuni che nascono, ballano, proliferano e muoiono anche anzitempo, ma sempre semplicemente allegri, o tristi, ma vivi.
Ultima modifica di Shito il mer nov 05, 2014 12:31 pm, modificato 1 volta in totale.
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Re: Kaguyahime Monogatari - Isao Takahata (3-4-5 novembre 20

Messaggio da Shito »

Pendragon:

1) credo rappresenti solo quel che hai giustamente colto: ogni esperienza DI VITA ti fa crescere. In città, nella formità, la crescita di Kaguya rallenta alla norma, no? Lì non si vive granché.

2) Kaguya dice che nel suo baldacchino, durante la festa in suo onore, "le sembra come di non esserci". Non esserci significa essere morti, un cadavere, un fantasma. Al culmine del dialogo greve degli invitati, si mette proprio in dubbio la sua esistenza: "mai che fosse un fantasma!" - dicono. Allora lei scappa nel luogo dove si viveva. Ma li sembra tutto morto. Solo che impara che il tempo gira in cicli. Quindi si sottomette agli eventi, forse in attesa di un ritorno? Ma questo da inizio a una vita di negazione, falsità, autoinganno - di cui Kaguya finirà vittima.

3) Ai miei occhi la sceba col Mikado è una violenza (sessuale) - da cui l'estremo rifiuto della vita di lei. Con Sutemaru mi pare l'amore fisico gioioso, quanto di più animale sia dato agli esseri umani: eros. Kaguya lì si disilve come assoluta parte sella natura, chiede accettazione a cielo e terra, di cui si sente infine parte - come uccellu, insetti, bestue, erba, alberi, fiori.

La speculazione si fa qui nipponista. La civiltà giapponese è al tempo stesso vitalità indigena e formalismo estetico, che è stasi. Eros e Thanatos diremmo noi. Una bella faciulla è la campagnola mezza nuda e sporca di terra, o una bambola viva sotto dieci kimono e la biacca in faccia?

Qui torniamo universali: Mann, Visconti. L'uomo civile desidera una donna pura nel letto coniugale ma va poi a sporcarsi di vita con le prostitute. L'eterno dilemma maschile tra logos e metis, Eros e Thanatos.

Tutto gira intorno a Mnemosyne.
Ultima modifica di Shito il mer nov 05, 2014 12:35 pm, modificato 6 volte in totale.
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Re: Kaguyahime Monogatari - Isao Takahata (3-4-5 novembre 20

Messaggio da Takatsuki »

Intimorito.

Volevo solo riportare che a fine visione ieri sera nessuna delle 10 persone presenti in sala ( :shock: ) aveva gli occhi asciutti e mi ritrovo a leggere di Mnemosyne e Shakespear.

Nel mio piccolo: questo di Takahata è davvero un film immenso.
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Re: Kaguyahime Monogatari - Isao Takahata (3-4-5 novembre 20

Messaggio da luca-san »

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Shun
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Re: Kaguyahime Monogatari - Isao Takahata (3-4-5 novembre 20

Messaggio da Shun »

Twistor: letto gli edit. Risponderti è difficilissimo perché scrivi tutte cose documentate e sensate, massimamente vere, solo a volte nel mare perdi in po' il fuoco del tutto. Anche quando lo fai, magari dietro a un dettaglio colto in modo impreciso, lo fai con documentazione e senno corretti, quindi sembra tutto giusto e sensato - occultabdo la falla.
Sì in effetti scusami, ho editato alcune volte perché rileggendo mi veniva in mente sempre qualche piccola nota da aggiungere! Sei stato gentilissimo a rileggere ogni volta! Cercherò di evitare di editare in questo modo in futuro...
Su ciò che scrivo, attualmente sono in fase di analisi e metabolizzazione XD quindi magari ci sono molte cose che ancora non ho sintetizzato... poi va beh, mettici che non ho il dono della sintesi :P
Nel caso: Kaguya non dice "ma io che faccio qui", dice "ma io che mi sono messa a fare, qui?". Lei non sta criticando il suo essere sulla terra. Lei sta autocriticando la condotta che ha tenuto. Sì, l'aver vissuto una vita di negazione di sé stessa e della vita stessa, prima per compiacere l'amato padre (e questa è femminilità infantile tipica), poi per rifiutare ciò che non le andava a genio. Sì, sta autocricando il suo autoinganno, la sua chiusura all'adattamento e al divenire, che sono la vita.

Stai molto enfatizzando l'arcadia infantile di lei, ma il punto non è quella arcadia in particolare. Il punto è che Kaguya era bata sulla terra "per vivere, come gli uccelli e le bestie". La vita di città, di corte, è già un passo verso la non-vita che, al suo massimo, è la purezza perfetta della Luna. Ma Kaguya era nata sulla terra per rotolarsi nel fango e ridere mentre lo fa. Questo rappresenta Sutemaru: non l'amore romantico di una vita, ma l'amore naturale della semplicità umana animale.
Sulla frase di Kaguya, hai ragione. Intendevo chiaramente quel significato, ma mi sono spiegato male io scrivendo "ma io che ci sto a fare qui?". Il senso è come dici, ma secondo me è anche, più in generale, il fatto che anzi di esprimere se stessa e coltivare un ambiente intorno a sé di affetti e quant'altro, sta facendo altro (cerimonie, riti, etc.. tutte cose che non sente sue e non era per queste che anelava a discendere sulla Terra).
Poi chiaramente contestualizzando, il Taketori monogatari è un testo antico e il confronto è tra Luna-corte, e Terra-vita naturale, che è un po' come i tanuki di Pompoko. Insomma, non è che ci sono tante sfaccettature/altre possibilità, o ti rotoli nel fango e corri scalzo nei prati, oppure è non-vita...
Pensando anche all'uomo che piantava gli alberi di Back, o al fatto che Takahata in un'intervista dica che: "Film a parte, mi sto divertendo tutti i giorni. Ad esempio, è anche divertente solo vedere una serie di foglie che cadono dagli alberi, oppure un sacco di diversi tipi di uccelli venire al parco vicino casa mia", insomma mi viene davvero da pensare all'amore di Takahata per la vita sulla Terra, sia inteso con un modo di vivere più semplice, pragmatico, ma non per questo facile, sia nel senso di vivere per la vita. Così su due piedi mi viene in mente Osho quando dice: "mangia, gioca, vivi la tua sessualità, libera il tuo intestino e fai il tuo riposo quotidiano". Tutto molto lampante.

Tuttavia Takahata ci dice anche che:
"Onestamente, non ho idea se in questo genere di storia, si possono trovare dei riferimenti attuali/contemporanei. Ma in ogni caso, vi posso assicurare che questo film d'animazione merita di essere visto."
Questa frase, unita alla questione del distacco della teoria di Bertolt Brecht, mi fa onestamente pensare che ciò che vediamo è la messa in scena della storia con il realismo di Takahata, ma non una diretta critica tra vita rurale e corte. O meglio, lo è nell'ottica della storia, nel contesto in cui è stata realizzata, e quindi Takahata ce la presenta come tale, e infatti lui stesso dice non so se può risultare contemporanea... ma allora, attualmente, la visione di questa storia, cosa mi può dare?
Magari nulla eh, magari è solo un documentario/messa in scena di una storia antica, che ha quindi valenza puramente antropologica.

Tuttavia, secondo me, il film non tratta "solo" questo, perché in realtà c'è un elemento universale: il non trovare e il non realizzare se stessi (non in senso di individualismo).
"Conosci te stesso"... Kaguya ha scelto di morire perché stava facendo altro, che non essere se stessa. Nel caso in questione, come giustamente dici, non si stava rotolando tra i fiori, o correndo insieme ad animali e uomini, sulla Terra. Stava chiusa in casa. Allora tanto valeva rimanere sulla Luna.
Ed è questo che rimane universale. Vivere una vita che non percepisci come tua.
Se non ricordo male dice a Sutemaru qualcosa come: "Il percepire di essere in vita, può permetterti gioia dolori etc" cose che nell'asettica Luna non puoi percepire.. infatti quelli della Luna gli dicono qualcosa come: "dai torniamo sulla Luna, dove non proverai più turbamenti dell'animo"...
Insomma il contrasto a mio modesto parere è tra il "vivere genuinamente la propria essenza" e il "vivere facendo una cosa differente da ciò che si è nel profondo".
In tal senso, vivere qui e ora comporta emozioni di tutti i colori, ma in un caso si vive attivamente, nell'altro si vive passivamente. Quando però finisce il benessere, allora la vita passiva diviene frustrazione, quindi depressione, disperazione e desiderio di morire.
La speculazione si fa qui nipponista. La civiltà giapponese è al tempo stesso vitalità indigena e formalismo estetico, che è stasi. Eros e Thanatos diremmo noi. Una bella faciulla è la campagnola mezza nuda e sporca di terra, o una bambola viva sotto dieci kimono e la biacca in faccia?

Qui torniamo universali: Mann, Visconti. L'uomo civile desidera una donna pura nel letto coniugale ma va poi a sporcarsi di vita con le prostitute. L'eterno dilemma maschile tra logos e metis, Eros e Thanatos.
Ma quindi dobbiamo vivere come tori da monta?! XD
A parte gli scherzi, qui mi verrebbe da citare il contrasto tra spirito vitalismo/dionisiaco e apollineo/platonico/classicismo, che si ricollega alla questione tra Terra/Luna, ma poi temo che andrei ultra OT. Comunque, tanto per dire, una volta che il Cammello è diventato Leone, poi alla fine diviene Fanciullo e crea nuovi valori, o per lo meno ci prova... Il sacro dire di sì alla vita in Kaguya è palese, così come è palese che sia questo il senso del film. Su questo sono d'accordo.
Nel caso di Kaguya, la sua luce interiore era vivere rotolando nel fango e danzando tra fiori, ridendo di gusto. Ma questa è Kaguya.
Non mi sentirei di giudicare, che ne so, la Rita Levi Montalcini per non aver proliferato come un tanuki, avendo dedicato la sua vita alla scienza. A lei piaceva quell'ambito, e in quello si è dedicata. Non è che la trasvalutazione dei valori significa fare le cose a random, lol
"Spetta a ogni individuo il compito di costruire la propria scala di valori e cercare di attenersi a quella, non al fine di ottenere un compenso in terra o in cielo, ma con l'obiettivo di godere ora per ora, giorno per giorno, della straordinaria esperienza di vivere."
[Cit. Abbi il coraggio di conoscere]

Chiaramente eviterei di estremizzare la propria coerenza alla propria scala di valori, come un assoluto imperturbabile. Piuttosto vedrei la scala di valori come qualcosa in divenire, non come qualcosa di fisso, ma nemmeno come qualcosa che muta con gli spifferi del vento...

Rimanendo in tema animazione, citando Yui/Hideaki Anno di Evangelion: "ogni luogo può essere un paradiso se desideri vivere", o ancora citando Yoshiyuki Sadamoto, al Milano Manga Festival:
In Wolf’s Children c’è un ritorno alla natura, il messaggio sembra che sia “in campagna si vive bene e si è felici”. Secondo lei è davvero così?
Non ho mai pensato che questo fosse il concetto centrale in Wolf’s Children. Chi vive bene in città deve starci, e lo stesso vale per chi vive bene in campagna. Io sono nato in un piccolo paese di montagna, poi mi sono trasferito a Tokyo e adesso sono ritornato in campagna, ma sono stato bene in tutti e tre i luoghi.

Questo è più o meno quello che volevo dire, forse ora mi sono spiegato in modo più completo :)

In ogni caso, è interessantissima la critica giapponese tra formalismo esasperato (tipo la modestia obbligata), e vitalità.
Credo che Takahata si schieri eccome. La Luna è morte, è l'oblio totale. E Kaguya andandoci sfuma in b/n salvo ritrovare il colore quando si volta verso la terra, dove tutti gli esseri "sono pieni sia di tristezza sia di gioia in tutte le tinte". Per la selenita sono sporcizie, ma Kaguya la contraddice con grande violenza.

Credo che per Takahata la vita degna di essere vissuta sia quella dei tanuki comuni che nascono, ballano, proliferano e muoiono anche anzitempo, ma sempre semplicemente allegri, o tristi, ma vivi.
Giusto per chiarire il mio punto di vista, anche se sembra tutto mischiato, da una parte ho cercato di scrivere del film, dall'altra ho aggiunto delle opinioni sui temi del film. Spero si riescano a distinguere le due cose. In questo senso, il mio era un dialogo che partendo dal film e andava poi a esprimere un mio parere. Non volevo mettere in bocca a Isao, cose non sue.
Quindi se Takahata si schiera in tal senso (nella questione trascendente), ok per il film (in senso oggettivo) e sono d'accordo (in senso soggettivo) fino al punto di cui dicevo nel precedente commento.
Ovvero: sospensione di giudizio. Sono d'accordo sul vivere come umani sulla Terra, ma non metterei un paletto a ciò che potrebbe essere la realtà nel suo insieme..

Insomma tutto qui... magari domani cambio idea eh XD

@Lonelywolf: grazie a te per aver sintetizzato! :D

EDIT
Shito, rileggendo tutta la pagina, mi sono reso conto di cosa volevi dire scrivendo: "Stai molto enfatizzando l'arcadia infantile di lei, ma il punto non è quella arcadia in particolare."
Non avevo notato di aver scritto maggiormente su quella parte, relativa al cambiamento/trasloco etc. e aver parlato meno del suo essere sulla Terra! In testa avevo tutto insieme; comunque riguardo quella parte ho scritto in questo messaggio! XD
Ultima modifica di Shun il mer nov 05, 2014 8:33 pm, modificato 1 volta in totale.
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Silent Bob
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Re: Kaguyahime Monogatari - Isao Takahata (3-4-5 novembre 20

Messaggio da Silent Bob »

Shito ha scritto:Pendragon:

1) credo rappresenti solo quel che hai giustamente colto: ogni esperienza DI VITA ti fa crescere. In città, nella formità, la crescita di Kaguya rallenta alla norma, no? Lì non si vive granché.

2) Kaguya dice che nel suo baldacchino, durante la festa in suo onore, "le sembra come di non esserci". Non esserci significa essere morti, un cadavere, un fantasma. Al culmine del dialogo greve degli invitati, si mette proprio in dubbio la sua esistenza: "mai che fosse un fantasma!" - dicono. Allora lei scappa nel luogo dove si viveva. Ma li sembra tutto morto. Solo che impara che il tempo gira in cicli. Quindi si sottomette agli eventi, forse in attesa di un ritorno? Ma questo da inizio a una vita di negazione, falsità, autoinganno - di cui Kaguya finirà vittima.

3) Ai miei occhi la sceba col Mikado è una violenza (sessuale) - da cui l'estremo rifiuto della vita di lei. Con Sutemaru mi pare l'amore fisico gioioso, quanto di più animale sia dato agli esseri umani: eros. Kaguya lì si disilve come assoluta parte sella natura, chiede accettazione a cielo e terra, di cui si sente infine parte - come uccellu, insetti, bestue, erba, alberi, fiori.

La speculazione si fa qui nipponista. La civiltà giapponese è al tempo stesso vitalità indigena e formalismo estetico, che è stasi. Eros e Thanatos diremmo noi. Una bella faciulla è la campagnola mezza nuda e sporca di terra, o una bambola viva sotto dieci kimono e la biacca in faccia?

Qui torniamo universali: Mann, Visconti. L'uomo civile desidera una donna pura nel letto coniugale ma va poi a sporcarsi di vita con le prostitute. L'eterno dilemma maschile tra logos e metis, Eros e Thanatos.

Tutto gira intorno a Mnemosyne.


Nel campo della sensualità, un essere carnale è oggetto del desiderio. Ma ciò che attira in questo essere carnale non è direttamente l'essere, è la sua ferita: è un punto di rottura dell'integrità del corpo e l'orifizio della sozzura. Questa ferita non mette in gioco la propria vita, ma soltanto la sua integrità, la sua purezza. Non uccide, ma insudicia. ... Non sempre siamo in preda alla noia: la vita riserva possibilità di numerose comunicazioni. Ma se questa possibilità viene a mancare, allora la noia rivela ciò che è il nulla dell'essere rinchiuso in se stesso


Un passo da Georges B. è da tanto che dico che lo devi leggere. è curioso come proprio in questi giorni pensavo che una delle caratteristiche del post-moderno sia la progressiva sottrazione all'esistenza umana della comunicazione sporca di vita, surrogando ciò con varie altre alternative il che è più o meno un pò la seconda parte del corsivato che ho riportato.

In generale dal feticismo per gli oggetti, finanché a un cubo di alluminio, a eccellere nello studio e nel lavoro per la passione di una materia morta ( il che per le scienze, materie morte, è financo sensato. del tutto folle è per materie più vive quali quelle umanistiche ) credo siano tutti modi per incanalare in qualcosa l'esuberanza di vita, qualcosa di diverso per quello cui è data ( intendo vita più violenta e lacerata, come ben scrivesti citando orpheus e rocco e i suoi fratelli ). E da qui le facce da rincoglioniti degli otaku.


p.s.
Shito ha scritto: Credo che per Takahata la vita degna di essere vissuta sia quella dei tanuki comuni che nascono, ballano, proliferano e muoiono anche anzitempo, ma sempre semplicemente allegri, o tristi, ma vivi.

questo mi ha fatto pensare molto agli yamada, che mi risultò disgustoso a dir poco. Credo possa essere il pensiero di takahata più o meno. Credo sia fallace, poiché l'uomo non sarà mai sola animalità ma anche intelletto. Non si torna ad essere acqua nell'acqua, non si cancella la concezione di futuro e morte. Al più ci si stordisce e allo stordimento mi fanno pensare i tanuki comuni. L'animalità semplice non ci è più data ( a riguardo Teoria Della Religione, sempre di B. dice molto )
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Re: Kaguyahime Monogatari - Isao Takahata (3-4-5 novembre 20

Messaggio da genbu »

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Re: Kaguyahime Monogatari - Isao Takahata (3-4-5 novembre 20

Messaggio da Goo »

Visto anche io, indescrivibile.
Concreto come non mai, nessun simbolismo, significato schietto di un film che non si nasconde dietro "Miyazachiane barriere" ed espone Takahata in tutto il suo essere (fino ad ora a mio parere inespresso nei lungometraggi da lui diretti).

Sul doppiaggio mi sono trovato qualcosa di molto più scorrevole questa volta, non ho quasi mai fatto caso al tipo di linguaggio usato, cosa che pur apprezzando negli altri film era sempre stata da me notata in rilievo, non saprei come esprimermi. Come se per la prima volta anche a me, spettatore estraneo alla lingua madre, mi risultasse un tutt'uno.
Forse anche per la differenza di registro rispetto ai lavori di Miyazaki, non saprei, ma è stata un lavoro eccezionale.
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Re: Kaguyahime Monogatari - Isao Takahata (3-4-5 novembre 20

Messaggio da ushikawa »

Quindi Gualtiero si è tenuto rispettosamente DIETRO l'opera, come al solito.
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Re: Kaguyahime Monogatari - Isao Takahata (3-4-5 novembre 20

Messaggio da KwErEnS »

Hols ha scritto:MAI visto nulla di simile. MAI.
Mi associo, precisando "MAI esperito nulla di simile. MAI.".
Perchè l'esperienza è stata multisensoriale, non solo visiva.
Secondo me, la recitazione è stata determinante.
La scena di "Principessa vieni qua" è di una tale intensità...
Non riesco a esprimere meglio le mie emozioni: è un film 'oltre'.
Grazie. Grazie a tutti gli attori, in particolare ai protagonisti.
Grazie a chi ha saputo impiegarli al meglio.