Il film finalmente ha avuto in italiano il senso che ha sempre avuto in originale!

Chi è interessato a capirlo, ora potrà farlo anche qui!
Grazie per essere tra gli interessati.

Moderatore: Coordinatori
;_;Arcuum_ocra ha scritto:Ho visto il film, finalmente con un adattamento non volto a distorcere, ad aggiungere, a modificare, a sottrarre o a mettersi tra me, spettatore, e il film ma con il preciso intento di portare il film al pubblico italiano. Nel 2000 ho visto le stesse immagini, ma un altro film distantissimo da quello di Miyazaki. Nel 2014 l'ho finalmente visto come avrei dovuto 14 anni fa.
Finalmente non ho trovato qualcuno che volesse a tutti i costi infilare a forza la glossa del film all'interno del film stesso. La qual cosa non solo è palesemente inopportuna (le due cose devono sempre rimanere distinte, altrimenti si finisce a confondere l'una con l'altra), ma per di più dimostra la scarsissima opinione che si ha dello spettatore, di fatto sminuendone e insultandone la capacità di cogliere o approfondire ciò che è diverso e distante e impedendo poi di arricchirsi con ciò che ne deriva. Del resto, se avessi voluto vedere un film che fosse vicino alla cultura italiana, alla lingua che sento spesso usare in pubblico o alla radio o alla televisione (per non parlare di internet) non sarei mai andato al cinema a vederne uno di 17 anni fa, giapponese e per di più ambientato nel periodo Muromachi.
Dunque, grazie per il lavoro svolto da Gualtiero Cannarsi e dalla Lucky Red per quello che mi pare un risultato davvero molto buono. Credo che il metodo usato e più volte illustrato sia davvero il miglior modo per portare l'opera di Miyazaki al pubblico e non l'opera di un suo pur comodo e rassicurante fantoccio.
Ti sei correttamente risposto da solo.Sayonara no Nastu ha scritto:Abbandonando un attimo il discorso sulla correttezza dell'adattamento del testo originale alla nostra lingua, che, sebbene molto interessante, sta monopolizzando un pò troppo il forum, vorrei porti, Shito, un paio di domande sulla scelta dei doppiatori ( ma non solo).
Innanzitutto mi sono chiesto come mai non siano stati scelti i vecchi doppiatori di Ashitaka e San ( rispettivamente Alessandro Quarta e Laura Lenghi) . Scelta tua? Impossibilità loro? Oppure, semplicemente, col passare degli anni è cambiato il loro timbro vocale a tal punto che non sarebbero più stati adatti a doppiare dei personaggi sensibilmente più giovani di loro? ( Quest'ultima possibilità non mi sembra poi molto realistica dato che, già nella versione BV, erano piuttosto grandicelli).
La tua percezione è senz'altro giusta, anche se MIyazaki non parla di 'bontà' (non c'è nel film questo tipo di giudizio), ma di 'rettitudine' e 'dignità', soprattutto. E anche di 'depressione, tristezza'.Ti pongo queste domande perchè, a mio avviso, gli attuali doppiatori (Lorenzo De Angelis e Joy Saltarelli), sebbene li consideri attori di alto livello, hanno delle particolarità vocali che, secondo me, non si conciliano perfettamente con le personalità dei personaggi a cui prestano la loro voce.
Mi spiego: dall' idea che mi son fatto del personaggio, da ciò che ho letto e da ciò che mi pare abbia detto anche Miyazaki stesso (ma di questo non sono sicuro), Ashitaka, se proprio vogliamo trovarne uno, è l'unico personaggio "buono" sotto tutti i punti di vista in Mononoke hime. Questo mi porta a pensare che più la voce sia limpida, pulita, chiara ma comunque forte e decisa e più sia vicina a come il personaggio era inteso nell'originale. Anche ascoltando il doppiatore giapponese ( Yōji Matsuda) e seguendo i pochi consigli che Hayao dava in fase di doppiaggio, ho avuto questa sensazione.
La verità del caso è nella canzone: "sotto la tristezza e la rabbia è celato un animo sincero!" ^^Sayonara no Nastu ha scritto: E anche per il doppiaggio di San, sebbene consideri la Salterelli una doppiatrice veramente brava dopo aver visto la sua magnifica interpretazione di Fio, penso che una voce più rabbiosa e grintosa, esattamente come ci viene presentato questo personaggio, sarebbe stata più adeguata. Tuttavia, in quest'ultimo caso, devo ammettere che anche la controparte giapponese ha una voce più dolce di quanto uno ci si possa aspettare dal personaggio, quindi la scelta della Saltarelli non è considerabile errata neanche dal mio punto di vista.
Quello che hai fatto è davvero mirabile. Te ne tributo merito e rendo lode, davvero!Ho scritto tutto questo avendo cercato più informazioni possibili su siti diversi, avendo guardato la nuova versione 4 volte e quasi altrettante volte la precedente, dopo essere rientrato a casa, per avvertire meglio le differenze. L'ho fatto per cercare di svincolarmi, il più possibile, da pregiudizi provenienti dalla vecchia versione del film, o, se preferisci, di discernere il tutto con "pupille non offuscate" . Ma se comunque tutto ciò non è stato abbastanza da riuscire a permettermi di porre dei dubbi fondati, allora chiedo scusa perchè vuol dire che l'influenza del film della Buena Vista è rimasta imbrigliata saldamente nella mia memoria e nelle mie sensazioni.
A dire il verso "L'ha abbattuto!" (taoshita!) viene detto una sola volta.1) Siamo ad inizio storia, Ashitaka ha appena scoccato la freccia letale contro Nago, che cade a terra ormai in fin di vita. Subito dopo, la ripresa si sposta sui guerrieri del villaggio, che stavano osservando la scena da lontano, ma appena il cinghiale cade uno di loro urla " l'ha abbattuto!" per due volte e un attimo dopo un'altro guerriero li presente dice " non lasciate che i fuochi si spengano! ". Ecco, non mi spiego bene il senso di questa frase. In quel momento di enorme tensione, qual era il motivo cosi importante da portare a urlare quelle parole?
Viene chiamato da Hii-sama come 'Signorino' per due volte, perché per due volte in giapponese viene chiamato 'Ashitaka-hiko'. "-hiko" è un termine arcaico con cui si chiamavano i figli dei nobili, delle casate di spicco. La cosa si collega a quello che dirà in seguito l'anziano emishi: Ashitaka sarebbe "il giovane dato a divenire il capo della nostra stirpe". Di questa parola ho parlato a lungo direttamente con Ghibli. Taluni hanno semplificato 'hiko' in 'principe', ma in effetti non c'è alcun rimando a una monarchia tra gli emishi. Semplicemente, in una comunità cin ui tutti si chiamano per gradi di parentela, Ashitaka è il "sommo fratello", o per un'anziana un "signorino".2) Poco dopo la morte di Nago, Ashitaka si ritrova ad ascoltare le parole della somma Hii che gli consiglia di partire verso ovest per cercare di capire come mai un nume della montagnia sia divenuto un Dio maligno. La prima volta che l'anziana lo chiama lo appella con un " signorino". Come mai questa scelta? Se non sbaglio è l'unica volta che Ashitaka viene chiamato cosi in tutto il film. Anche nella versione giapponese lo chiama in questo modo oppure si è visto necessario tradurre il termine originale in questa maniera ma che non rispetta il significato 1:1 ? Ti faccio questa domanda perchè, oltre alla mia personale curiosità, ricordo che la prima volta che ho visto il film, nell'intervallo, una donna si è girata verso i presenti chiedendoci cosa pensavamo del nuovo adattamento. E, un pò infastidita, criticava sia la scelta della, ormai famosa, frase sulle pupille che questa decisione di farlo chiamare appunto "signorino", parola che le sembrava volesse dare tutt'altro significato. Allora ho risposto che probabilmente derivava da " piccolo signore" ovvero che si riferiva a lui come il figlio del attuale capo del villaggio e che quindi prima o poi avrebbe dovuto ereditare il ruolo di guida. Ho risposto correttamente oppure il significato era tutt'altra cosa?
3)Il mio ultimo dubbio ( per ora ) è più che altro un ragionamento fatto seguendo il discorso che Miyazaki fa alla doppiatrice di San, e che tu stesso hai citato qualche giorno fa, ovvero quando gli spiega che per doppiarla al meglio non la deve considerare una ragazza. Infatti lei si sente brutta a causa degli insegnamenti di Moro che, probabilmente, le avrà ripetuto più volte di esserlo come tutti gli esseri umani.
Sicuramente San resta tramortita da quel complimento perché, come dicevamo, probabilmente nessuno mai l'ha chiamata con un simile apprezzamento estetico.Sayonara no Nastu ha scritto: Il momento è questo: Ashitaka, in groppa a Yakkul, ha appena portato in salvo San dalla fucina ma cade a terra gravemente ferito; nello stesso momento San rinviene, molto adirata con il ragazzo, gli chiede conto delle sue azioni e lo minaccia di ucciderlo per averla umiliata salvandola. A quel punto le ultime parole di Ashitaka prima di svenire sono " sei splendida" e San, subito dopo averle ascoltate, si tira indietro sconcertata. Il mio quesito è sulla scelta di traduzione di quel " sei splendida". Questa frase non sarebbe potuta essere tradotta con un più canonico " sei bella/bellissima"? Domando questo perchè, sempre seguendo il ragionamento di poc'anzi, San è, o dovrebbe essere, stata cresciuta con frasi che la definivano brutta. Quindi un'affermazione come quella di Ashitaka, ovvero l'esatto opposto di quanto le era stato detto fino a quel momento, spiegerebbero meglio il motivo per cui tutto il rancore che covava verso di lui sparisca cosi repentinamente.
Si però postiamoli questi benedetti errori. Non mi lasciare in sospeso che sono il primo dei curiosi...malpelo ha scritto: ...Parlando con gente che ha studiato il giapponese e che ha visto gli ultimi film, sono venuto a conoscenza di parecchi errori oltretutto...
Che ne dici di indicare chiaramente e in modo dettagliato quali parti dei doppiaggi siano ridicole, innaturali ed incomprensibili? Ancor meglio, ad uso nostro e dello stesso Shito, ti inviterei ancor più caldamente a chiedere alla gente che ha studiato il giapponese quali siano gli errori, in modo da capire dove il doppiaggio sia sbagliatomalpelo ha scritto:Ne ho visti di anime in tutta la vita. Ho sentito doppiaggi belli, brutti e vergognosi (come quelli di Mediaset). Gli ultimi doppiaggi dei film di Hayao Miyazaki sono invece semplicemente RIDICOLI, INNATURALI e ICOMPRENSIBILI. Questo doppiaggio sembra fatto con il traduttore Google Translate. Se in un tema delle elementari avessi scritto con quell'italiano la maestra mi schiaffava dietro la lavagna. Parlando con gente che ha studiato il giapponese e che ha visto gli ultimi film, sono venuto a conoscenza di parecchi errori oltretutto. Già il titolo del post "... per la prima volta in italiano" indica quanto sia grande la spocchia di chi ha fatto questo lavoro... Una spocchia grande come la sua ignoranza in materia. Il primo doppiaggio era eccellente all'epoca, semplice, immediato e pulito non come questa scemenza intellettualoide da 4 soldi. VERGOGNA!
Sembra in atto un pellegrinaggio dal sito FB...malpelo ha scritto:Ne ho visti di anime in tutta la vita...
Shito è uno dei pochi che fanno il suo mestiere a rispondere puntualmente a ciascuna obiezione che gli venga sollevata.malpelo ha scritto:Quelle lenzuolate di spiegazioni le fanno solo quelli che hanno la coscienza sporca.
Benissimo, ti farà sapere che non ci interessano neppure interventi sguaiati e maleducati come il tuo, da uno che ha la pretesa di insegnare qualcosa senza aver letto una riga del topic in cui scrive. Ritirati pure su altri lidi più consoni al tuo bon ton.malpelo ha scritto:Poi vedo che Shito tira fuori delle supercazzole insopportabili ad ogni appunto che sinceramente non mi interessano.
Sì sì, ho capito, in realtà avevo già indagato sulla questione rema/tema e dislocazioni su wikipedia e altrove, grazie alla lettura di questo forum che mi ha fatto conoscere questo argomento. Pensandoci, in effetti mi capita di usare dislocazioni "bello! quel quadro", "buono! quel [nome pietanza]" anche se questo sono molto simili tra loro; non ho fatto caso a dislocazioni più strutturate, come ad esempio quella riportata da 'palla di fuliggine' : "Di quell'esperienza, faremo tesoro" o altre... sinceramente non credo di farne uso, ma non c'ho mai fatto caso...Sulla questione 'dislocazioni linguistiche' [...]
Non so se se io sia riuscito a farmi capire (scrivere di metalinguismo non è mai semplice, leggerlo neppure), ma che questo semplice fatto spesso sembri coincidere con l'ordine sintattico giapponese è solo perché nel giapponese si usa molto spiccatamente un "primato del tema" nella costruzione delle frasi.
Chiaramente, non vi è neppure in me l'idea di "devo usare apposta quante più dislocazioni possibili perché così la lingua sarà più dialogica". Semplicemente, non mi limito all'uso della stretta forma SVO, ammettendo e usando spontaneamente le dislocazioni quando mi pare opportuno usarle. Pure nei copioni che scrivo ci sono frasi SVO, certo.
Grazie per aver riportato la frase, leggendola trovo sia chiaro il senso. Ma come dice blefaro (su questo devo dire che mi trovo d'accordo), al cinema non si può rileggere il rigo e probabilmente mi sono perso per via delle informazioni nuove riportante velocemente in pochi secondi (Yamato, shogun). Non avendo colto la prima frase, di conseguenza non avevo afferrato bene il resto del discorso.La frase dell'anziano emishi:
ANZIANO Battuti nella battaglia con lo Yamato… sono più di cinquecento anni che ci celiamo in queste terre. E ora, dicono che la forza del sovrano dello Yamato stia appassendo… e che anche le zanne degli shogun si siano spezzate. Tuttavia, anche il sangue della nostra stirpe si è altresì sciupato. In un momento simile, che il giovanotto dato a divenire il capo della stirpe si metta in viaggio per l’ovest... potrebbe essere il destino.
Direi che è tutta SVO - come mai l'hai trovata difficile, a parte l'anzianità del personaggio e della'attore (scelta questa assai aderente all'originale)?
Trovo questo esempio interessante, perché al cinema trovai un po' sciocco "le auguro un buon giorno" (non nel costrutto in sé, quanto al fatto che non è familiare alle mie orecchie), ma pensandoci, oltre ad essere corretto rispetto all'originale, permette anche di salvaguardare le differenze di modo di parlare/di porsi dei vari personaggi, nonché evidenzia una sfumatura di quanto sta accadendo: Kiki ragazzina campagnola educata, cerca di apparire/essere "brava a tutti i costi" in questo nuovo contesto in cui si ritrova.Un fatto B è che è mia forte convinzione ritenere di rendere la cifra stilistica dell'originale. Quindi, per esempio, anche se Kiki dice una cosa molto usuale in giapponese, ovvero "Ohayou gozaimasu", non sta dicendo solo "Ohayou". C'è questa variazione, perché Kiki è molto molto educata, mentre chi le risponde, Osono, è alla mano. E questo si rispecchia nella variazione del saluto. Quindi io *adatto* il primo in "Le auguro un buon giorno", il secondo in un comune "Buongiorno". Si dirà che non è 'usuale' sentire una bambina italiana dire "Le auguro un buon giorno", ma il punto è che Kiki non è una bambina italiana in italia, è un personaggio inventato e scritto da un giapponese. Quindi lei parla come parla lei, e io devo rendere quello - non devo re-inventare il personaggio "all'italiana". Naturalmente, non c'è nulla di difficile in "Le auguro un buon giorno!", giusto? Eppure, c'è chi si lamenta anche di quello. Per l'ingiusta, illegittima pretesa di dimenticarsi che un prodotto straniero è e resta straniero anche se tradotto nella nostra lingua.
Condivido la prima parte.In genrale, mi pare che la difficoltà di percezione nasca spesso da un insieme di cose. Terminologia ricca e variegata, Registri linguistici ricchi e variegati. Non a caso, direi, proprio Ponpoko e Mononoke sono gli esempi più fulgidi di una simile ricchezza del testo originale, riproposto nel testo da me adattato, con buona pace di chi vorrebbe sempre tutto un po' semplificato per il suo proprio comodo di fruitore.
Non ho visto i prodotti animati che citi. In genere, ritengo che la norma del doppiaggio italiano sia semplificare i testi originali, confezionarli con una maniera forzosamente didascalica, e recitarli in maniera del tutto sovraenfatica e spinta, che mi pare del tutto ridicola. Sono maniere del nostro doppiaggio a cui il pubblico è avvezzo, ma che al mio orecchio trasformano pressoché in commedia dell'arte o sceneggiata quasi ogni film doppiato in italiano. Questa è una cosa che disprezzo molto, e che senz'altro evito.
Su questo punto, ribadito da te e altri utenti, non ho particolari problemi. Trovo anzi interessante questa scelta, per cercare di far percepire allo spettatore le sfumature proprie dell'opera originale, pur facendogliela ascoltare in italiano.Un adattamento non deve "italianizzare" un'opera straniera. Deve correttamente trasporla IN italiano, ma non renderla "italiana". Il contenuto, la cifra e la marca stilistica dell'originale *straniero* debbono essere quanto più conservate, preservate nell'adattamento. E' normale che il risultato finale sarà sempre "un po' strano per le nostre orecchie": è un'opera STRANIEra, no?
Ahimé, è capitato spesso anche a me... è irritante. ^^;Twistor ha scritto:Ahimè si è cancellato tutto il messaggio che avevo scritto prima di spedirlo e non avevo salvato; cercherò di fare una rapida sintesi dei passaggi principali.
Grazie a te per gli spunti vecchi e nuovi.Innanzitutto, Shito, grazie della risposta per me esaustiva.
Appunto: primato del rema (in giapponese).Sulla questione 'dislocazioni linguistiche' [...]
Sulla questione del linguaggio giapponese, per caso intendevi "primato del rema"? Mi era sembrato di capire che i giapponesi usano sottolineare il rema e non il tema...
E' inevitabile che la frase, per i suoi contenuti, sia un po' ostica da afferrare al volo, benché tutta scritta in normale struttura SVO, ovvero senza dislocazione alcuna.La frase dell'anziano emishi
Grazie per aver riportato la frase, leggendola trovo sia chiaro il senso. Ma come dice blefaro (su questo devo dire che mi trovo d'accordo), al cinema non si può rileggere il rigo e probabilmente mi sono perso per via delle informazioni nuove riportante velocemente in pochi secondi (Yamato, shogun). Non avendo colto la prima frase, di conseguenza non avevo afferrato bene il resto del discorso.
Mi complimento per l tua capacità di riconsiderazione.al cinema trovai un po' sciocco "le auguro un buon giorno" (non nel costrutto in sé, quanto al fatto che non è familiare alle mie orecchie), ma pensandoci, oltre ad essere corretto rispetto all'originale, permette anche di salvaguardare le differenze di modo di parlare/di porsi dei vari personaggi, nonché evidenzia una sfumatura di quanto sta accadendo: Kiki ragazzina campagnola educata, cerca di apparire/essere "brava a tutti i costi" in questo nuovo contesto in cui si ritrova.
C'è anche un topic per Kiki!Riporto alcune frasi altre frasi di Kiki, che a memoria dovrebbero essere: "un pochino più stupendo", "vorremmo che tu venissi senz'altro" e che mi suonavano un po' bruttine.
Ma non vorrei andare troppo OT con Kiki, ma è giusto per portare qualche esempio di frasi un po' strambe al mio orecchio (soggettivo)...
Ti ringrazio per fare, a beneficio di tutti, ciò che i più incalliti detrattori non hanno coraggio di fare, chissà perché... ^^;Trascrivo qui alcune cose interessanti che ho letto sul gruppo fb, a cui non sono iscritto, ma da cui leggo comunque perché sì, voglio vedere entrambe le parti "con pupille non offuscate", per bilanciare la mia consapevolezza su tutte queste questioni e farmi un'idea.
Questa è una sciocchezza. La forma verbale (aspetto verbale) con terminazione 'deshou' *può* essere resa con il nostro modo condizionale (che poi: sarebbe di per sé una complicanza? Andiamo bene!), ma come ogni *aspetto verbale* (cosa di fatto assente nella nostra lingua) viene resa in molti modi: a volte come interrogativa retorica all'indicativo, tipicamente, resa con varie forme terminali (xxx, giusto?, xxx, vero?, xxx, no?). E questo accade anche nei miei copioni.I termini "desho" letteralmente con "sarebbe",
Non 'infatti' ma "e infatti...", che esprime il contenuto di 'yahari/yappari' (una sfumatura di precognizione/prefigurazione su quel che segue)"yappari/yahari" letteralmente con "infatti",
Non trovo nulla di scandaloso in "quella persona" - è un concetto semplice. Se è quel che viene detto (ed è il caso), perché mai non usarlo? Sempre per far parlare dei giapponesi come italiani? Non sono italiani, anche se una traduzione li fa parlare IN italiano - ma è un chiaro artifizio, no? Quel che dicono è comunque "giapponese": giapponese tradotto in italiano, ma giapponese nel contenuto."ano kata/ano hito" letteralmente con "quella persona",
Di questo si era già detto. E' un altro aspetto verbale che viene talora reso a quel modo, talora no, salvo nelle fantasticherie dei detrattori che dicono sia sempre pedissequamente reso così, tanto per trovare un argomento, che poi giustamente non vengono a dichiarare perché gli sarebbe semplicemente smontato per quel che è: falso."-te shimatta/-te chatta" letteralmente con "si è finito per" ,
Il concetto di 'pesante' è ben soggettivo. Ma se anche fosse, resta che bisogna rispettare il testo originale per quello che è.sono termini moto usati in giapponese, ma magari possono risultare pesanti (reiterazione delle stesse parole) nel testo italiano
Vedi sopra.(così come "sorellona" in Howl, "nonnina" in Totoro).
In linea di massima, no.Mi dirai che nel testo giapponese è scritto così, però magari qualche sinonimo non si potrebbe usare, in modo da non far sembrare la frase ridondante?
Esattamente.Su questo punto, ribadito da te e altri utenti, non ho particolari problemi. Trovo anzi interessante questa scelta, per cercare di far percepire allo spettatore le sfumature proprie dell'opera originale, pur facendogliela ascoltare in italiano.Un adattamento non deve "italianizzare" un'opera straniera. Deve correttamente trasporla In italiano, ma non renderla "italiana". Il contenuto, la cifra e la marca stilistica dell'originale *straniero* debbono essere quanto più conservate, preservate nell'adattamento. E' normale che il risultato finale sarà sempre "un po' strano per le nostre orecchie": è un'opera STRANIEra, no?