Omoide no Marnie - 24-26/8/2015 - Hiromasa Yonebayashi

Discussioni su gli autori e gli anime Ghibli e Pre-Ghibli

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Sayonara no Natsu
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Re: Omoide no Marnie - 24-26/8/2015 - Hiromasa Yonebayashi

Messaggio da Sayonara no Natsu »

"Io... io mi odio!"

LoL, non saprei trovare parole migliori per esprimere cosa provo anche per me stesso in questo momento XD. Nonostante abbia effettivamente avuto diversi impegni che mi hanno fatto perdere parecchio tempo, la mia lentezza, che stavolta ha raggiunto picchi inimmaginabili, combinata alla deleteria e malsana (soprattutto per me, ma anche per voi :twisted: ) mania di scrivere WoT (fossero almeno interessanti...^^), mi hanno fatto completare il mio scritto praticamente quando ogni altro ha già dimenticato i nomi dei protagonisti del film... (shame on me e che peste mi incolga XD). Però no, anche a costo di diventare una comica vivente, voglio lo stesso dire la mia riguardo questo lungometraggio -.- Uff, comunque, visto già il mio estremo ritardo, non perdiamo altro tempo in stupide ciance e passiamo direttamente alla... parte più tediosa.... :tongue:

(Ah, avviso che nel testo qui sotto "spoilero" praticamente tutto ciò che c'è di "spoilerabile", perciò consiglio di non leggere a tutti coloro che non hanno ancora avuto modo di vedere il film.)

Nonostante tutto, l'ho apprezzato.

Penso che già queste poche parole bastino a rendere un'idea delle mie sensazioni piuttosto contrastanti.

Ma cominciamo dal principio.

Come già avevo scritto, sono andato a guardare questo film con parecchia curiosità, ma anche con qualche dubbio. Dubbi in parte provenienti dal sapere che alla regia (né in nessun'altra fase della lavorazione) non c'era né Miyazaki né Takahata, e in parte anche dai resoconti non proprio entusiasti di Shito. Quello che alla fine ho trovato è stato qualcosa di, per certi versi, inaspettato.


Se dovessi descrivere questo film con una parola, direi che è "strano". Ci sono tutti gli ingredienti che hanno reso celebre lo studio Ghibli, eppure, per qualche motivo che ancora non riesco a mettere completamente a fuoco, ho avvertito quest'opera come qualcosa di "diverso" rispetto a tutti gli altri lavori di Miyazaki e co. (incluso anche Arrietty). Questa sensazione di star guardando qualcosa di familiare ma allo stesso di estraneo, l'ho avvertita più volte durante la visione. La storia, per dire, che risulta assai semplice (talvolta quasi piatta) e ben poco movimentata almeno fino alla fine, potrebbe tranquillamente essere uscita da un qualsiasi film dello studio, eppure, per come è gestita, trasmette, oserei dire, una sensazione di originalità. A questo proposito, penso abbia anche giovato una certa varietà dei generi qui presenti (talvota il film è una commedia romantica, a volte un thriller a tinte quasi horror...), cosa che non ho riscontrato nei lavori dei colleghi di Yonebayashi e che personalmente ho apprezzato. Certo, inutile nasconderlo, c'è anche da dire che una parte di questa 'diversità' del film è probabilmente dovuta a delle, diciamo, 'cadute di stile' che non sono presenti nelle altre opere Ghibli. Per esempio, sebbene in moltissimi film dello studio ci siano parecchi elementi romantici, essi non raggiungono mai picchi di eccessiva sdolcinatezza, mentre qui il tutto è molto enfatizzato (e questo vale, purtroppo, anche per le parti drammatiche), e così il melodramma è spesso dietro l'angolo, anche se, per fortuna, la vicenda ed i personaggi solo raramente scadono veramente in qualcosa di così estremamente smielato e stucchevole da risultare davvero intollerabili.

Anna, per dire, nonostante i frequenti alti e bassi, è un personaggio, in fin dei conti, discretamente riuscito, a mio modo di vedere. Twistor era già riuscito a descriverla ottimamente con poche parole, mentre di mio posso dire che, se la storia fosse stata ambientata nel passato, avrei trovato i suoi comportamenti piuttosto irreali, posticci, esagerati, quasi da macchietta, invece, calando il personaggio in uno scenario moderno, li trovo piuttosto realistici (il che, pensandoci, non è un buon sintomo XD). Dico questo perché, tutti quei comportamenti o quelle reazioni di Anna, come ad esempio il fatto che inizialmente (a inizio film, dico) faccia quel discorso un po' cinico ma che subito dopo sembri molto felice di avere la possibilità di poter mostrare il proprio lavoro all'insegnante evidenziando così un reale desiderio di riuscire ad aprirsi (e mostrando perciò che il suo cinismo non è altro che una sorta di "guscio"), oppure quando, dopo essere scappata dalla festa, inizia a disprezzarsi (quella scena mi ha pure un po' ricordato la canzone Bad apple postata da Shito tempo addietro, a dire il vero XD), o anche quando ha quegli scatti d'ira, divenendo piuttosto irrazionale e sfiorando persino l'isteria, mi sembrano riflettere uno stato d'animo (ed un certo tipo di, diciamo, mentalità) che, in misura ovviamente minore, ho avuto già modo di osservare proprio in ragazzine di quell'età. Insomma, anche se non è ovviamente (ma neanche lontanamente) ai livelli dei protagonisti di un film, per dire, di Takahata, riesce ugualmente, in certi frangenti, a trasmettere in maniera genuina e realistica l'idea di un persona dei giorni nostri che, a causa della sua solitudine e dei suoi pesi interiori, ha sofferto parecchio e come reazione a questa sofferenza finisce col deprimersi e col chiudersi in sé stessa. Quindi, nonostante tutte le esagerazioni e forzature effettivamente imputabili a questo film, vi sono alcuni dettagli o sfumature che denotano quantomeno una certa cura nell'approfondimento di taluni aspetti della spicologia e dei comportamenti di alcuni personaggi, cosa che risulta, quantomeno per me, piuttosto apprezzabile.

E infatti, a pensarci bene, proprio uno degli aspetti che mi ha colpito di più di questo lungometraggio, e che, tra l'altro, mi ha nuovamente trasmesso la sensazione che questo film, nonostante il suo attenersi allo stile classico dello Studio Ghibli (e nonostante i suoi scivoloni), ha saputo ritagliarsi un proprio spazietto, è stata la storia del rapporto tra le due protagoniste con tutti i suoi risvolti potremmo dire quasi spicologici. Se inizialmente Marnie appare davvero come il classico principe azzurro destinato a salvare la principessa dal suo torpore, e quindi la loro si presenta come una relazione piuttosto sterile nonché banale sia dal punto di vista contenutistico che narrativo, man mano che la vicenda va avanti, e che il loro rapporto si intensifica, questa amicizia ritorna, almeno in taluni momenti, nel solco tracciato dalle altre storie Ghibli, ovvero in un legame sì intenso, ma allo stesso tempo piuttosto ingenuo e infantile (per intenderci, mi sembra per certi versi simile alla relazione tra Sheeta e Pazu "solo" con più leziosità), ma, con le rivelazioni che l'ultima parte della storia porta con sé, il rapporto tra le due ragazzine cambia nuovamente, e in modo piuttosto rilevante.
Se finora, infatti, ognuna delle due protagoniste si era sempre attenuta al proprio "ruolo", arrivati alla parte finale del film, essi iniziano a confondersi e mischiarsi. Nel senso che, se prima vi era una "salvatrice" ed una vittima da soccorrere, ora ambe due assumono il ruolo sia di salvatrici che di vittime.

Anna, invero, non è ancora riuscita a liberarsi completamente della sua apatia, ma, soprattutto, è ancora profondamente ferita dalle sue questioni familiari (il fatto che i suoi genitori l'abbiano "lasciata" e che coloro che l'hanno adottata ricevano soldi per il suo mantenimento), il che si traduce nella sua (continua?) paura di essere "abbandonata" e "tradita", ovvero esattamente ciò che poi accuserà Marnie dopo che questa era sparita dal silo. Quest'ultima, dal canto suo, nonostante, come dicevo, all'inizio appaia come il classico personaggio che ha sempre in pugno la situazione, in concomitanza con le prime rivelazioni sul suo passato, inizia a far trasparire anche lei una grande sofferenza e debolezza, finendo, così, con l'assumere il "ruolo" del personagio fragile appartenuto alla sua amica fino a poco prima (cosa fatta notare, se non erro, anche da una battuta di Anna). Quindi, fino a questo punto della storia, entrambe soffrono di diversi e talvolta profondi patemi d'animo. La soluzione a queste sofferenze, però, non arriva da un personaggio esterno, il classico deus ex machina, ma, e questa è tra le cose che più ho apprezzato del film, al contrario, la loro salvezza arriva esclusivamente da loro stesse!

Rimurginandoci un po' su, sono arrivato alla conclusione che la risoluzione di ognuna della due protagoniste sia divisa in due fasi distinte.
La prima fase, per Anna prima e per Marnie poi, io la individuo nel momento in cui, dopo che una delle due bambine rivela le proprie angoscie e paure più profonde, l'altra l'abbraccia fortemente. Forse sarà sdolcinato, forse stucchevole, forse banale, eppure, nonostante tutte le critiche (spesso pure fondate, direi) che si possono muovere, penso che in ciò qualcosa di pregevole ci sia ugualmente. Questo perché il punto non è, almeno da quanto ne ho capito io, semplicemente il ricevere un abbraccio affettuoso (dato che penso Anna ne abbia ricevuti diversi dai suoi genitori adottivi), ma, più che altro, è il valore e il significato che quell'abbraccio assume in quel momento ad essere di cruciale importanza. Questo abbraccio "risolutore", infatti, avviene solo dopo lo sfogo, dopo la liberazione da quei pesi interiori a lungo portati dalle ragazzine (ma, in questo senso, è il caso di Anna quello più eclatante), ovvero, avviene solo dopo che l'altra ha modo di comprende fino in fondo l'animo e i turbamenti della propria amica. In pratica, la loro è una vera e propria catarsi, indotta da quell'effusione d'affetto non solo totalmente disinteressata ma, sopratutto, "elargita" nella completa comprensione e accettazione dell'altra. In fondo, non erano altro che due bambine sole che cercavano qualcuno che le comprendesse e le aiutasse (che anche questo in fondo sia un elemento da melò, è assai possibile, però, nella mia modestissima opinione, penso che in questa risoluzione qualcosa di interessante ci sia).

La seconda fase della risoluzione (che però stavolta vede Marnie come protagonista) è, per entrambe, il loro dialogo finale, quello subito dopo la parte del silo, per intenderci. A questo punto, Anna è quasi completamente risolta: tutte le sofferenze, le debolezze e i risentimenti covati verso i suoi familiari sono stati praticamente spazzati via dall'abbraccio di Marnie (sempre secondo il mio ragionamento, chiaramente^^). Certo, quando si vede lasciata indietro dopo il temporale, quei sentimenti ritornano e stavolta indirizzati verso l'amica, questo perché, credo, visto che era stata "salvata" da Marnie, sentendosi in quel momento da lei tradita, era come se tutte le speranze, le sensazioni o, in sostanza, il suo "nuovo stile vita" non fossero altro che una bugia, questo perché, se la fonte di qualcosa è menzognera, allora così devono essere tutte le cose da lei derivate (è un concetto che personalmente trovo errato, ma che ho sentito tante volte e che penso si applichi bene alla mentalità della nostra protagonista). Perciò, ad Anna il dialogo finale non serve per apprendere qualcosa di nuovo o per cercare una diversa prospettiva, ma, bensì, solo per capire davvero se ciò in cui credeva post-risoluzione era vero e non solo una menzogna, quindi, per lei, quest'ultima parte risulta essere più che altro una "prova del nove" (anche se comunque ha la sua importanza perché, casoamoi non ci fosse stata, non è detto che si sarebbe completamente riappacificata con sé stessa e col proprio "passato", come spiegherò meglio fra poco).

Per Marnie invece, mentre l'abbraccio le era servito più che altro ad "esorcizzare" in parte le paure infantili causate dalle domestiche (trova, infatti, il coraggio di 'andare' al silo, ma, complice anche il fatto che a quel punto passato e presente si mischino, non riesce a debellare totalmente le sue fobie), è il discorso "dal balcone", in un certo senso, quello realmente decisivo per la sua persona. Premetto che qui la discussione diventa piuttosto fumosa, dato che la storia ed il personaggio di Marnie sono piuttosto contorte vista la sua oscillazione tra le diverse epoche che mi sembra renda la sua personalità e i suoi pensieri come una sorta di via di mezzo tra quelli della bambina che era una volta e quelli della donna adulta che è prima di morire. Ad ogni modo, nelle parole che si scambiano le due bambine nel loro ultimo dialogo, io vedo (delirium tremens? XD) un sovrapporsi di significati. Seguendo il filo della storia questo non è possibile, dato che la protagonista scoprirà la verità solo nelle ultime scene del film, eppure, col senno di poi, non riesco a fare a meno di pensare che il fine ultimo di quel dialogo non sia tanto (non solo, almeno) la riappacificazione di Anna con l'amica, ma, piuttosto, la sua riconciliazione con la propria nonna, e di conseguenza con la propria famiglia d'origine. Perciò, guardando quella parte con questo concetto in mente, mi viene da pensare che ciò che Marnie chiede realmente ad Anna, sia di essere 'perdonata' non per essere sparita dal silo, ma per essere morta e averla lasciata "indietro" e quindi sola (l'unica "prova" a questa mia ipotesi si troverebbe nelle parole e nei ricordi di Anna dopo che Marnie è scomparsa dal silo. Lì, infatti, parlando tra sé e sé, 'chiede' a Marnie qualcosa del tipo perché l'ha lasciata e tradita mentre vengono mostrati alcuni suoi ricordi di quando, diversi anni prima, soffriva per essere rimasta sola a causa della morte dei suoi genitori ed, appunto, della nonna). E penso che proprio in questo perdono si celi la risoluzione, o meglio, la "salvezza" di Marnie. Sì, proprio di una salvataggio (anche se più che altro "spirituale") penso si tratti poiché, dato che la sua vita è stata molto sofferta, funestata da diversi lutti e si è conclusa con molti rammarichi e sensi di colpa, non penso che sia poi così inverosimile immaginarla come una sorta di spirito inquieto (non vendicativo, ovvio) che cerca di trovare una soluzione alle proprie pene. E questa soluzione la trova, appunto, in Anna. Visto che quest'ultima è l'unica persona ancora in vita con cui era fortemente legata e verso cui prova dei rimorsi per averla lasciata a sé stessa e quindi in un certo senso per aver segnato negativamente la sua vita, fa "ammenda" aiutandola a superare i suoi traumi, tuttavia, per trovare davvero la pace, non è ancora sufficente poiché ha bisogno anche del suo reale perdono. E' questo, infatti, ciò che chiederà con tono quasi supplichevole (ma temo questo sia anche dovuto a quell'enfasi esagerata di cui accennavo prima) ad Anna. E lei, dopo tutto quello che è successo, cos'altro potrebbe rispondere se non "Ma è ovvio! Ti perdono! Ti voglio bene!" (mi sono basato sulla traduzione fatta da Shito del primo trailer giapponese, poiché oramai non ricordo più le parole esatte^^)? E, così, il cerchio si chiude: la salvezza di una diventa la salvezza dell'altra ed entrambe potranno perciò andare "avanti" (mmm, frasetta in genere piuttosto retorica, però in questo caso mi sembra calzare abbastanza bene).

In sostanza, a me questo è parso un film che per coprire le proprie mancanze ha deciso di curare molto la propria 'forma' abbellendosi con trucchi e fronzoli e che, per colpire gli spettatori, fa molto perno sull'emotività. Questo, per il mio modo di pensare, non è una cosa buona, poiché, come un'ubriacatura può inizialmente esaltare ed essere 'piacevole' ma una volta terminato l'effetto dell'alcol non rimarrà nient'altro che sensazioni confuse ed indistinte, anche il sentimento più forte, una volta affievolitasi la fiamma, non lascia altro che una sensazione di vuoto. Tuttavia, in questo grande schiamazzo di voci querule, petulanti o suadenti che siano che soverchia ogni cosa, vi sono anche alcuni bisibigli che descrivono cose reali e che contengono alcuni spunti di riflessione. Allo spettatore, sempre secondo il mio pensiero, il compito di districarsi nella non semplice (ma nemmeno impossibile) impresa di trovare e carpire ciò che di buono c'è.

Perciò, malgrado tutte le sue fragilità e ingenuità nonché le molte parti criticabili, voglio dire che questo film, "nonostante tutto, l'ho apprezzato".

Per concludere, una manciata di domande, dubbi, osservazioni e schiocchezze varie.

Shito, nell'altro thread dedicato a questo film, parlavi del calcolo che hai compiuto per sapere l'età effettiva di Marnie negli ultimi suoi anni di vita. A dire il vero, per un attimo ci avevo pensato anch'io che il suo aspetto non poteva davvero rispecchiare la sua età reale, però poi finì che lasciai perdere considerando la cosa di minore importanza. Tuttavia, leggendoti, la faccenda mi ha incuriosito di nuovo ^^. Il calcolo che mi accingo a fare si basa unicamente sulla mia memoria (che però è limitata dato che ho avuto modo di vedere il film per intero solo una volta e per giunta oramai 'parecchio' tempo fa) o su mie supposizioni, perciò è possibile che sbagli o mi sfugga qualcosa. Se ti va, mi piacerebbe poi sapere il tuo calcolo. Comunque, da quanto ne so, la Marnie che entra in contatto con Anna dovrebbe essere sua coetanea, ovvero dovrebbe avere 12 anni, mentre, quando si sposa con Kazuhiro, presumo ne abbia almeno 18-19, giusto? Diciamo allora che la figlia nasca all'incirca due anni dopo e che quindi a questo punto lei sia sulla ventina. In seguito le muore il marito ed a causa di questo, circa sei-sette anni dopo, "allontana" la figlia (quindi ora di anni ne dovrebbe avere 26-27 ed ha già i capelli grigi, se non erro), figlia che tornerà, presumo, una volta finite le medie, quindi dopo altri 7 anni (e a questo punto Marnie dovrebbe avere circa 35 anni). Qui diventa più confusa la storia, dato che non riesco né a ricordare né a presumere quanto tempo passi. Ma poniamo che fino alla morte dei genitori di Anna siano trascorsi 4-5 anni, supponendo che Anna sia nata dopo 2-3 anni e che i suoi genitori almeno un anno siano stati con lei (perciò ora Marnie dovrebbe veleggiare verso i 40). Infine, penso che la morte di Marnie stessa sia sopraggiunta 2-3 anni dopo aver adottato Anna e, quindi, la nostra co-protagonista dovrebbe essersi spenta prima dei 45 anni. Probabilmente avrò fatto qualche errore di calcolo, ma, dato che mi divertiva, ci ho voluto provare lo stesso XD Se possibile, ripeto, mi piacerebbe molto sapere il conto esatto :D

Non so se ci avete fatto caso, ma a me il film è sembrato estremamente ricco di citazioni e riferimenti, più o meno evidenti, alle altre opere Ghibli (ma non solo). Per dire, la macchina stracolma di cianfrusaglie con cui i parenti di Anna la vanno a prendere ad inizio film, non può non ricordare le prime sequenze di Sen to Chihiro, oppure, quando la ragazzina appena arrivata nella sua nuova abitazione posa la sua sacca su un tavolo nella stanza della figlia della parente, lì, per un attimo appena, sono sicuro che si veda l'incisione di un gatto (Jiji?) e alcune parole ("love" e qualcos'altro che non sono riuscito a leggere), mentre le piccole sculture che lo zio (?) crea intagliando il legno, sono estremamente somiglianti a Totoro, o, ancora, quando si accorge che Marnie non si trova più dentro il silo ed allora inizia a correre all'impazzata sotto la pioggia, la telecamera la "riprende" da un'angolazione che mi ricorda tantissimo la famosa fuga di Principessa dal banchetto. Ma anche il chara design di alcuni personaggi mi sembra omaggiare (anche se qui non escludo che potrebbero esserci anche alcune coincidenze) altri lavori di Miyazaki e Takahata, come, ad esempio, Toichi che mi sembra assai somigliante al nonno di Heidi (Arumo?), oppure Hisako che mi appare come una versione invecchiata di Naoko (mentre "Jiro" mi è sembrato di scorgerlo durante la festa del Tanabata, credo intento ad aiutare i bambini ad appendere sugli alberi quei - umh - fogliettini...?). E chissà quante altre cose che non ho notato o che ora non rammento! Insomma, anche se ciò potrebbe essere dovuto ai motivi più disparati, guardando questo film col senno di poi mi viene da immaginarlo come una sorta di 'omaggio' nonché di riepilogo, in vista di una possibile chiusura dello studio (o semplicemente causato dal ritiro dei due animatori), di tutte le opere Ghibli ed in generale del duo Miyazaki-Takahata. Ma forse sarà che in fin dei conti sono un "romantico" e mi piace vedere queste cose come omaggi a quei grandi lavori piuttosto pensare si tratti di un mero riciclo di idee. XD

Ho anche una semplicissima domanda: Marnie, nel passato, va nel silo perché la porta Kazuhiro? Se così fosse, mi domando quale sia stato il motivo di questa scelta e, soprattutto, perché poi l'abbia lasciata sola, almeno in un primo momento.

Infine, un momento ilare/demenziale: riflettevo sul fatto che Shito era piuttosto critico (lo considerava sintomo di un amore che acceca la ragione, direi quasi) sul fatto che la madre di Jiro, dopo che questi fa a botte per difendere un altro bambino, dopo solo un leggerissimo rimprovero, gli lasci prendere la colazione. Ecco, guardando gli zii (?) di Anna che, dopo che questa sparisce moltissimo tempo, dopo che viene ritrovata addormentata per strada di notte e dopo che insulta una sua coetanea e che addirittura la minaccia (questo ovviamente non è vero, però loro non potevano saperlo), ridono spensierati e, come se nulla fosse, dicono alla nipote (?) di andare a mangiare, beh, mi viene spontaneo immaginare la scena di uno Shito (mentre è a lavoro su quelle parti) scandalizzato che desidererebbe togliergli patria potestà, ficcarli in gattabuia e poi gettare via la chiave... LOL (ma più seriamente, aldilà di qualsiasi sistema pedagogico che uno possa adottare, quegli atteggiamenti sono davvero surreali, anche solo pensando al fatto che comunque loro aveva una certa responsabilità quantomeno morale, ma direi anche penale, verso di lei, dato che a loro era stata affidata dalla madre)

/fugge

P.S. quasi dimenticavo (sì, come no ^^), per quel che può valere, i miei complimenti a Shito e a tutti coloro che hanno lavorato alla versione italiana di questo film: anche stavolta, per me, avete fatto davvero un bel lavoro! ^^
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Re: Omoide no Marnie - 24-26/8/2015 - Hiromasa Yonebayashi

Messaggio da Shito »

Per me la naturalezza con cui gli Oiwa trattano Anna è ok - bello che Anna se ne sorprenda ogni volta, con gli occhietta da "ah, io esco e voi mi dice ciao e basta?". Il problema degli Oiwa, per me, è che sono tipo delle bestie. XD

Detto ciò, credo che troverai interessante il "making of" che sarà incluso come extra sul BD (solo lì, sul DVD non c'è). Si parla molto delle stesse cose che, argutamente, hai notato e ben enucleato tu.

Solo che tu come loro (gli autori del making of) sembrate dimenticarvi di un certo film Ghibli, ovvero:

T E R R A M A R E

In effetti Anna sembra la controparte femminile di Arren, o 'Shinja', se preferisci. E questo spiega tutto.

Cmq sì, ci sono nel film scene prese quasi di peso da ekonte di film di Miyasan. ^^;
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Re: Omoide no Marnie - 24-26/8/2015 - Hiromasa Yonebayashi

Messaggio da Sayonara no Natsu »

Innanzitutto, ti ringrazio per aver letto tutto il mio (milionesimo) WoT. ^^
Shito ha scritto:Per me la naturalezza con cui gli Oiwa trattano Anna è ok - bello che Anna se ne sorprenda ogni volta, con gli occhietta da "ah, io esco e voi mi dice ciao e basta?".
Mmm, effettivamente è interessante la reazione di Anna davanti a questa inusitata "libertà", però, non so, io ugualmente proprio non riesco ad apprezzare più di tanto nemmeno quella naturalezza o semplicità degli Oiwa. Forse esagero, però mi viene da pensare che sono personaggi messi lì unicamente per permettere alla storia di continuare (nel senso che, essendoci, la madre di Anna può mandare quest'ultima da loro per guarire, e da ciò poi, ovviamente, scaturirà tutto il resto). Li trovo abbastanza falsi, posticci, 'irreali'. Per dire, in Totoro, ad esempio, tutti gli abitanti delle campagne, i loro comportamenti nonché le varie situazioni di quiete generale che si vengono a creare sono tutte cose che Miyazaki ha creato idealizzando e ripulendo da tutte le brutture magari sensazioni o ricordi della sua infanzia, giusto? Ecco, tutte quei personaggi e quelle situazioni, se paragonate agli zii di Anna ed ai loro comportamenti, mi sembrano più realistiche, o quantomeno più sincere. Miyazaki ha preso i migliori aspetti della vita di campagna e dei comportamenti della gente che vive in questo luoghi e li ha resi comuni e costanti a tutti i personaggi, perciò ognuno SA già che le nonnine saranno sempre disponibili e sorridenti, i bambini adorabili e graziosi e cose, perciò si può notare una certa coerenza narrativa, diciamo (nel senso che ci viene detto fin da subito che quel mondo è in questa maniera, tuttavia però, grazie al fatto che sono stati tratteggiati con delicatezza, tutti i personaggi non risultano esagerati, forzati nella loro gentilezza ma [mi] fanno semplicemente pensare "oh, be', vuol dire che da loro è così"). Inoltre, nonostante idealizzati, quegli atteggiamenti sono comunque reali, infatti, posso dire che io stesso, in particolare nella mia infanzia, ho avuto avuto di osservarli da vicino proprio in persone di campagna. Quella gentilezza, quella "semplicioneria", degli zii di Anna, invece, la trovo molto forzata, posticcia. Non è nemmeno come il comportamento un po' sbarazzino, un po' sbadato dei genitori di Shizuku. No, no, sembano i classici genitori usciti da un anime random che, come due marionette a cui gli fanno malamente scimmiottare i comportamenti degli essere umani, sorridono ed annuiscono per tutto il tempo. Ripeto, forse esagero, però mi sono comunque sembrati i personaggi meno caratterizzati di tutta la pellicola (persino di Toichi, che non ha quasi battute ma che risulta, in particolar modo dopo aver letto la pagina di diario di Marnie che hai postato, decisamente più interessante).
Il problema degli Oiwa, per me, è che sono tipo delle bestie. XD
Immaginavo pensassi una cosa del genere, a dire il vero XD Però se tu comunque apprezzi la loro naturalezza, cos'è che trovi così insensato?

Detto ciò, credo che troverai interessante il "making of" che sarà incluso come extra sul BD (solo lì, sul DVD non c'è). Si parla molto delle stesse cose che, argutamente, hai notato e ben enucleato tu.
Uno dei miei più grandi timori mentre scrivevo era che mi ero sognato tutto io XD Almeno questo rischio sembra svanito, lol. Ora sono proprio curioso di sapere cosa viene detto in questo making of :)
Solo che tu come loro (gli autori del making of) sembrate dimenticarvi di un certo film Ghibli, ovvero:

T E R R A M A R E

In effetti Anna sembra la controparte femminile di Arren, o 'Shinja', se preferisci. E questo spiega tutto.

Emh, il fatto è, come dire, che io il film Terramare non l'ho proprio visto XD Giusto in questi giorni meditavo di guardarlo (non cercate di comprendere le mie elecubrazioni al riguardo... sono un caso clinico XD), vedremo se sarò capace di percepire le similitudini che mi stai ora accennando.
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Re: Omoide no Marnie - 24-26/8/2015 - Hiromasa Yonebayashi

Messaggio da nodisco »

Shito ha scritto:La mia fidanzata ha studiato giapponese con professori madrelingua, e a lei hanno detto 'sumimasen significa 'scusa' e 'grazie'' Lei si è arrabbiata e ha piantato un mezzo casino: susimasen vuol dire scusa, e i giapponesi se ringraziano per un un incomodo dato a qualcuno ringraziano dicendo 'scusa'.
Mah, non so se ho capito bene.
La tua fidanzata studia giapponese con professori madrelingua (quindi lei non è giapponese ma - presumo - italiana).
Gli insegnanti le dicono che 'sumimasen' può significare sia 'scusa' che 'grazie'.
Lei si arrabbia e dice che non è vero, e 'sumimasen' vuol dire solo 'scusa'.
Quindi tu traduci sempre 'sumimasen' con 'scusa' perché la tua morosa la pensa così, nonostante i suoi insegnanti madrelingua giapponesi dicano tutt'altro.
C'è qualcosa che non mi torna.
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Re: Omoide no Marnie - 24-26/8/2015 - Hiromasa Yonebayashi

Messaggio da Shito »

No, è il concetto di traduzione.

Ovvero: i giapponesi DICONO 'sumimasen' in varie situazioni. Sumimasen è una sola parola. Lo dicono quando si scusano perché recano incomodo. Quindi, lo dico se chiamano un cameriere 'Sumimasen!', lo dicono se ti hanno urtato, lo dicono però anche se a tavolta ti chiedono: mi passi il sale? Tu glielo passi e loro "Sumimasen." Si scusano per averti dato l'incomodo di fare qualcosa per loro.

Questa è la cultura Giapponese. Che è DIVERSA da quella italiana.

Ora il punto è se tu traduci la lingua, o adatti una cultura.

Se traduci la lingua, in Mimi wo Sumaseba il padre dice 'Ah, scusa' (in un certo modo) quando a tavola gli passano una cosa che aveva chiesto di passargli.

Se trasli la cultura, gli fai dire 'Grazie'. Perché un italiano, per la cultura italiana, in quella situazione direbbe 'grazie'.

Dettaglio: in Mimi wo Sumaseba a parlare non sono degli italiani.

Quello che volevo dire che le lingue si insegnano MALE. Si ingegna un lurido funzionalismo economico linguistici che UCCIDE la cultura che è intessuta DENTRO agli usi linguistici.

Quindi no, io traduco 'Sumimasen' come 'scusa' o come 'perdono' anche quando, in quella situazione d'uso, un italiano direbbe 'grazie'. Perché no, 'sumimasen' NON significa 'grazie'. Questa è un'IDIOZIA che viene MALAMENTE insegnata. Quello che bisogna insengare è la cultura, quello che bisogna insegnare è che i giapponesi chiedono scusa per un favore che gli viene fatto. Questo è il valore della traduzione. E questo è il motivo per cui, come sarebbe capitato a me, la mia consorte litiga anche con una madrelingua. Perché la logica della traduzione, dell'interlinguistica, prescinde da tutte le lingue - ed è esattamente ciò che manca nella nostra cultura.

L'adattamento italiano non è 'italianizzare' ciò che italiano non è. L'adattamento italiano dovrebbe esserse ciò che ti permette di capire, e indi valutare, e indi legittimamente apprezzare o disprezzare ciò che è diverso da te.
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Re: Omoide no Marnie - 24-26/8/2015 - Hiromasa Yonebayashi

Messaggio da nodisco »

Io quando tento di immaginarmi la scena della tua ragazza che si arrabbia con i suoi professori giapponesi pensando di saperne più di loro non posso che sorridere, non me ne volere.
E posso anche tentare di figurarmi cosa avranno pensato loro.

Per il resto, tutte le fonti che ho ricercato indicano fra i significati di 'sumimasen' anche quello di 'grazie', inteso come ringraziamento verso qualcuno che si è preso il disturbo di fare qualcosa per noi.
Anche in italiano abbiamo parole come 'prego' che vengono usate in occasioni e modi diversi, e traducendole per esempio in inglese si usa "please" o "you're welcome" a seconda dei casi: non credo però che nessuno abbia mai usato "I pray" per far intendere che noi, in Italia, usiamo una parola che invoca l'atto della preghiera. Come non si tradurrebbe 'ciao' con 'slave' perchè deriva dal veneziano 's-ciao', per dire.

Tornando al caso in questione, una formula come "ti ringrazio" implica già in maniera più diretta un ringraziamento per qualcosa che l'altro ha fatto per noi, e sarebbe forse stata più adatta.
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Re: Omoide no Marnie - 24-26/8/2015 - Hiromasa Yonebayashi

Messaggio da Haku91 »

Shito ha scritto:Quello che volevo dire che le lingue si insegnano MALE. Si ingegna un lurido funzionalismo economico linguistici che UCCIDE la cultura che è intessuta DENTRO agli usi linguistici.
Questo lo dici tu e, oltre a essere una tua personale opinione, non hai alcuna qualifica per darle una qualche valenza. Se un insegnante madrelingua giapponese dice che un termine ha un determinato significato, di certo uno studente italiano che sta imparando da lui non può contraddirlo. Oltre a essere irrispettoso nei confronti dell'insegnante, è una cosa che non ha senso.
Shito ha scritto:Questa è la cultura Giapponese. Che è DIVERSA da quella italiana.

Ora il punto è se tu traduci la lingua, o adatti una cultura.
Questo si ricollega alla frase sopra. Certo che devi adattare la cultura, perché è proprio non facendolo che tu uccidi (nella mente di chi guarda/ascolta) la cultura intessuta negli usi linguistici giapponesi. Se tu traduci sempre "sumimasen" con "scusa" (oltretutto sulla base di una tua opinione non condivisa da insegnanti madrelingua), lo spettatore non può che pensare che quando un personaggio dice "scusa" si sta scusando, perché quello è lo scopo del termine. Così, quando invece viene usato per ringraziare, lo spettatore avrà lo stesso pensiero che avresti tu se di dicessi "scusa" dopo che mi hai passato il sale, ovvero "scusa di che?", e chiaramente non ne capirà il senso. Questa è proprio violenza linguistica.
nodisco ha scritto:Anche in italiano abbiamo parole come 'prego' che vengono usate in occasioni e modi diversi, e traducendole per esempio in inglese si usa "please" o "you're welcome" a seconda dei casi: non credo però che nessuno abbia mai usato "I pray" per far intendere che noi, in Italia, usiamo una parola che invoca l'atto della preghiera. Come non si tradurrebbe 'ciao' con 'slave' perchè deriva dal veneziano 's-ciao', per dire.
Ma di esempi anche dall'inglese all'italiano ce ne sono a bizzeffe. Come se un dialoghista adattasse il suddetto "you're welcome" con "sei benvenuto" o "here we go again" con "qui andiamo di nuovo".
tasuku
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Re: Omoide no Marnie - 24-26/8/2015 - Hiromasa Yonebayashi

Messaggio da tasuku »

Haku91 ha scritto:lo spettatore non può che pensare che quando un personaggio dice "scusa" si sta scusando, perché quello è lo scopo del termine
O forse potrebbe - giustamente - rendersi conto che:

<<Capire un'altra cultura è difficile, nel migliore dei casi. Serve, come
dice Ruth Benedict, un certo rigore analitico per riconoscere le differenze,
anche quando sono sgradevoli. Il mondo non è un'unica fratellanza in cui,
sotto la superficie, in realtà siamo tutti uguali. Gli individui hanno prospettive
diverse, formate da interessi, storie, esperienza particolari. Se questo è vero
degli individui, sarebbe strano se qualcosa del genere non valesse anche per
le nazioni.>>
(Prefazione di Ian Buruma del libro Il Crisantemo e la spada di Ruth Benedict)

E' una sorta di rivoluzione copernicama, che mette al centro del lavoro di localizzione l'opera originale e non il pubblico che ne fruisce.

Postilla: pensare che la localizzazione che 'insegue' il pubblico consenta una miglior comprensione dell'opera e' solo un inganno.
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Re: Omoide no Marnie - 24-26/8/2015 - Hiromasa Yonebayashi

Messaggio da Nintendo Fever »

Vorrei fare un esempio banalissimo, una mia cara amica che ha visto con me moltissimi ghibli tra quelli fin'ora usciti al cinema, e altri che le ho prestato in BD, non ha mai trovato niente di strano in questi film.
Lei non è una che sta a guardare il doppiaggio o i dialoghi e mi odia quando le dico che in certi film i dialoghi non sono fedeli :loool: .
Eppure mi stava raccontando che stava leggendo un libro ambientato in Giappone e ha detto "È veramente bello vedere pe differenze tra la loro e la nostra cultura, il fatto che chiamano gli anziani nonnetta o nonnina e gli adulti zietta, proprio come nei film ghibli, si riesce davvero a capire la differenza tra due culture diverse in questo modo."
Ed è la stessa cosa che penso anche io quando guardo un anime adattato fedelmente all'originale, e mi dà fastidio quando in un film, tipo Tokikake (rivisto ieri coi sottotitoli), vengono omesse delle cose nel doppiaggio tipo "Zia strega", oppure frasi totalmente cambiate tipo " Strega... È davvero una strega" e nel doppiaggio dice una cosa totalmente diversa, proprio perché viene omesso il nomignolo "Zia Strega" in tutte le scene in cui lo dice.
Oppure quando un personaggio viene chiamato per cognome e nel doppiaggio italiano per nome...
Insomma sono diversi gli esempi che potremmo fare, sostanzialmente direi che non è giusto semplificare delle battute o modificarle perché il pubblico non vuole accettare un'altra cultura. Perché secondo me si tratta di accettare una cultura diversa dalla nostra, con tutti i suoi formalismi e i suoi modi di dire e fare.
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Re: Omoide no Marnie - 24-26/8/2015 - Hiromasa Yonebayashi

Messaggio da Shito »

Haku91 ha scritto:
Shito ha scritto:Quello che volevo dire che le lingue si insegnano MALE. Si ingegna un lurido funzionalismo economico linguistici che UCCIDE la cultura che è intessuta DENTRO agli usi linguistici.
Questo lo dici tu e, oltre a essere una tua personale opinione, non hai alcuna qualifica per darle una qualche valenza.
Sì, lo dico io ed è quello in base a cui opero io.

Non mi interessa neppure sapere quanti la pensino come me. Uno o un milione non fa alcuna differenza, per me. Qualcuno mi disse che c'era tutto un dibatti in accademia e che sì, qualcuno la pensa proprio come me (ovvero, meglio: io la penso come qualcun altro prima di me), ma in effetti non mi importa proprio.

Io sono il tipo di persona che cerca di vivificare il suo pensiero con la sua sola convinzione e con il suo stesso operato.
Non derogo il mio pensiero a:
-pensieri pensati da altri, e prima di me
-opinioni massimaliste, puntellate dalle cifre
-autorevolezze presunte in base a titoli o gagliardetti
-religioni di ogni genere e sorta
-usi e costumi di ogni genere e sorta

zero, non mi interessa nulla di tutto ciò, mi spiace. Anzi, no, non mi spiace neppure. Perché dovrebbe spiacermi?

Quando ho studiato, ho studiato varie cose, ho spesso contestato vari docenti, altri li ho apprezzati, e non ho fatto mistero né del dissenso né dell'assenso. L'uno o l'altro sono eventi incidentali, più o meno, e l'uno e l'altro contribuiscono giustamente alla formazione del pensiero individuale.

(Ti faccio anche notare che un insegnante madrelingua non sono "gli" insegnanti madrelingua. Hai una visione molto a tuo comodo degli esempi particolari che ti si presentano, perché li generalizzi strumentalmente. Si nota. I tuoi interlocutori non sono degli stupidi, non prenderli come tali - grazie.)
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Re: Omoide no Marnie - 24-26/8/2015 - Hiromasa Yonebayashi

Messaggio da Shito »

nodisco ha scritto:Io quando tento di immaginarmi la scena della tua ragazza che si arrabbia con i suoi professori giapponesi pensando di saperne più di loro non posso che sorridere, non me ne volere.
E posso anche tentare di figurarmi cosa avranno pensato loro.
Mah, l'accademia è strana. E anche molto, molto autoreferenziata. Una volta stava seguendo un corso di *trascrizione*, ripeto TRASCRIZIONE di documenti cinquecenteschi e il docente pretendeva che da 'homini' si TRASCRIVESSE 'uomini', al che lei prima ha litigato col docente, e poi semplicemente se n'è andata dicendo tipo che era ignorante lui e rendeva ignoranti i lettori della sua 'trascrizione'. ^^

Però per esempio l'altra settimana con un docente della Normale di Pisa ci siamo trovati moltissimo.

Vedi, Nodisco, più spesso che no chi riceve una materia prendendola come pacificamente risolta dall'autorevolezza accademica ha in effetti derogato ad altri le sue funzioni intellettive. C'è chi non riesce a fare ciò.
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Re: Omoide no Marnie - 24-26/8/2015 - Hiromasa Yonebayashi

Messaggio da Haku91 »

tasuku ha scritto:E' una sorta di rivoluzione copernicama, che mette al centro del lavoro di localizzione l'opera originale e non il pubblico che ne fruisce.
Dimentichi un piccolo particolare: la fruizione non è solo al centro della localizzazione, ne è proprio la ragion d'essere. Si adatta un film per farlo comprendere al pubblico estero (oltre che per un ritorno finanziario). Tolto questo scopo, la localizzazione non ha più senso e rimane una cosa fine a sé stessa, tanto vale non tradurre nulla e hai fedeltà e cultura giapponese pura senza spendere soldi ed energie. Sulla questione della rivoluzione, è una cosa che ti inventi tu. Come se io domani mattina mi svegliassi e decidessi di mangiare le bistecche col cucchiaio in nome di una rivoluzione copernicana. I miei genitori non mi imiterebbero, mi manderebbero da uno psichiatra.
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Re: Omoide no Marnie - 24-26/8/2015 - Hiromasa Yonebayashi

Messaggio da Penauts »

Non è che adesso i film ghibli non si capiscano, eh!
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Re: Omoide no Marnie - 24-26/8/2015 - Hiromasa Yonebayashi

Messaggio da Sayonara no Natsu »

Ohilà! Mi rifaccio vivo perché, mentre seguivo con interesse la discussione, mi sono sorte un paio di perplessità che volevo esprimere.

Questa, probabilmente, è solo una schiocchezzuola che non ha molta attinenza col discorso che state facendo, però desidero scriverla lo stesso poiché riguarda pure un argomento su cui sono piuttosto "sensibile". ^^

Non moltissimo tempo fa, Haku, hai scritto, in questo stesso thread, "La distinzione tra opere e robaccia è prettamente soggettiva, quindi meritano lo stesso trattamento". Devi sapere che io ho un rapporto di amore/odio con il relativismo. Semplificando, diciamo che, da un lato, penso che sia solo un modo sciocco ed infantile nonché totalmente insensato di "cavarsi dai guai", poiché si difende la propria posizione evidentemente sbagliata facendo leva sul fatto, appunto, che "tutto è relativo". D'altro canto, mi sembra uno "strumento" che permette di eliminare o comunque di individuare buona parte delle insensatezze nate dalla cecità o ottusità dovuta alla nostra ristretta visione delle cose, e, quindi, permette al suo utilizzatore di fare una "tabula rasa" di tutti i preconcetti e, di conseguenza, permette di avere, paradossalmente, una visione il più possibile universale e, probabilmente, sensata. Diciamo semplicemente che, sebbene abbia più punti in comune con Socrate, apprezzo moltissimo Protagora e un pochino pure Gorgia, mentre disprezzo tutti gli eristi (successivi). Ad ogni modo, io non ero particolarmente convinto della correttezza tua affermazione (o meglio, della prima parte), poiché significherebbe considerare allo stesso livello qualsiasi opera sia soggetta a soggettività, quindi, ad esempio, dovremmo considerare le opere dei più grandi musicisti alla stregua dei suoni prodotti da un bambino che per gioco schiaccia i tasti di un pianoforte, poiché la "bellezza" di qualcosa dipende anche da chi la osserva/ascolta e quindi, almeno in teoria, potenzialmente qualcuno potrebbe apprezzare di più i suoni prodotti dal bambino (inoltre, è anche un concetto praticamente avulso dalla realtà, poiché darebbe motivo di esistere a qualsiasi mediocrità/assurdità che in un contesto minimamente logico/sensato verrebbero immediatamente eliminate [quantomeno basandosi sui danno che provocherebbero]). Ma siccome mi sembrava un comportamento un po' pretestuso da parte mia mettermi a fare le pulci ad un discorso su un singolo punto, evitai di rispondere, nonostante rimanessi dell'idea che un relativismo tanto estremo, sebbene possa avere un senso da un punto di vista ideologico, porterebbe semplicemente ad un caos in cui non si capirebbe più niente, rischiando anche di essere molto dannoso. Ora, tuttavia, ho notato che più e più volte hai rimarcato il valore del giudizio dei critici/adattori passati e presenti "più importanti" e, inoltre, nel tuo ultimo messaggio tacci Shito di non avere "alcuna qualifica" per avvalorare le sue tesi. Questo, devo ammetterlo, un po' mi sorprende. Da quanto ne so, un vero relativista non dovrebbe dare alcun valore a nessun riconoscimento e dovrebbe disprezzare più di chiunque altro i critici di professione, poiché essi spacciano il loro giudizio (quindi nemmeno quello della maggioranza della popolazione - che in sé non vale nulla neanche questo, ma quanto meno ha [dovrebbe avere] più probabilità di avvicinarsi ad una qualche verità) come l'unica verità e rischiano di creare, così, una convizione errata in tutti coloro che li leggono credendo che una persona che ha "delle qualifiche" non possa sbagliare. Prendila più come una domanda che come una critica, ma ora ti vorrei chiedere: sono io che fraintendo qualche punto del tuo ragionamento, o effettivamente c'è qualcosa nel tuo pensiero che non torna? ^^

Questa è più legata alla discussione che state portando avanti, anche se forse è anche questa più che altro una mia semplice riflessione/dubbio.
Certo che devi adattare la cultura, perché è proprio non facendolo che tu uccidi (nella mente di chi guarda/ascolta) la cultura intessuta negli usi linguistici giapponesi
Penso questa sia una faccenda molto delicata, azzarderei dire anche rischiosa. Da quanto scrivi, penso di non cadere in fallo dicendo che tu un proverbio, ad esempio, di un'altra nazione lo vorresti tradotto con un altro (magari di significato analogo) della tua lingua, giusto? Questo perché, immagino, tu desideri che una frase in italiano produca sugli italiani lo stesso effetto (sensazione) che la versione originale produce verso i suoi spettatori. A questo punto vorrei chiederti una cosa. Nel caso ci fosse una persona che volesse adattare TUTTO alla nostra cultura, tu cosa gli risponderesti? Bada che questo non è un esempio forzato o esagerato, visto che di casi simili ce ne sono stati parecchi. Se utilizzando il tuo stesso pensiero, un adattatore volesse trasfigurare oggetti, cibi, nomi di una determinata cultura per renderli più comuni e perciò più facilmente comprensibili a noi, tu cosa gli risponderesti? Esattamente, su COSA lo contesteresti? Potrà giustificare ogni scelta dicendo semplicemente che è per permettere la migliore comprensione possibile al pubblico del proprio paese, poiché, effettivamente, quanti possono essere gli italiani che, senza nessuno "studio" fatto in precedenza al riguardo, sanno cosa sia il ramen o cosa gli yen? E tu, mi domando, con quale discorso logico potresti dimostrargli che lui è in torto senza, però, cadere nell'ipocrisia?

P.S. wow, incredibile! Sono riuscito a terminare un messaggio senza sforare i ventimila caratteri XD
Benjamin was the only animal who did not side with either faction. He refused to believe [...] that the windmill would save work. Windmill or no windmill, he said, life would go on as it had always gone on– that is, badly.

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Re: Omoide no Marnie - 24-26/8/2015 - Hiromasa Yonebayashi

Messaggio da Haku91 »

Sayonara no Nastu ha scritto:Ad ogni modo, io non ero particolarmente convinto della correttezza tua affermazione (o meglio, della prima parte), poiché significherebbe considerare allo stesso livello qualsiasi opera sia soggetta a soggettività, quindi, ad esempio, dovremmo considerare le opere dei più grandi musicisti alla stregua dei suoni prodotti da un bambino che per gioco schiaccia i tasti di un pianoforte
No mi hai frainteso, la mia affermazione era diretta principalmente al lavoro che un dialoghista o chi supervisiona la localizzazione dovrebbe riservare a un film. Ovvero, che un film sia "opera" o "robaccia fatta per piacere alla gente", esso va adattato esattamente allo stesso modo. Per il resto hai ragione tu.
Sayonara no Nastu ha scritto:Nel caso ci fosse una persona che volesse adattare TUTTO alla nostra cultura, tu cosa gli risponderesti?
Che sarebbe allo stesso livello, se non peggio, di chi non vuole adattare nulla. Esistono le mezze misure, i compromessi, e l'abilità di un dialoghista sta proprio nel bilanciare fedeltà e fruibilità. Gli estremismi non sono mai un bene. Il mio ragionamento comunque si basava solo su questioni linguistiche. Ad esempio in questo film, per tornare un attimo in-topic :) , è perfettamente normale che il vestito usato per la festa venga chiamato con il suo vero nome giapponese (che al momento non ricordo) piuttosto che come "il vestito", un espediente che avrebbero di certo usato 30 anni fa.