Scrivendo il copione... (10 di 11)
Rieccomi, sembra che oggi la mia "giornata" di lavoro termini solo alle 4:15, wow!
Dunque, come dicevo volevo parlarvi dell'aspetto grafico di questo film. Perché, vedete, per scrivere un copione si vede e si rivede ogni battuta molte volte. Decine di volte. Centinaia di volte. O almeno, io faccio così. Vedi, rivedi, prova, riprova, risenti, rivedi, riprova. Centinaia di volte.
Anche concentrandosi sullo sguardo dei personaggi, sui movimenti labiali, sui toni vocali, e sulle pause, e su tanti singoli dettagli, alla fine si finisce per cogliere un tutto, un insieme di tanti piccoli frammenti che vanno man mano come fluidificandosi in un caleidoscopico puzzle di frammenti vitrei.
Ebbene, direi che la prima cosa che l'occhio esperto d'animazione nota in questo film è che questo film è davvero
molto animato.
E' quasi in
full animation.
Cosa si intende? Mi spiego. Nella tradizione dell'animazione Disney, ci sono i fondali e su quelli ci sono i soggetti a disegno animato, e tutti loro si muovono in ogni singolo fotogramma. Questo si chiama 'full animation', e significa che anche se un soggetto "sta fermo", in realtà no, non sta realmente fermo, il disegno non è statico. Respira, o si muove lievemente, cambia posa, muove gli occhi o le rughe di espressione, le mani, quel che si voglia. E questo vale per tutti i soggetti.
Da un lato, questa è una cosa estremamente rigogliosa, sontuosa, ricca. Se si parla di qualità tecnica dell'animazione. E' una cosa che gli animatori giapponesi hanno da sempre e sempre ammirato, e non si sono mai potuti permettere di produrre. Dall'altro lato, si è viso che questo lussuoso rigoglio animatorio è ben presto diventato manierista e sinanco esasperato, ridicolo, nella tradizione Disney: avete presente quei personaggi che per essere sempre animati paiono come masticare continuamente un chewing-gum, e sembrano avere sulla faccia una serie continua di smorfie l'una più esasperata e grottesca dell'altra? Ecco. E' quella che Tomino chiamava la "mollezza" dell'animazione Disney, credo. Per contro, i giapponesi dovendo fare di necessità virtù, ovvero dovendo escogitare degli stratagemmi tecnici per ovviare alla loro obiettiva mancanza di risorse per poter anche solo pensare alla full animation, hanno sviluppato un sacco di tecniche e stilemi che sarebbero diventati contraddistintivi dell'animazione giapponese. Dai cerchi di Kanada alle palle che si ovalizzano, alle animazioni 'strattonate' di Ootsuka Yasuo, alla temporizzazione differenziata della permanenza dei veri frames di animazione. Sono i capisaldi della tecnica di animazione giapponese che ne definiscono lo stile dinamico in qualche modo "drammatico", profondamente "registico", anche crudo e spesso violento.
Beh, questo film è una via di mezzo. E' animato in una maniera rigogliosa al punto da essere incredibile. Avete presente Ponyo, che già era su questa strada? Ecco, di più. In più, siccome qui di scene dinamiche ce ne sono davvero poche, l'animazione dei soggetti è usata per le espressioni, per gli sguardi, per le carni del viso che si muovono insieme ai mutamenti delle espressioni dei personaggi. E' davvero un film animato. MOLTO animato. Chi avrà pupille non offuscate e molto attente, lo noterà.
La seconda cosa sono i fondali. E' ben noto che lo Studio Ghibli ha una tradizione di veri e proprio dipinti per fondali. Tutti amano i fondali, per esempio, di Totoro, con quelle foreste lussureggianti e affascinati. O la città svedeseggiante di Kiki. O gli scenari fantasy all'inglese di Laputa. Ma quando questi scenari divengono davvero realistici, fanno quasi paura.
Il primo esempio fu: La tomba delle lucciole. Gli stipiti consunti, i tessuti, i materiali delle costruzioni e delle macerie... una cosa che sbigottisce, davvero.
Poi c'è stato Omohide Poroporo. E lì, beh, i campi di cartamo si commentano da soli.
Certo, anche Porco Rosso aveva scenari meravigliosi e realistici, ma non erano davvero realistici: era uno pseudorealismo fantasizzato da Miyazaki. Se in Totoro andava in scena la campagna giapponese degli Anni Cinquanta per come Miyasan l'aveva idealizzata, Porco Rosso si muove nell'Italia tra le due guerra che esiste nelle romanza trasognata di Miyazaki Hayao. Realisticamente fantasizzato, fantasticamente realistico.
Il realismo vero era ancora di Takahata.
E poi ci fu Drizzando le orecchie (Mimi wo Sumaseba), e quello era Kondo Yoshifumi, e Kondo Yoshifumi era un giovane cresciuto più con Takahata che con Miyazaki. E la sua Tama era davvero davvero realistica. Tanto realistica che lo stridere con la fantasia di Iblard era quasi impensabile (e sì che nel film c'è una scena di passaggio di veduta dall'altra all'una senza dissolvenza, wow!)
Il realismo dei fondali, secondo me, per Miyazaki arriva nella vecchiaia: con Sen to Chihiro. L'inziio del film è realistico al punto che non sembra neppure un film di Miyazaki. Una Audi in un film di Miyazaki Hayao? E la cittadina dove si stanno trasferendo gli Ogino? Sembra vera! I cartelli stradali? Sembrano veri! Per quanto poi gli scenari diventino singolarmente fantastici, i materiali con cui sono costruiti sembrano veri. Ci avere mai fatto caso che il treno che prende Chihiro, con tutto che viaggia sull'acqua etc etc, sembra "più vero" di tutti gli scenari di Tororo?
Beh, poi c'è stato anche Dalla Collina dei Papaveri, davvero SUPER realistico, ma sappiamo che Miyazaki junior idolatra Takahata, non suo padre.
E adesso?
Adesso gli scenari qui sono super realistici. Fanno paura. Le carte da parati. I quadri alle pareti. I cartelli. I colori. Gli edifici. Le strade. I mezzi. I vestiti delle persone. Tutto.
Veramente i fondali di questo film sono dei dipinti incredibili. Sembrano dei quadri di naturalismo francese o napoletano, per chi conosce il genere. Fanno quasi paura.
Anzi, senza quasi.
Non ho mai visto uno scorcio di storia divenire più sensoriale e immersivo di così. Neppure un film in live-action ci sarebbe riuscito, secondo me.
Come diceva Takahata, ci sono cose che si possono fare solo "con questa specie di surrealismo che è l'animazione".
Diamine, ho scritto un papiro quando sarebbe bastato citare questa espressione...
"questa specie di surrealismo che è l'animazione".
[stanotte o stamattina, si dica come si vuole, il copione è al suo draft 3.3. Domani vorrò arrivare alla 3.7. Per la mattina ho concordato una consulenza telefonica con un mio caro amico, che è tra l'altro:
- un otaku d'altri tempi, amante e conoscitore dell'animazione
- un appasionato di aeronautica sin dall'infanzia, tanto che
- di mestiere fa il controllore di volo, proprio perché voleva lavorare nel campo della passione
- ha studiato giapponese, lo parla, e conosce il Giappone per esperienze dirette
lo conosco dai tempi di Evangelion, quindi parliamo dagli Anni Novanta.
E ho pensato a lui durante tutta la stesura del copione!
Sono riuscito a recuperarlo oggi, e per domani proviamo a fare un check ulteriore su tutta la terminologia tecnica.
Quando gli ho detto di "longherone" che ho scoperto si dicesse "lungarone" ai tempi di Caproni, lui mi ha risposto: "Sììì! Come sui libri di aeronautica di mio nonno che leggevo da bambino!"
Domani il mio copione affronterà un nuovo esame!