Non trovo davvero nulla da aggiungere al post di Godai sulla lettura del film. Concordo fortemente anche sul fatto che, pur non essendo "un film sulla guerra", nel suo essere un film sul comportamento umano diviene inevitabilmente anche un film "sull'esperienza della guerra". Davvero Takahata ha un amore per il cinema neorealista. Pensando a certi suoi film, non riesco a non ricordare l'asciutta incisività di certe pellicole di Visconti, soprattutto.
Quanto alle 'colpe' di Seita, c'è una riflessione che vorrei proporre al forum e ai suoi frequentatori dopo aver infine lavorato a fondo anche su Yamada-kun.
Quindi i film di Takahata Isao che ho profondamente analizzato sono:
Ponpoko
Kaguya-Hime
Hotaru no Haka
PoroPoro
Yamada-kun
Ovvero la totalità dei film che l'autore ha realizzato a marchio 'Ghibli'. Si noti che li ho messi nell'ordine in cui li ho affrontati.
Ora, se prendiamo soprattutto i tre centrali:
Kaguya-Hime
Hotaru no Haka
PoroPoro
mi viene da pensare e dire che il cuore di tutta, tutta l'opera (il pensiero?) di Takahata sia: NON FUGGIRE DALLA VITA.
Questa cosa è, chiaramente, vibrante con Kaguya. Kaguya rifiuta e rifiuta, scappa dalla vita e trova la morte.
Ora, a pensarci, non è la stessissima cosa che fa Seita?
Non è quanto stava facendo Taeko, prima di incontrare Toshio e risolversi con lui?
Kaguya, Seita, Taeko non sono forse tre 'bambini viziati' che nella loro crescita rifiutano di accettare i compromessi, anche le brutture che sono parte della vita, e si fermano, restano 'morti' nella non-vita?
Mi sembra che Takahata dica: non si può ambire a una vita fatta solo di sorrisi. La vita umana è anche il pianto. Va bene anche il pianto. Bisogna gioire e soffrire perché la vita umana sta proprio in tutta quella gamma cromatica di emozioni.
Ancora, questo è detto chiaro e tondo in Kaguya: lo dice lei a Sutemaru (anche se ti hanno picchiato non fa niente, finché si ha la percezione di essere vivi), lo dice lei alla selenita alla fine, proprio spiattellato. Ma nella canzone finale di PoroPoro, tradotta da Takahata, c'è tutto quello stesso messaggio, preciso ed esatto.
Nel timore di avvilirsi…
il tuo animo non danza.
Nel timore di svegliarsi…
i tuoi sogni perdono le occasioni.
Nel rifiuto di venire rubato…
il tuo animo non si dona.
Temendo di morire…
non si riesce a vivere.
Una lunga notte…
tutta da sola.
Una strada lontana…
tutta da sola.
L’amore non arriverà mai…
quando la si pensa così.
Prova a ricordare…
d’inverno…
anche se viene
ricoperto dalla neve…
il seme, in primavera…
sotto l'alto Sole…
con l'amore,
sboccia in un fiore.
Non c'è già tutta la storia della Principessa Splendente, qui?
E ancora, edel resto, non è la stessa etica dei tanuki che Takahata esalta alla fine del film?
L’espressione “andare incontro alla vita”… ma non esisterà apposta per i tanuki? Non frenati né da sviluppo urbano né da incidenti stradali… spensierati e calorosamente allegri… vanno incontro alla vita facendo anche cuccioli… e poi, capitando pure a morire anzitempo.
E la stessa cosa viene in qualche modo, in maniera ancor più schietta e meno allegorica, espressa dal terribile discorso di congratulazioni nuziali di Takashi alla fine di
Yamada-kun.
Al che mi viene davvero da ribadire che il cuore di tutta, tutta l'opera (il pensiero?) di Takahata sia: NON FUGGIRE DALLA VITA.
Ed è buffo, perché?
Perché questa cosa mi riporta ad Anno Hideaki e alla GAiNAX.
Quando, nei tardi '90, la GAiNAX aveva ancora un sito inglese ufficiale, c'era l'elenco delle keywords dell'azienda.
Tra queste c'era il duetto.
"Iyaaaa na kanji!" (che senzazione disgutosa)
"Nigecha dame da! (non si deve fuggiere)
E c'era la spiegazione, per cui la prima è il sentimento che si prova dinanzi a una situazione che vorremmo rifiutare, e la seconda è la risposta che ci si deve dare.
In Evangelion, la prima frase è in bocca a Touji che vede Shinji in mise femmili (mi pare accada un paio di volte, alla fine dell'episodio 8 e poi nell'episodio 9, o forse solo in questa seconda occorrenza), mentre beh, "nigecha dame da!" è proprio il tormentone di Shinji.
E mi viene da pensare che sia un po' il modo con cui una generazione prima figlia del benessere si sforza di trovare il momento della forza per crescere verso una vita adulta reale.
Già che siamo andati avanti ancora verso il rimbambimento e la demenza sociale, direi che vale la pena di rifletterci sempre più.
Sì, siamo diventati adulti. I film di Miyazaki sono massimamente film per bambini, e lui si è sempre considerato e ha sempre voluto essere un narratore per l'infanzia.
I film di Miyazaki o li si guarda con l'onesta coscienza d stare guardando dei meravigliosi film per bambini fattid a un geniale narratore per l'infanzia, tipicamente un bambinone, oppure diventano "bambinate" nel senso deteriore del termine.
Al che, vi propongo questo scambio tra Anno e Katayama dal commentario di Nausicaä, ricordandovi che Anno lavorò con Takahata proprio su
La tomba delle lucciole.
Katayama: Il signor Takahata sorride sempre… al lavoro. Però, anche se sorride sempre,\Ni suoi occhi non ridono, fa una paura tremenda.
Anno: Lo penso anche io.
Katayama: Il signor Takahata… credo che sia l'uomo più spaventoso che abbia mai incontrato finora.
Anno: Miya-san, invece, ride con gli occhi. Ma il signor Takahata, anche se ride, non lo fa con gli occhi.
Katayama: Che paura!
Anno: Beh, è perché il signor Takahata è un adulto. È la persona più adulta fra tutti.
Katayama: Il signor Takahata, pur essendo un adulto, sa fare gli anime ottimamente. Fa anime, ma forse per lui non lo sono.
Anno: Miya-san è un bambino, per cui sa fare anime. Ma perché il signor Takahata fa anime? La parte bambina di Takahata non si vede. Quindi, ecco… sembra che crei a sangue freddo.
Katayama: Beh, va bene anche così.
Davvero poco da aggiungere...