Twistor ha scritto:Ciao a tutti, sono nuovo del forum, ma è un po' di tempo che leggo le news, in particolare per quanto riguarda i film dello Studio Ghibli.
Volevo approfittare di questa discussione, figlia dell'uscita di Mononoke Hime al cinema, per chiedere un chiarimento a Shito riguardo la struttura delle frasi.
Premetto che ho visto quasi tutti i film dello Studio Ghibli e non ho avuto particolari difficoltà a seguire i dialoghi (tranne forse in PomPoko e in qualche punto di Mononoke Hime, qualche giorno fa al cinema).
Ho letto alcuni post in cui hai raccontato di quando hai iniziato a far caso, nelle conversazioni, alle questioni riguardanti tema/rema e dislocazioni.
Ecco, fondamentalmente ho notato che nel seguire un generico film dello Studio Ghibli adattato da te, ho la sensazione (alcune volte) che i dialoghi siano poco fluidi (pur comprendendoli; quindi è un'opinione soggettiva), mentre ad esempio, per rimanere in tema di animazione, durante la visione di film come "Wolf Children", i rebuild di "Evangelion", i film di "Gurren Lagann", "Una lettera per Momo", la vecchia versione di "Sen to Chihiro no kamikakushi" e altri, questa sensazione non l'ho provata.
A questo punto, dato che non mi sono messo ad analizzare la costruzione delle frasi, la mia domanda è: questa sensazione di "strano a sentirsi", potrebbe essere figlia della costruzione delle frasi, operata da te?
Sinceramente non ho particolari critiche da muovere riguardo l'adattamento, infatti mi sono goduto serenamente tutti i film finora usciti dello Studio Ghibli grazie a Lucky Red, ma non posso negare questa sensazione di "stranezza" in alcuni dialoghi.
Quindi mi chiedevo, se il pattern che segui per la costruzione delle frasi discende dall'osservazione delle conversazioni nella realtà (e che per questo dovrebbe risultare molto familiare), anzi di seguire una struttura "standard" (la classica SVO, che se non sbaglio si trova in genere sui libri), perché talvolta mi sembra strana e legnosa, rispetto alla struttura delle frasi usata in altri film/libri?
Ovviamente, non ti sto chiedendo di dirmi perché a me sembri strana, ma volevo un parere su questa questione. Inoltre volevo chiederti se avevi visionato qualcuno dei film non Ghibli, da me citati, per sapere lì che struttura hanno le frasi.
Ad esempio Wolf Children, l'ho percepito molto fluido e scorrevole (ma anche qui, è qualcosa di soggettivo), anche se con rammarico non è esente da scelte di adattamento sbagliate (quando la mamma Hana dice la filastrocca a Yuki, in Italiano il testo originale "omiyage mitsu, tako mitsu", viene tradotto con una frase che non c'entra nulla "se promessa infrangerai, saranno guai", piuttosto che in "tre doni, tre aquiloni" come tradotto nel manga).
In tale direzione ti chiedo un'altra cosa: qualora ci fosse effettivamente una tale differenza strutturale nella costruzione sintattica delle frasi operata da te, rispetto a quella operata nei copioni degli altri film da me citati, posso chiederti per quale motivo adotti un tipo di adattamento di questo tipo?
Non è ironico, o un'offesa. Intendo dire, ci sono motivi oggettivi come nel caso della traduzione fedele delle parole, per scegliere di usare una sintassi con molte dislocazioni e così preponderanti utilizzi di rema/tema?
Non credo ci sia un legame con la sintassi Giapponese, perché l'adattamento è in Italiano, e sinceramente spero che non sia una scelta figlia della statistica da te fatta in questi anni sulle conversazioni "de visu" nella realtà. Insomma, sarebbe una statistica fallata, tanto quanto quella degli spettatori pro/contro i tuoi adattamenti (a gusto soggettivo), o tanto quanto quella relativa alle famiglie che hanno la scatoletta dell'auditel in casa. Per carità, è vero che non si parla sempre come SVO, ma nemmeno una frase ogni due si ha una struttura con dislocazioni... Dato che non so, vorrei qualche chiarimento su questo aspetto dell'adattamento (e nel caso, se qui, non essendoci oggettività, si riesca a creare una resa più fluida).
In ogni caso ci tengo a sottolineare, che frasi come quella del padre di Arrietty "quel che gli umani faranno da qui innanzi, per sondarlo approfonditamente, non sarà troppo tardi" o l'ultima che ha fatto molto scalpore "discernere con pupille non offuscate", le ho trovate chiare (= ne avevo compreso il senso) già durante la visione dei rispettivi film, così come non ho riscontrato problemi in termini come "imperitura" o altri che ora non mi vengono in mente.
Viceversa ho avvertito diverse difficoltà in "PomPoko", in qualche frase di "Mononoke Hime" (una su tutte, quella che dice uno degli anziani al villaggio quando Ashitaka sta parlando con l'anziana Hii), in alcune frasi di "Kiki" (non ricordo bene, ma se non sbaglio una frase che mi era suonata male, era quella pronunciata da Kiki in una telefonata ricevuta in panetteria) e in alcune frasi de "La collina dei papaveri".
Non potevo non confidarti questi dubbi riguardo l'adattamento, nonché le sensazioni diverse che percepisco rispetto all'italiano e alla scorrevolezza di altri film o libri, data la possibilità di poterti scrivere online e la tua disponibilità.
In conclusione, ti chiedo possibilmente qualche chiarimento su queste cose.
Ringrazio per l'eventuale risposta, e per il lavoro minuzioso che fai sull'adattamento dei film Ghibli.
Salve, chiedo scusa se non ho dato ancora risposta a questo interessante ed educato messaggio, del quale ringrazio, e che ho quotato in toto proprio a causa del colpevole ritardo con qui rispondo, mi scuso ancora.
Dunque, tema per tema:
Sulla questione 'dislocazioni linguistiche', la pagina di wikipedia che quotavo sopra giustamente le annovera come cosa *comune* e *soprattutto nella lingua parlata*.
Tipicamente, si tratta di una variazione diamesica: il 'mezzo' è il fatto che si tratti di 'lingua parlata' (dialogo).
Quindi io qui scriverei che ieri ho visto Mononoke Hime, e che Mononoke Hime è davvero fantastico. Su un forum si scrive. ^^;
Ma parlando, molto probabilmente direi "E' davvero fantastico, Mononoke Hime!"
La ragione della dislocazione, nel parlato, è proprio quella della 'priorità del rema sul tema' nella produzione di lingua in tempo reale. Siccome il rema, il contenuto comunicativo della frase, è che "è fantastico", parlando prima dici quello, e poi, a posteriori, recuperi la contestualizzazione, il tema, ovvero nel nostro caso il soggetto, ciò che è fantastico: Mononoke Hime. Nel parlato, a livello funzionale spesso il soggetto di una frase nominale diventa quasi un complimento di limitazione di fatto dell'espresso nominale stesso, che è il centro rematico.
Non so se se io sia riuscito a farmi capire (scrivere di metalinguismo non è mai semplice, leggerlo neppure), ma che questo semplice fatto spesso sembri coincidere con l'ordine sintattico giapponese è solo perché nel giapponese si usa molto spiccatamente un "primato del tema" nella costruzione delle frasi.
Chiaramente, non vi è neppure in me l'idea di "devo usare apposta quante più dislocazioni possibili perché così la lingua sarà più dialogica". Semplicemente, non mi limito all'uso della stretta forma SVO, ammettendo e usando spontaneamente le dislocazioni quando mi pare opportuno usarle. Pure nei copioni che scrivo ci sono frasi SVO, certo.
ASHITAKA: "Dareka... te wo kashite kure!"
ASHITAKA: "Per piacere... qualcuno venga a dare una mano!"
Il 'qualcuno' in giapponese è 'Dareka', mentre il senso di 'per piacere' è dato dalla terminazione verbale in -kure. ome vedi, non ho scritto "Qualcuno... dia una mano, per piacere!" - che sarebbe la fantomatica traduzione letterale, comprensiva di un ordine sintattico quanto più prossimo all'originale.
Si nota che la frase è puramente, canonicamente SVO.
Ed è SVO anche la famosa:
"Se discernerai ogni cosa con pupille non offuscate, allora... potresti trovare un modo per spezzare quella maledizione."
La frase che citi di Arrietty, invece, che è assai segmentata (c'è praticamente una doppia dislocazione) neppure io la trovo molto felice, come resa italiana, e questa è una cosa che ho già dichiarato. ^^
La frase dell'anziano emishi:
ANZIANO Battuti nella battaglia con lo Yamato… sono più di cinquecento anni che ci celiamo in queste terre. E ora, dicono che la forza del sovrano dello Yamato stia appassendo… e che anche le zanne degli shogun si siano spezzate. Tuttavia, anche il sangue della nostra stirpe si è altresì sciupato. In un momento simile, che il giovanotto dato a divenire il capo della stirpe si metta in viaggio per l’ovest... potrebbe essere il destino.
Direi che è tutta SVO - come mai l'hai trovata difficile, a parte l'anzianità del personaggio e della'attore (scelta questa assai aderente all'originale)?
In genrale, mi pare che la difficoltà di percezione nasca spesso da un insieme di cose. Terminologia ricca e variegata, Registri linguistici ricchi e variegati. Non a caso, direi, proprio Ponpoko e Mononoke sono gli esempi più fulgidi di una simile ricchezza del testo originale, riproposto nel testo da me adattato, con buona pace di chi vorrebbe sempre tutto un po' semplificato per il suo proprio comodo di fruitore.
Non ho visto i prodotti animati che citi. In genere, ritengo che la norma del doppiaggio italiano sia semplificare i testi originali, confezionarli con una maniera forzosamente didascalica, e recitarli in maniera del tutto sovraenfatica e spinta, che mi pare del tutto ridicola. Sono maniere del nostro doppiaggio a cui il pubblico è avvezzo, ma che al mio orecchio trasformano pressoché in commedia dell'arte o sceneggiata quasi ogni film doppiato in italiano. Questa è una cosa che disprezzo molto, e che senz'altro evito.
C'è tuttavia anche da ricordare che spesso si presume completamente "alla cieca" la semplicità del testo originale nella sua lingua madre per il suo pubblico originale. Spesso non è affatto così. Per esempio, proprio nel caso di Mononoke Hime spesso nell'originale vi sono arcaismi lessicali e sintattici, o anche cose proprio inventate dall'autore, al punto che non è affatto difficile, facendo ricerca sui termini (come chiaramente ho fatto), incappare in pagine e pagine di fan giapponesi che si chiedono cosa significhi questo, o cosa significhi quello. E questo è un fatto A.
Un fatto B è che è mia forte convinzione ritenere di rendere la cifra stilistica dell'originale. Quindi, per esempio, anche se Kiki dice una cosa molto usuale in giapponese, ovvero "Ohayou gozaimasu", non sta dicendo solo "Ohayou". C'è questa variazione, perché Kiki è molto molto educata, mentre chi le risponde, Osono, è alla mano. E questo si rispecchia nella variazione del saluto. Quindi io *adatto* il primo in "Le auguro un buon giorno", il secondo in un comune "Buongiorno". Si dirà che non è 'usuale' sentire una bambina italiana dire "Le auguro un buon giorno", ma il punto è che Kiki non è una bambina italiana in italia, è un personaggio inventato e scritto da un giapponese. Quindi lei parla come parla lei, e io devo rendere quello - non devo re-inventare il personaggio "all'italiana". Naturalmente, non c'è nulla di difficile in "Le auguro un buon giorno!", giusto? Eppure, c'è chi si lamenta anche di quello. Per l'ingiusta, illegittima pretesa di dimenticarsi che un prodotto straniero è e resta straniero anche se tradotto nella nostra lingua.
Proprio questo punto, più volte ribadito da me in wuesto forum, e ri-quotatomi anche da Heimdall in questa discussione, credo sia cruciale.
Un adattamento non deve "italianizzare" un'opera straniera. Deve correttamente trasporla IN italiano, ma non renderla "italiana". Il contenuto, la cifra e la marca stilistica dell'originale *straniero* debbono essere quanto più conservate, preservate nell'adattamento. E' normale che il risultato finale sarà sempre "un po' strano per le nostre orecchie": è un'opera STRANIEra, no?
Capisco che a una parte del pubblico comodona, scarsamente interessata ai contenuti, tutto questo non importi affatto. Ma io devo fare del mio meglio per far sì che quanto più dell'originale sia preservato nei miei adattamenti, e sia lì per chi vuole capirlo, per chi vuole coglierlo. Non per dire "bravo" a me, ma per capire e cogliere l'originale in quanto tale. Del resto, anche se in Italia è cosa spesso usuale, mica si può far pagare "ai migliori" (nel caso: quelli che vorrebbero capire) lo scotto della presenza de "i peggiori" (quelli che non gliene frega niente), no?
Infine, una digressione per voi tutti - in particolare per chi in questa bagarre sciocchina mi pare mostrare ottima lucità e serio interesse per l'opera e il suo contenuto, a cui rendo grande merito.
Chi come noi è venuto da "I Cavalieri dello Zodiaco" e "E' Quasi Magia Johnny" ha sviluppato, nei primi anni novanta una "nuova coscienza" di quanto male fossero fatte le localizzazioni italiane delle cose che amavamo e amiamo. Risalendo all'origine della nostra passione, negli anni della pionierisitica italiana dell'intrattenimento giapponese proposto come tale, ovvero constante della sua marca di provenienza, abbiamo sempre avuto ben chiaro qualche fosse il punto focale: avere la cosa vera, avere traduzioni corrette, essere certi che i prodotti che amiamo non fossero travolti.
La mia sensazione è che dopo più di vent'anni, vent'anni che per la loro maggior parte mi hanno tra l'altro visto lavorare personalmente e spingere sempre in questa direzione, una buona parte di quegli stessi appassionati si siano "adagiati" sull'idea che "ok, ormai le cose stravolte come negli anni '70 non le fanno più" - e quindi sprofondati in poltrona come vecchi gigioni che abbiano dimenticato l'attenzione al contenuto, mentre sia rinata in loro la voglia della comprensione comoda e facile, delle cose "fatte apposta per te, pigro consumatore".
Su questo tema, per chi fosse interessato, avevo fatto una disamina *puntuale* su due casi *reali* proprio qui:
viewtopic.php?f=21&t=3672
Qui confronto, PUNTO SU PUNTO, di due adattamenti di Laputa, entrambi a mia cura.
Si denota come il secondo sia molto più "parlato", meno retorico, e molto più "scorrevole" e "idiomatico" in italiano. Oltre che più preciso e fedele, si capisce.
Tuttavia, se il primo NON sollevò alcuna critica, il secondo ne aveva sollevate.
Davvero invito tutti coloro che fossero interessati alla questione qui in esame a leggere almeno il topic starter di quel thread. Potrebbe essere interessante.