Condivido con voi la recensione che ho scritto su arrietty

Non credo ci siano grandi spoiler nel testo, ma per sicurezza ho comunque oscurato alcune parti.
La prima impressione che si riceve da questo film è quella di una storia semplice, volutamente spoglia di allegorie, colpi di scena eclatanti o svisceramenti psicologici profondi. E’ una fiaba, con tutte le caratteristiche di un racconto rivolto a bambini e ragazzi e gli ingredienti giusti per piacere a queste fasce d’età.
Primo fra tutti, così com’era per Totoro, ma anche Harry Potter o Le cronache di Narnia, ciò che di sicuro rende irresistibile questi racconti è che il mondo immaginario di cui trattano è proprio lì, a portata di mano per chiunque se ne sappia accorgere o abbia la fortuna di scoprirlo. La fantasia e curiosità dei bambini vengono così decisamente stuzzicate: è un mondo a due passi dal nostro al quale si accede per strade segrete che si aprono all’improvviso, oppure, come nel caso di Arrietty, è addirittura un mondo che convive con il nostro ma difficile da scorgere. Lo stesso regista dice di aver scelto di cambiare l’ambientazione del film da una casa di tipo inglese (quella descritta nel romanzo da cui hanno preso spunto per il film) a una casa di tipo giapponese, proprio perché i bambini possano percepire il luogo descritto come reale e vicino a loro. E questa particolarità di Arrietty fa molto onore al film, perché in questo caso non ci sono componenti magiche o fantastiche, ma il tutto è narrato come assolutamente vero, assolutamente plausibile, assolutamente reale, quasi potesse accadere in ogni casa di ogni bambino giapponese.
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Se io fossi una bambina, insomma, starei già cercando per casa tutti i possibili pertugi per scovare questi piccoli inquilini, entusiasmata dall’idea di poter condividere i miei spazi con quegli esserini! |
E’ talmente reale, tuttavia, che si parla di popoli differenti quali fossero “razze” dominanti o in via d’estinzione in lotta per la propria sopravvivenza in un certo territorio. Il popolo di Arrietty non è così descritto con incredibile meraviglia fiabesca (come spesso ci ha abituato Miyazaki) ma con un ritratto quasi scientifico che ne legittima l’esistenza nel tempo, fino ad oggi. Tutto il loro mondo, le loro abitudini di vita, non hanno nulla di magico, sono anzi estremamente veritiere: gli oggetti che usano e gli spazi da loro costruiti sono ingegnosi, creativi, ma sono anche decisamente concreti ed è forse per questo che, ancora di più, si rivelano affascinanti. Il contrasto di questo popolo con gli esseri umani è dettato dalle semplici leggi della sopravvivenza, razionale così com’è razionale l’ordine della natura. La paura, quando c’è, i problemi, non derivano da forze sovrannaturali inspiegabili, o da malvagi esseri spinti da animi meschini, ma dalla razionalità di incontro, scontro, simbiosi di due popolazioni differenti che insistono sullo stesso territorio. Questo aspetto del film lo rende piuttosto particolare, ne permea tutte le vicende
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ed è il filo conduttore che porta al finale, inevitabile quanto giustamente apprezzabile per la scelta di non strafare, ma mantenere intatto lo “spirito” della storia. |
Ora, se passiamo oltre, si può dire che tutto il resto, quello sì, sia magia: i fondali, le animazioni, l’attenzione per i particolari (degna dei migliori film Ghibli), la ricchezza dei colori, la fluidità e naturalità dei movimenti, l’uso dei suoni, le espressioni del viso… Questa è la vera magia del film, compiuta da tutti coloro che hanno lavorato a questo lungometraggio. Un livello di realizzazione tecnica di qualità eccelsa, che stupisce e inebetisce di piacere al solo contemplarne la splendida estetica! Anche l’opera di regia nelle inquadrature è a mio avviso davvero convincente, non semplice in una storia in cui i punti di vista sono sempre due e da angolazioni ben diverse,
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quella degli esseri umani “giganti” e quella del popolo minuscolo |
; eppure il tutto funziona bene e anzi le due prospettive vengono usate in maniera perfetta per enfatizzare le emozioni relative ai vari eventi. Lo stesso dicasi dei rumori, che giocano un ruolo fondamentale per il coinvolgimento dello spettatore e son davvero ben sfruttati a seconda delle situazioni. Insomma: da questo punto di vista non credo si potesse fare di meglio, è la classica genuinità nei disegni e attenzione per i dettagli che ha fatto dello Studio Ghibli ciò che è oggi.
Qualcosa di più, invece, si sarebbe potuto fare sui contenuti. La trama si articola in maniera perfettamente calzante e soddisfacente, tuttavia si sarebbe potuto puntare un po’ di più sui dialoghi e i piani di lettura, infondendo loro una maggiore profondità di significato. Non che il lavoro sia disprezzabile, anzi, ma pecca per una certa “superficialità” in cui ciò che si vede è ciò che è senza andare oltre in una possibile analisi. E’ abbastanza chiaro che il regista, alla sua prima opera, non abbia voluto rischiare troppo avventurandosi in territori della psicologia o dell’allegoria sociologica complicati e pericolosi. Mantenendo tutto su un livello più “soft” ha evitato possibili flop o incomprensioni. Del resto il film non è di certo un film vuoto: anche nella sua semplicità porta con sé, oltre al tema della sopravvivenza e del “ciclo della natura” al quale accennavo prima, il rispetto della diversità e un atto di consapevolezza nei confronti della società del consumismo. Certo a degli adulti abituati a temi quali quelli dei film di Isao Takahata potrebbe sembrare come mancante di qualcosa. Per la maggior parte del pubblico, comunque, sono sicura che andrà benone

In definitiva è un film piacevolissimo e ben fatto, che incanterà i più piccoli, piacerà ai più grandicelli e sarà perfettamente godibile dagli adulti. L’animazione lascia come sempre senza parole, i contenuti e il messaggio che veicola, anche se semplici, raggiungono perfettamente il loro obiettivo, forse anche meglio e in maniera più diretta di altri film Ghibliani estremamente articolati e involuti. Per essere una prima opera non c’è dubbio che il risultato sia più che riuscito.