Grazie per il bell'intervento, culturalizzante per tutti.Sayonara no Nastu ha scritto: Secondo quanto dice nello Über die Verschieden Methoden des Übersetzens, inoltre, sono solo due i cammini che il vero traduttore può intraprendere, o meglio, far intraprendere; è, quindi, al traduttore che rimane la scelta tra il lasciare lo scrittore il più tranquillo possibile e far sì che sia il lettore ad andargli incontro, o, al contrario, lasciare il lettore il più sereno possibile e far sì che sia lo scrittore a dirigersi verso il mondo linguistico di questi. Si tratta in sostanza dell'eterno dilemma del traduttore: dico ciò che l'autore ha detto, o dico quanto egli intendeva esprimere? Nel primo caso la traduzione è più o meno letterale ed il suo lettore deve interpretarne il senso, mentre nel secondo caso l'interpretazione è fatta dal traduttore ed il lettore del testo tradotto riceve un lavoro più comprensibile ma meno fedele all'originale. Nel primo caso c'è il rischio di perdere il concetto che l'autore voleva esprimere, nel secondo caso c'è il rischio di presentare il punto di vista del traduttore e non quello dell'autore. Per Schleiermacher, chi si appresta ad una traduzione deve assolutamente scegliere fra uno di questi due metodi.
Questo è esattamente il motivo del dibattito che si sta verificando in questo momento. Stiamo assistendo allo scontro di questi due metoti e, come dice il testo appena citato, molto difficilmente arriveremo ad una conclusione in cui uno dei due si dichiarerà sconfitto...
Nella tipica teoria della traduzione, credo si parli di "traduzione filologica" e "traduzione domesticata". Ma siccome a me non piace, in dottrina, attaccarmi a significanti che sembrano eclissare il reale senso del significato, quando insegno traduzione e adattamento parlo di 'traduzione alla Topolino' e 'traduzione alla 'Pippo': sappiamo infatti che Topolino è scrupoloso e metodico, Pippo un po' uno sciattone facilone. ^^
Credo tuttavia che i termini della diatriba classica siano troppo stringenti: non esiste (non dovrebbe esistere) una traduzione tanto letterale da rendere incomprensibile, o sgrammaticato, il testo tradotto nella lingua d'arrivo Qui non si tratterebbe di letteralità, si tratterebbe di scorrettezza pura e semplice. Il fantasma della "traduzione letterale" spesso sventolato sin dal liceo come orrido esempio di illeggibilità, e su queste pagine riportato da alcuni, in effetti non esiste - non nei termini in cui lo si pone.
Più sensatamente, si dovrebbe parlare di due possibilità di polarizzazione di una traduzione/adattamento: polarizzazione verso il rigore dell'aderenza contenutistica e formale all'originale, o verso l'agio e la confortevolezza nella lingua d'arrivo?
In questi termini, la questione si fa ben più legittima, non trovate?
Però però, c'è da dire che mentre il rigore d'aderenza filologica è -rigorosamente appunto- radicato sull'oggettività delle cose, al contrario la ricerca dell'agio e la confortevolezza per il pubblico si basano sul personalissimo gusto e soggettiva percezione del traduttore, un singolo uomo, e sulla sua pia presunzione interpretativa dei gusti e degli usi del pubblico stesso. E difatti, NON A CASO, è questa seconda tendenza ad aprire le cataratte del cielo delle più fervide invenzioni e travisamenti del testo: perché i suoi confini non possono essere basati su nulla di oggettivo!
Per intenderci, si potrà legittimamente dire che talune delle battute da me scritte "*mi* suonano strane", ma si troverà che sono, obiettivamente, espresse in italiano corretto e obiettivamente fedeli all'originale.
Al contrario, volendosi legittimare nell'idea di "renderMI le cose più agevoli all'ascolto", si arriva alla giustificazione di introduzioni del tutto deliberate di concetti completamente assenti nell'originale, come si è visto (l'odio a offuscare le pupille, che in originale proprio NON C'E', non c'è e basta - o la "anziana saggia", dove in originale mai si parla, si sottende o si implicita nulla di simile), o ancora di tali e tante ancor peggiori e immotivabili invenzioni belle e buone.
Diciamo che, tra Topolino e Pippo, nell'ambito del "lavoro su opera altrui" io ancora e ancora vedo e riconfermo le ragioni della mia scelta.
Nel campo della creazioni di opere proprie, il gusto di ciascun autore è invece totalmente sovrano, con pari legittimità a prescindere dalla scelta intrapresa.