Fino a questo punto le tue argomentazioni potevano essere una base concreta per una riflessione: condivisibili o meno, ma fondate; questo passaggio mi pare assai più debole. Il fatto che il 'doppiaggio italiano sia il migliore del mondo' è uno di quei classici refrain che da sempre ci cantiamo e ci suoniamo da soli in maniera del tutto autoreferenziale. Vale per molte cose: il campionato di calcio, la cucina, le doti amatorie, l'usata manfrina sul '70% del patrimonio artistico mondiale' (?) e via così, e normalmente suona come un'autogiustificazione o un'autoassoluzione abbastanza priva di sostanza.kodama08 ha scritto:[...] ma questa è l'Italia, un paese con una fortissima tradizione di doppiaggi cinematografici alle spalle, che ci è riconosciuta e invidiata da tutto il mondo. E' questa prevalenza sugli altri a farci guadagnare il diritto di modificare parti originali del testo di un film straniero, volto a ottenere dei dialoghi comprensibili, ma senza stravolgerne il significato.
Ma pensiamoci: il doppiaggio è qualcosa di strettamente funzionale alla fruizione di un'opera che sorge altrove in un'altra lingua: non è chiaro perché in Francia o in Svezia dovrebbero mai essere interessati a come noi italiani rendiamo un'opera - chessò - americana, spagnola, russa o coreana nella nostra lingua né perché mai dovrebbero invidiarcelo. Inoltre, tutti quelli che asseriscono che il doppiaggio italiano è il migliore del mondo, conoscono almeno qualcuno degli altri doppiaggi per poterlo affermare? Hanno avuto modo di avere riscontro da qualche straniero esperto del settore? Normalmente l'unico elemento di valutazione che si adotta in questi casi è il fatto che il doppiaggio italiano è a 'sincrono', vale a dire che le labbra degli attori sullo schermo si aprono e si chiudono in perfetta simultanea col suono della voce del loro doppiatore. Mirabile, senz'altro. Il problema è che spesso dicono altre cose rispetto a quelle che dovrebbero dire, e molto spesso le dicono con un tono diverso da quello che dovrebbero usare.
Basta guardarsi un po' di film in lingua originale per constatarlo: spesso è diverso persino il mix dei suoni; talora in quello italiano la voce viene artificiosamente spinta in primo piano, quando magari la scelta originaria del regista era quello di lasciarla volutamente confusa nell'ambiente. I doppiatori - che sono dei signori professionisti, su questo non si discute - se non vengono adeguatamente indirizzati a un attento ascolto dell'interpretazione originale, le sovrappongono il proprio mestiere fornendo interpretazioni stereotipate, sovente inutilmente enfatiche e, soprattutto, non aderenti alla realtà dell'opera originale.
La cospicua tradizione del doppiaggio italiano cominciò, per forza di cose, in epoca fascista: i primi film sonori sono della fine degli anni Venti, ma la loro distribuzione entrò a regime (è il caso di dirlo!) nel nostro Paese solo verso la metà degli anni Trenta. Sembra una banalità, ma le sale si dovevano attrezzare. Era il periodo dell'autarchia, quello delle sanzioni imposte all'Italia dalla Società delle Nazioni a séguito della guerra d'Etiopia. I prodotti stranieri che circolavano - dai film ai fumetti - dovevano quindi essere presentati al pubblico come se fossero di matrice italiana, ricorrendo ad un'opera di falsificazione deliberata e spesso grottesca nei suoi risultati.
Quindi mi spiace: non c'è nessuna tradizione da difendere (come se poi un'interpretazione aderente all'originale fosse in qualche modo lesiva della dignità artistica del doppiatore!) anzi, esistono tradizioni che possono essere infrante, segnatamente quando presuppongono improbabili autorizzazioni morali a violare l'integrità di un'opera pensata e concepita altrove.