Omohide PoroPoro - straordinariamente in italiano

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Shito
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Re: Omohide PoroPoro - straordinariamente in italiano

Messaggio da Shito »

No so, di mio ho sempre pensato che ci sia più amore in uno schiaffo dato per una ragione che in mille carezze elargite senza motivo.

Le punizioni corporali sono molto demonizzate, oggidì, ma personalmente non sono affatto di questo parere. Ovviamente non parlo di "botte" come uso di violenza gratuita, efferata e ripetuta.

Uno schiaffo, al contrario, io lo vedo come una forma di comunicazione non verbale, e credo possa essere estremamente importante.

Nel caso di Taeko: il padre non le stacca la testa, né la riempie di botte. Le dà UNO schiaffo, chiaro e semplice. La bimba, anche quando presa per il bavero, non si ritrae, non si ripara: è palese che il padre non è un violento, che la fattispecie è inedita. Quando poi lo schiaffo arriva, la bambina non scoppia a piangere istantaneamente, per il dolore. Si volta incredula, sgrana gli occhi, e poi scoppia a piangere per l'umiliazione, col tipico scoppio ritardato.

In quella scena non vedo altro che: educazione.

Taeko è mostruosamente viziata. Fa' capricci su ogni cosa, e il padre l'aveva già ben redarguita: "Sei stata tu a dire che non volevi la borsetta. Quindi sopporta." - comportarsi coerentemente rispetto a quanto liberamente dichiarato è fondamentale. Quando poi la piccola continuava fare i capricci, ancora viene assecondata dalla madre prima, dal padre poi. Ma perdere la bussola al punto da uscire di casa scalza è troppo: lo schiaffo sancisce il limite, perché c'è sempre un limite. Lo schiaffo significa: hai esagerato. E deve significarlo con altro che le parole, perché altrimenti la comunicazione fallirebbe.
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Cobra70
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Re: Omohide PoroPoro - straordinariamente in italiano

Messaggio da Cobra70 »

Sull'argomento ricordo il caso di un turista italiano in vacanza in Svezia alla fine di agosto del 2011.
Uno schiaffo per un capriccio di troppo del figlio dodicenne, e il turista finisce 3 giorni carcere in attesa di giudizio.
Un maltrattamento intollerabile per il paese nordico.
Difforme il giudizio a posteriori del personaggio del film che, adulta, discute e comprende saggiamente la portata dell'intervento educativo del padre. Padre che, con tale comportamento si pone come la figura genitoriale alla quale viene riconosciuta la definizione delle regole e del limite, diversamente dalla madre che dovrebbe essere la figura dell'affetto e della dolcezza.
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LucianBelmau
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Re: Omohide PoroPoro - straordinariamente in italiano

Messaggio da LucianBelmau »

Shito ha scritto: E ancor più indebite sono le critiche sommarie, superficiali e non documentate, a un testo corretto e preciso per ragioni vedute.

Forse a te hanno insegnato che ogni opinione ha dignità di esistenza. Al contrario, io non la penso così: penso che opinioni infondate e gratuite e incolte siano indegne, e come tali vadano tacciate agli occhi di tutti, per fare buona educazione.

Sto pontificando? Tanto meglio. Del rispetto incondizionato non so che farmene: è finta civiltà e per me non vale nulla. Mi si apprezzi se si condivide quello che esprimo a parole e fatti, oppure mi si odi, o mi si ignori. Va tutto bene. :-)

Ripesco questo post perché lo stavo rileggendo, ed è molto curioso come si accusi chi muove critiche di essere portatore di opinioni "infondate e gratuite" ovverosia "indegne".

E' interessante come si ritenga "non documentata" la diffusione o meno di una determinata espressione o di un'altra. Mi piacerebbe sapere se è soltanto la "sensibilità" che la guida, Shito, a scegliere una parola, oltre che i suoi dizionari. Dal mio piccolo e dal basso della mia giovane età e dei miei studi - ahimé, accademici - sia dei problemi linguistici che della lingua giapponese stessa, a me sembra che lei abbia una visione molto rigorosa della traduzione, ma che questa visione sia parziale e settaria, e che rasenti spesso l'ottusità.

Le faccio un esempio banalissimo: lei ha parlato di traduzioni "corrette", che ovviamente sono le sue (volendo immaginarla in buona fede, quindi privo di arroganza, immagino che ciò sia perché è lei a seguire il principio "corretto", e non per il motivo opposto). Ci sono alcune obiezioni che intendo fare a questa sua affermazione.

a) Un'obiezione è prettamente metodologica. Lei è molto rigoroso e preciso nel suo lavoro, ma sembra ignorare (volutamente o meno, non so) la presenza, in un sistema linguistico, di quello che è il livello con-testuale, oltre che testuale. Poiché ritiene che ogni parola abbia la sua traduzione "corretta", traduce le parole sempre allo stesso modo, meccanicamente. Io credo che questo, volendo parlare di "oggettività" (senza aprire dibattiti filosofici su cosa l'oggettività sia), sia "oggettivamente" un errore. Una lingua è infatti un sistema astratto, costituito da vari livelli (ci si dibatte dai tempi di Saussure in maniera scientifica, e dai tempi dei sofisti, se non prima, in maniera più "classica", per limitarci al mondo occidentale). Sebbene esistano delle istituzioni che hanno il compito di regolare l'utilizzo "corretto" della lingua, esse sono comunque delle istituzioni a posteriori, create per costruire un'unità ideale della lingua, a scopi sia politici, sia culturali, sia pratici. La lingua, comunque, poco se ne importa delle istituzioni e procede per i suoi binari, modificandosi senza margine alcuno di previsione. E' impossibile predire come si evolverà la lingua proprio per questo motivo: la "lingua" non esiste, è un eterno compromesso fra i parlanti, è diversa per ciascuno di noi, colto, ignorante, povero o ricco che sia. La "lingua" di Shito è diversa da quella di LucianBelmau, che è diversa a sua volta da quella del presidente Mattarella, e così via, pur essendo tutti costoro parlanti madrelingua della lingua italiana. In quanto tale, la lingua non può non scontrarsi con il con-testo, cioè con la situazione storica, sociale e politica in cui la lingua viene parlata. Il dizionario, per quanto autorevole sia, non è che uno strumento. Affidarsi ad esso come unico referente è un errore, a mio umile giudizio, "oggettivo". Significa ignorare la natura stessa della lingua.

b) Anche quest'obiezione è linguistica. Lei riporta spesso in italiano, fin dove consentito dalle strutture standard, la struttura della lingua giapponese. Questo è, a mio giudizio, "oggettivamente" sbagliato.
Ad esempio: anticipare l'oggetto, come succede spesso nella frase giapponese, non è un buon lavoro di adattamento, per quanto preciso sia. Non ha alcun senso, se non in limitate espressioni poetiche dove determinate figure retoriche non si evincerebbero senza quell'anacoluto o quell'anafora. Questo per un motivo molto semplice: in una lingua esistono dei tratti marcati e dei tratti non marcati. L'italiano, ad esempio, porta come tratto marcato (ovvero espresso in forma sistematica all'interno del sistema linguistico) la differenza tra maschile e femminile. In inglese, tale tratto non è marcato, perché non è presente nel sistema morfosintattico, ma va espresso esplicitamente con forme aggettivali che denotano il genere del sostantivo in questione (sulla definizione esatta di "marcato" e "non marcato" il dibattito è comunque aperto).

Come potrà benissimo leggere su una qualsiasi enciclopedia, senza nemmeno andare a scomodare testi di linguistica, la lingua italiana presenta una struttura SVO (Soggetto-Verbo-Complemento Oggetto), mentre la lingua giapponese ha una struttura SOV (Soggetto-Complemento Oggetto-Verbo). Nella lingua giapponese, è prassi che il determinante (sia esso un aggettivo, un nome, o un determinante più complesso di tipo sintattico, come una relativa, o una proposizione oggettiva) preceda il determinato. Nella lingua italiana, avviene di prassi l'esatto opposto. Tuttavia, essendo la lingua italiana flessiva, la sua libertà sintattica interna è maggiore: è quindi possibile, per puri motivi enfatici (ovvero evidenziare che il complemento oggetto è anche tema di una frase), anticipare il complemento oggetto, o il determinante in generale. Tuttavia, il valore che acquisisce in italiano questa anticipazione presenta un peso morfologico:è un modo per evidenziare il tema, tratto non marcato nella lingua italiana. Al contrario, la lingua giapponese, come certamente saprà, lo esprime con la particella は, diversa da quella usata per esprimere il soggetto, が. In giapponese, la differenza tema-rema è un tratto marcato, ovvero sistematico a livello morfosintattico. In italiano no: uno dei modi per evidenziarlo è l'anticipare il complemento oggetto. Ogni qualvolta lei fa tradurre così, calcando la struttura originale, dà alla frase italiana una caratteristica che la frase originale giapponese non possiede.
La necessità, mi si passi il termine, ossessiva di calcare in maniera meccanica la struttura originale ottiene così l'effetto opposto: quella che è una frase standard in giapponese (per motivi strutturali e sintattici, non perché sia una mia opinione) diventa una frase che, in italiano, acquista un altro valore morfologico. E questo, se veramente la fedeltà all'originale è al primo posto, mi sembra "oggettivamente" un errore.

Su tema e rema rimando alla definizione della Treccani online: http://www.treccani.it/enciclopedia/str ... Italiano)/
Purtroppo, essendo a Tokyo al momento, non ho con me molti testi di linguistica che però citerò in seguito a questo proposito.

c) Ancora sul contesto, voglio farle un esempio pratico del perché non si possa dire in nessun modo che la "diffusione" di una parola non sia un dato oggettivo. In generale, lei ignora (volutamente o meno) che non esiste una lingua "buona" e una lingua "cattiva". Non può disprezzare internet o la cultura di oggi come "ricettacolo di ignoranza", perché gli "ignoranti" sono i parlanti, e i parlanti hanno sempre ragione. Chi si occupa di lingua, come un traduttore o un adattatore, deve essere al servizio della lingua, non accampare pretese su di essa. Pretendere dai linguisti che essi creino la lingua "corretta" è come pretendere dai biologi molecolari che essi creino le sequenze del DNA. Il traduttore, l'adattatore, dovrebbe essere una sorta di "ingegnere" della linguistica, che applica le leggi che i linguisti deducono dalla lingua per ottenere una resa ottimale.
La lingua, però, la fanno i parlanti, tutti, non c'è una graduatoria, non c'è un livello qualitativo. Un parlante colto avrà una lingua piu' ricca e variegata, un parlante meno colto né avrà una più povera (sotto alcuni aspetti, perché sotto altri, per esempio a livello di termini gergali, forse sarà più variegata di quella del parlante colto). Il dizionario, per serietà scientifica, deve necessariamente riportare ogni glossa abbastanza diffusa, sia nel parlato comunqe, sia attestata in letteratura: ciò non vuol dire che tutto ciò che sta sul dizionario sia accettabile in nome - e qui sì che si può ben dire - di un arbitrario giudizio personale, fondato o meno. Bisogna essere a contatto con la lingua. Al di là del buon senso, senza accedere agli archivi della Crusca (e sarebbe comunque utile), oggi come oggi basta usare Google per capire cosa intendo dire. Adesso lei obietterà che su internet la lingua è usata "male", che i parlanti sono "ignoranti" e che vanno "educati", ma al di là della mia opinione per cui non è così, soprattutto quando si tratta di un adattamento e non di un manuale scolastico, quando due forme simili sono attestate nel dizionario (e dunque "corrette" anche da un punto di vista della lingua standard), allora la statistica non può essere ignorata, che ci piaccia o meno. Soprattutto in caso di scarti notevoli nella frequenza di utilizzo.
E questo perché altrimenti la traduzione diventa un atto del tutto arbitrario e basato sul gusto del traduttore. Anche se lei si basa sulle definizioni dei dizionari, Shito, ciò non toglie che nel momento in cui le legge la definizione stessa lei, come chiunque, sta facendo un lavoro ermeneutico, inevitabilmente arbitrario perché basato sulla sua interpretazione delle parole (sull'ermeneutica ci si basa la giurisprudenza, figuriamoci la traduzione). Questo dovrebbe, se vogliamo essere il più possibile fedeli al testo originale, l'ultimo passo, ovviamente inevitabile, ma ultimo. Prima c'è il contesto. Se a lei non piace una forma, perché non la ritiene vicina al significato "vero" (ma poi "vero" per chi?), non può comunque utilizzarne un'altra la cui frequenza di utilizzo è totalmente diversa da quella della struttura originale.

Le faccio un esempio pratico: secondo lei, la traduzione ottimale di "思ひ出ポロポロ" (Omohide poroporo) è "Ricordi a goccioloni". Questa traduzione è "oggettivamente" sbagliata. Non solo per una questione di buon senso, o di percepita "familiarità" del termine, ma per una questione di modo di utilizzo del termine stesso. Se io digito l'espressione ポロポロ (poroporo), Google mi dà circa 770.000 risultati. E' quindi una locuzione avverbiale onomatopeica, molto diffusa nella lingua giapponese contemporanea. E' inutile prendersela con google: è un motore di ricerca, e ci sta portando dei dati. Questi dati sono che, in internet, l'espressione "poroporo" appare 770.000 volte. Ce ne dimostra la diffusione.
Se io scrivo "Goccioloni" su google, i risultati sono 34.000 circa, e buona parte di essi sono relativi al nome di (!) un tipo di biscotto.
Consideriamo ora che i connessi a Internet in Giappone sono circa 99 milioni, in Italia 38 milioni, per un rapporto di 2,6 a 1. Il rapporto netto tra la frequenza di utilizzo di "poroporo" e di "goccioloni" è di 22 a 1, che, in proporzione, diviso 2,6 fa circa 8 a 1 (arrotondato per difetto).

Chi fa traduzione o adattamento non può ignorare il contesto. Non può ignorare quanto viene utilizzato un vocabolo. Nessuno, in Italia, dice comunemente "goccioloni" per indicare le grosse gocce che cadono, numeri alla mano. E sono i numeri a determinare il valore di un singolo elemento linguistico, perché non esiste nessuna graduatoria assoluta, essendo la lingua un sistema (cito ancora Saussure) "ou tout se tient", dove tutto si tiene. Ogni elemento, infatti, è determinato dal suo rapporto con gli altri elementi, e da nient'altro.
Il sostantivo "goccioloni" non è nemmeno lontanamente comparabile alla locuzione "poroporo" giapponese, dizionari o no, significati simbolici o no, glossa colta o meno. "Poroporo" viene utilizzato ventidue volte piu' spesso di "goccioloni", e con un'altra accezione. Renderlo in italiano come "goccioloni" è l'esatto opposto dell'essere fedeli all'espressione originale. E' un atto arbitrario basato sul gusto personale, che non discuto, e su un'idea di lingua assiomatica e artificiale. Chi legge "goccioloni" pensa che il regista abbia usato una glossa raffinata e particolare: invece ha utilizzato un lemma molto diffuso. Il messaggio che arriva a chi guarda è quindi distorto e ben lungi dalla fedeltà all'originale. Si vede, e molto, la mano di chi ha tradotto o adattato. E' quindi, a mio giudizio, "oggettivamente" sbagliato.

Saluti.

P.S. Metto le mani avanti, e da subito, da accuse di "benaltrismo". Non ho alcuna intenzione di difendere chi, invece, modificava di sana pianta i dialoghi senza alcun metodo per renderli più "appetibili" o rivolti a un pubblico "infantile". Tuttavia, l'estremo opposto a un errore è un altro errore. Saluti.

P.P.S. Chiedo scusa per eventuali refusi ortografici, è tardi e ho scritto anche troppo.

P.P.P.S. Non intendo con questo criticare in nessun modo la scelta - assoluta - dei termini. Ovvero, se lei fosse uno scrittore, e scrivesse testi originali, sceneggiature o dialoghi, probabilmente mi interesserebbero, li leggerei o guarderei volentieri. Ma sarebbe una scelta poetica: chi scrive deve rendere conto solo a se stesso. Qui si parla di adattamento, che è un'altra cosa. Saluti.
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Garion-Oh
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Re: Omohide PoroPoro - straordinariamente in italiano

Messaggio da Garion-Oh »

Pensa te se a Shito interessa la frequenza di uso di "goccioloni" in italiano. La parola esiste, quindi si usa se è la traduzione giusta. Il resto non importa.
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souleisen
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Re: Omohide PoroPoro - straordinariamente in italiano

Messaggio da souleisen »

Ci sarebbe molto da dire, ma mi concentro su un aspetto "metodologico" per lasciare la risposta al diretto interessato.
La questione del titolo:
Come Shito spiegava Omohide e' lettura passata del moderno Omoide, e' quindi palese che il titolo sia preso anche esso da un contesto storico passato....Quando Internet ancora non vi era.
Quindi, intanto, lo studio sulla frequenza di PoroPoro e' altamente inattendibile. Per non parlare poi della differenza tra lingua parlata e lingua scritta (in particolare poi in giapponese).

E comunque, senza passare per Saussure, "Tradurre e' tradire", mai sentita?
Ci sono momenti, molti, in cui una traduzione contestuale e testuale insieme e' impossibile.

a)
Tutto il contrario. Essendo la lingua mezzo di comunicazione deve essere basata su modelli accessibili a tutti. Se Mattarella si mettesse a utilizzare parole inventate da lui che nessuno potesse comprendere non starebbe parlando il "suo" italiano, non starebbe proprio parlando una lingua. Poiche' l'unica cosa che della lingua si puo' dire e' che si tratta si un mezzo di comunicazione, un codice, che deve essere per forza condiviso.
E questo e' assicurato solo dal testo scritto. Anche dai dizionari.

b)
Sono convinto che Shito lo sappia benissimo.

c) Il contesto e' oltremodo variegato, e l'aspetto piu' importante non mi pare proprio sia quello della frequenza del vocabolo.
Anche perche' la frequenza del vocabolo dipende anche dal target dell' opera. Questo perche' i livelli stilistici della lingua esistono, in particolare poi in giapponese (i Buntai).Tornando a Poroporo...la ricerca su internet (comunque come gia' scritto non valida) divideva i risultati per stato sociale eta' eccetera?
Omohide Poroporo chiaramente non e' ad esempio mirato a un target giovanile (Omoide = ricordi = nostalgia). E non potrebbe essere che Poroporo sia utilizzato diversamente a seconda di varie variabili (in giappone poi dove le differenze generazionali sono accentuatissime?)...Questo, molto spesso non e' semplicemente accertabile, altro esempio dell'impossibilita' di traduzioni perfette.


Mi fa specie che dopo tutto lo scritto tu non abbia tentato una traduzione del titolo allora...Forse che non ve ne sia una migliore?
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nodisco
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Re: Omohide PoroPoro - straordinariamente in italiano

Messaggio da nodisco »

souleisen ha scritto:Mi fa specie che dopo tutto lo scritto tu non abbia tentato una traduzione del titolo allora...Forse che non ve ne sia una migliore?
Sì che c'è, tanto che è stata utilizzata da Lucky Red per la versione italiana: "Pioggia di ricordi".
Omohide Poro Poro si chiama così, non "Ricordi a goccioloni".
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LucianBelmau
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Re: Omohide PoroPoro - straordinariamente in italiano

Messaggio da LucianBelmau »

souleisen ha scritto:Ci sarebbe molto da dire, ma mi concentro su un aspetto "metodologico" per lasciare la risposta al diretto interessato.
La questione del titolo:
Come Shito spiegava Omohide e' lettura passata del moderno Omoide, e' quindi palese che il titolo sia preso anche esso da un contesto storico passato....Quando Internet ancora non vi era.
Quindi, intanto, lo studio sulla frequenza di PoroPoro e' altamente inattendibile. Per non parlare poi della differenza tra lingua parlata e lingua scritta (in particolare poi in giapponese).

E comunque, senza passare per Saussure, "Tradurre e' tradire", mai sentita?
Ci sono momenti, molti, in cui una traduzione contestuale e testuale insieme e' impossibile.
Sarei curioso di trovare le attestazioni letterarie della parola "goccioloni", allora, per farmene un'idea. Purtroppo da qui ho pochi strumenti seri di ricerca, ma appena sarò in patria cercherò di trovare il tempo. Vi sono vari registri formali, in giapponese, senza dubbio: in italiano invece non esistono. Il punto comunque è sempre quello: l'idea di una correttezza assoluta di tipo noumenico. Della traduzione "vera". "Giusto" può essere il processo e il metodo (anche questo è comunque opinabile), non certo la traduzione. Se così fosse, avremmo automi a tradurre e non persone. Non esiste nessuna corrispondenza assoluta tra lingua a e lingua b, mai.
La traduzione non può non essere anche contestuale, e se non lo è, è una decisione arbitraria del traduttore . A me sembra molto piu' vicina (chiedo scusa ma su questa tastiera non ho la u accentata) all'opinione personale l'idea per cui "non si può contestualizzare" piuttosto che la ricerca di un compromesso fra vari punti, tra i quali deve ovviamente esserci anche l'appropriatezza nel significato. Nessuno dice di basarsi "solo" sul contesto. Ma il contesto nei lavori recenti - pur molto rigorosi, nella loro logica autoreferenziale - curati da Shito è sparito. I personaggi parlano tutti alla stessa maniera. Le parole vengono usate in nome di un'"appropriatezza" arbitraria basata sull'interpretazione personale delle entrate sul vocabolario. Sacrosanto, ma parziale.
souleisen ha scritto: a)
Tutto il contrario. Essendo la lingua mezzo di comunicazione deve essere basata su modelli accessibili a tutti. Se Mattarella si mettesse a utilizzare parole inventate da lui che nessuno potesse comprendere non starebbe parlando il "suo" italiano, non starebbe proprio parlando una lingua. Poiche' l'unica cosa che della lingua si puo' dire e' che si tratta si un mezzo di comunicazione, un codice, che deve essere per forza condiviso.
E questo e' assicurato solo dal testo scritto. Anche dai dizionari.
E' strano, non ricordo di aver mai detto che la lingua debba essere "inventata". Mi sembra di aver detto che esistano delle istituzioni "create per costruire un'unità ideale della lingua, a scopi sia politici, sia culturali, sia pratici". Detto ciò, la lingua si evolve comunque, tant'è che ogni anno al tg sentiamo quei servizi relativamente interessanti su quali glosse siano entrate in quello o quell'altro dizionario; e assistiamo a lunghi dibattiti sull'utilizzo "corretto" o meno di un certo termine o di una certa espressione che dividono i linguisti. Non ho mai detto che il dizionario vada scartato, anzi, citandomi di nuovo: "Il dizionario, per quanto autorevole sia, non è che uno strumento. Affidarsi ad esso come unico referente è un errore, a mio umile giudizio, "oggettivo". Significa ignorare la natura stessa della lingua."

E piu' giu': "[...] quando due forme simili sono attestate nel dizionario (e dunque "corrette" anche da un punto di vista della lingua standard), allora la statistica non può essere ignorata, che ci piaccia o meno."

Come ho già detto, nessuno vuole imporre il contesto a scapito del testo. Ma fare il contrario è un errore, se si vuole veramente essere fedeli al testo originale. Altrimenti diventa un'opera poetica, e va discussa come tale.
souleisen ha scritto: b)Sono convinto che Shito lo sappia benissimo.
Se lo sa (che fastidio dover parlare di una terza persona, mi scuso direttamente con l'interessato, mi sembro una pettegola), allora è "doloso". Nel senso che se decide arbitrariamente di aggiungere un peso morfologico a una frase lo sta facendo per un suo gusto personale - legittimo, se si ha quest'idea di adattamento - e non per "fedeltà" al testo. La fedeltà imporrebbe di utilizzare la struttura standard della lingua italiana.
souleisen ha scritto:c) Il contesto e' oltremodo variegato, e l'aspetto piu' importante non mi pare proprio sia quello della frequenza del vocabolo.
Anche perche' la frequenza del vocabolo dipende anche dal target dell' opera. Questo perche' i livelli stilistici della lingua esistono, in particolare poi in giapponese (i Buntai).Tornando a Poroporo...la ricerca su internet (comunque come gia' scritto non valida) divideva i risultati per stato sociale eta' eccetera?
Omohide Poroporo chiaramente non e' ad esempio mirato a un target giovanile (Omoide = ricordi = nostalgia). E non potrebbe essere che Poroporo sia utilizzato diversamente a seconda di varie variabili (in giappone poi dove le differenze generazionali sono accentuatissime?)...Questo, molto spesso non e' semplicemente accertabile, altro esempio dell'impossibilita' di traduzioni perfette.
La ricerca su internet non è "valida" se si parla di uno scarto, per esempio, di qualche migliaia di attestazioni. Quando i rapporti sono di otto a uno (e ho anche fatto il rapporto proporzionale tra la popolazione connessa ad internet in Giappone e in Italia, altrimenti sarebbe stato ventidue a uno), i numeri sono così alti da giustificare anche una ricerca approssimativa come quella su Google. Ovviamente sarebbe meglio verificare su fonti affidabili, come pubblicazioni della Crusca o del Monbushō, l'attestazione di un termine e in quale contesto. Tuttavia, se si sceglie di utilizzare una glossa "alta" o rara nella lingua d'arrivo, bisognerebbe controllare se è tale anche nella lingua di partenza.

Sui registri, torniamo al punto b: in giapponese è normale avere registri di vario genere, in italiano no (e anche questa è linguistica e non la mia opinione). I registri onorifici fanno parte del quotidiano (es. negozi) in Giappone, in Italia no. Se si traduce in italiano, bisogna essere consapevoli che introdurre un registro onorifico, a livello sociolinguistico, modifica il contesto. Altrimenti non è piu' italiano, ma una sorta di metalingua che ricalca la lingua giapponese. Qui ovviamente si arriva a un dead end: per me è un concetto di adattamento assurdo, perché non ottiene quello che è il fine della traduzione, ovvero la resa dei contenuti. Shito penso mi risponderà che invece per lui è esattamente quello che la traduzione deve fare, ovvero ricalcare la lingua originale in costrutti anche di difficile comprensione nella lingua d'arrivo. Punti di vista, sarà il tempo a dirci chi aveva ragione.

Io dico solo questo: le vecchie traduzioni erano assurde perché abbandonavano il testo solo in favore del contesto, deciso in maniera arbitraria. Questi lavori, però, fanno l'errore diametralmente opposto: abbandonano il contesto e si focalizzano solo sul testo. E' lo stesso identico errore, solo al contrario.

souleisen ha scritto:Mi fa specie che dopo tutto lo scritto tu non abbia tentato una traduzione del titolo allora...Forse che non ve ne sia una migliore?
O forse perché non faccio graduatorie delle traduzioni, ma mi interesso del metodo di lavoro e del risultato finale.
Non faccio il lavoro altrui, perché per quanto poco mi piacciano i lavori di Shito, ne rispetto la serietà lavorativa. Peraltro, la mia idea di traduzione è totalmente diversa, dato che per me la lingua di arrivo è sacra quanto la lingua di partenza.
"Pioggia di ricordi" mi sembra un titolo appropriato. Se parlassimo solo dal punto di vista testuale, forse preferirei "Ricordi goccia a goccia": goccia a goccia ricalca bene l'onomatopeicità di "poroporo", e il valore di locuzione avverbiale. Però, e qui torniamo sulla necessità di adattare la forma standard in forma standard, "omohide poroporo", in giapponese, è una struttura meno marcata di "ricordi goccia a goccia". "Pioggia di ricordi" (forse "gocce" sarebbe piu' preciso?) recupera completamente la naturalezza della struttura originale. E' un peccato invece non riuscire a recuperare l'arcaismo di "omohide" rispetto a "omoide", magari si sarebbe potuto utilizzare il termine "memoria" invece di "ricordi", ma - e qui do ragione a Shito - sul dizionario le entrate di "memoria" e "ricordo" sono legate a due campi semantici abbastanza diversi. Ecco, questo è il punto. Credo sia abbastanza palese che solo se si uniscono testo e con-testo si può ottenere un risultato adeguato. Altrimenti si sfocia nel personale, e si ottiene tutto tranne che la fedeltà al testo di partenza.

:D
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Re: Omohide PoroPoro - straordinariamente in italiano

Messaggio da souleisen »

La ricerca su internet non è "valida" se si parla di uno scarto, per esempio, di qualche migliaia di attestazioni.
Intendevo dire non essere valida poiche', come OmoHide implica, 'Omohide poroporo' e' scritto in una lingua utilizzata in un contesto in cui interent non vi era, e che per questo la frequenza di utilizzo non puo' essere attestata (e poi, utilizzo scritto, orale?).

Sinceramente non capisco dove tu voglia arrivare.
Siamo tutti d'accordo sul fatto che la corrispondenza perfetta non esista (per ragioni svariate).
Siamo tutti d'accordo sul fatto che una traduzione buona debba essere anche contestuale.

Ma nel momento in cui vi e' la necessita' di creare un prodotto bisogna per forza tradurre, e quindi fare dei compromessi.
Come ho già detto, nessuno vuole imporre il contesto a scapito del testo. Ma fare il contrario è un errore, se si vuole veramente essere fedeli al testo originale. Altrimenti diventa un'opera poetica, e va discussa come tale.
E il contrario non e' forse lo stesso?Perche' la resa contestuale dovrebbe essere oggettivamente piu' importante di quella testuale?


Vi e' una gerarchia di valori?Non credo...o perlomeno non oggettiva.
Esempio: Poroporo e' naturalmente di origine onomatopeica. Ora, mettiamo a caso che in italiano si abbiano 2 vocaboli (x e y) per tradurlo.
Uno lo traduce correttamente in quanto a frequenza di utilizzo. L'altro in quanto a mantenimento dell'onomatopea.
Quale e' piu` corretto?Non vi e', naturalmente, risposta.
Come dici poi anche tu.

Pero' veramente non capisco in base a cosa tu possa criticare il lavoro Shito oggettivamente...Shito fa traduzioni contetstuali, solo ha magari una gerarchia di valori differente...Sembra quasi che tu pretenda una traduzione perfetta, ovvero impossibile, come anche da te sottinteso.

Spero di essermi spiegato
Voglio aggiungere che mi diverto molto a discutere e che l'eventuale aggressivita' e' solo per rendere piu` piccante il tutto!
Inoltre come studente di giapponese vedere che tu (che immagino pure lo abbia studiato a livello "accademico") sia ora in giappone mi rende felice e speranzoso!
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Shito
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Re: Omohide PoroPoro - straordinariamente in italiano

Messaggio da Shito »

Al momentos sono in studio con orario 6am - 22pm per Yamada, però:
Nessuno, in Italia, dice comunemente "goccioloni" per indicare le grosse gocce che cadono, numeri alla mano.
Non ha davvero senso.

Perché nessuno più dire "nessuno usa". E' pazzia. Non esiste un metodo per condurre, seriamente, simili indagini statistiche. Google è uno strumento drogato, chiaramente, perché l'algoritmo di ricerca e soprattuto il 'taglio' dell'utenza internettiana non è neutro. Voglio dire che mettendo 'faraone' in google qualche tempo fa si aveva più hit per un calciatore che per i sovrani dell'antico Egitto. O che per qualsiasi, QUALSIASI chiave di ricerca google images renderà sempre qualche donna semispogliata e dei gatti random. Veramente, ma di cosa stiamo parlando.

"Omohide PoroPoro" SIGNIFICA "Ricordi a goccioloni", invece - che è la traduzione corretta, la più corretta, e vado a spiegare perché:

Parliamo di ESPRESSIONI IDIOMATICHE in italiano e in giapponese, eh!

Partiamo dal giapponese:"poroporo" è il suono di grosse gocce che cadono, del cadere di un liquido in grosse gocce. Per intenderci: non è plick plick, ma plock plock.

Non solo la pioggia, eh. Per esempio, si può anche piangere 'a lacrimoni', ed è sempre poroporo.

Ora, in italiano.

"Pioggia di qualcosa" indica una FITTA incidenza di quel qualcosa. Una pioggia di critiche. Una pioggia di idiozie. Presente? Più fitto ancora sarebbe 'grangnola di'.

"Gocce di qualcosa" indica la SCARSITA' di quel qualcosa, la sua incidenza sparuta. Gocce di memoria. Gocce di simpatia in un mare di astio.

"Qualcosa goccia a goccia" indica l'attività di stillicidio, ovvero di scarsa, sparuta e ripetura erogazione.

Nè l'uno, nè l'altro, nè l'altro ancora sono 'poroporo'.

PoroPoro indica la grossa dimensione delle goccie.

Quindi, sì, è proprio 'a goccioloni'.

Tipo i goccioloni di pioggia che, sparsi e caldi, precedono lo scoppio di un temporale estivo, per dire.

"Nessuno lo dice"... ma chi sei tu per dire questo? E' davvero ridicolo. Io l'ho detto, adesso. Quindi.

"I goccioloni di pioggia che, sparsi e caldi, precedono lo scoppio di un temporale estivo"

E' italiano? Sì.

Si capisce in italiano? Direi di sì.

Si capisce altro di quello che significa? Direi di no.

Indi è corretto in ogni modo e va benissimo.

NOTA: mi sa che tu sai usare poco google, e ne conosci poco l'algoritmo. Dici che con "goccioloni" vengono fuori prima dei biscotti. Bell'esempio faraonico, per dire (vedi casus succitato). Metti qualcosa di contestuale, furbone! Per esempio, se metti - virgolettato - "goccioloni di pioggia" troverai anche Mark Twain: "Picchiettando sulle foglie, cominciarono a cadere i primi goccioloni di pioggia." Una traduzione non mia, eh!

Scandalo!

Ma, ATTENZIONE:

se metti senza virgolette goccioloni e pioggia trovi QUARANTATREMILA hits, senza biscotti (sorpreso?), tra cui TRECCANI:

http://www.treccani.it/vocabolario/gocciola/
Dim. gocciolina, gocciolétta. Più com. l’accr. gocciolóne m., grossa gocciola: goccioloni di sudore; gli scendevano i goccioloni giù per le gote; goccioloni di pioggia, pioggia a goccioloni, spec. riferendosi alle piogge estive o tropicali; nel plur., pallini grossi per munizioni da caccia.
Ah, "più com." significa "più COMUNE". :-)

E questo è - in un bell'esempio - il modus operandi che applico in qualsiasi operato di trasduzione interlinguistica.

Perché NON MI IMPORTA NULLA di cosa tu, altri, google o chissecchesia statuisca essere "l'italiano parlato". Sono tutti dati fasulli e, per di più, paludosi. Sono le wastelands di Eliot, o peggio.

Parli di contesto, tu. Come quando mi dissero "eh, non puoi mettere in un dialogo serio "non ci posso credere!", sembra il tormentone di un qualche trio comico."

E io mi misi a ridere, perché: ma cosa mi importa di simili dati insignificanti? I comici passano. Tutto passa. Il semplice italiano resta. Quindi, non ci posso credere significa non ci posso credere, e basta. Ogni strato ulteriore è insignificante.

E' come il discorso dei significati di "intrigante". NON MI IMPORTA se per il "popolo di internet", sancito da forum e google e chissacosa, il primo significato si "intrigante" è divenuto "affascinante, interessante". Il primo significato è "che ordisce intrighi", e indi quell'uso è -semplicemente- corretto. Fine della storia. :-)

E certo, tengo presente il contesto. Di partenza e di arrivo.

E no, l'idea che io voglia ricalcare la sintassi giapponese è una bufala messa in giro da chi capisce poco di sintassi giapponese E italiana, ed è una cosa che ho già esplicato ed esemplificato (anche la semplice categorizzazione del giapponese come una lingua SVO, SOV, o quel che vuoi, dico questo modello, è stupida: perché il giapponese NON si basa su quelle categorie, tant'è che poi gli italiani che lo studiano si perdono nella divverenza tra ha e ga e wo come particelle tematiche e rematiche).

E boh, magari troverò il tempo di rispondere più puntualmente, perché sarebbe anche interssante. ^^

-G.
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Re: Omohide PoroPoro - straordinariamente in italiano

Messaggio da Cobra70 »

Shito ha scritto:Al momentos sono in studio con orario 6am - 22pm per Yamada, però:
Se la notizia non è già emersa altrove (sto seguendo il forum saltuariamente) la lavorazione di YAMADA è davvero un NOTIZIONE.
:gresorr:
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Re: Omohide PoroPoro - straordinariamente in italiano

Messaggio da nodisco »

Ma allora perché Lucky Red l'ha chiamato "Pioggia di ricordi" e non "Ricordi a goccioloni"?
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Re: Omohide PoroPoro - straordinariamente in italiano

Messaggio da Cobra70 »

Probabilmente per scelte commerciali di LR.
In ogni caso, ogni qualvolta gli è stato possibile, Shito ha riportato nel sottotitolo la dicitura corretta.
Gualtiero avrà margine di manovra molto elevato... ma su alcuni "dettagli" può solo fare pressione affinché vengano indicati correttamente, senza però averne l'ultima parola.

Scusate... mi accorgo solo ora che la notizia della lavorazione di YAMADA risale a un mese fa.
Mi dispiace... avrei dovuto fare molta più attenzione.
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Re: Omohide PoroPoro - straordinariamente in italiano

Messaggio da nodisco »

Speriamo che in una futura riedizione del dvd/bd capiscano l'errore e lo chiamino "Ricordi a goccioloni", allora.
Io non l'avevo ancora comprato, ma a questo punto lo lascio lì.
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Re: Omohide PoroPoro - straordinariamente in italiano

Messaggio da Heimdall »

nodisco ha scritto:Speriamo che in una futura riedizione del dvd/bd capiscano l'errore e lo chiamino "Ricordi a goccioloni", allora.
Io non l'avevo ancora comprato, ma a questo punto lo lascio lì.
Temo che questo non succederà. Il nome commerciale è una scelta che non compete a Shito: ormai è scelto e credo rimarrà invariato anche nelle prossime eventuali ristampe.
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Re: Omohide PoroPoro - straordinariamente in italiano

Messaggio da nodisco »

Heimdall ha scritto:
nodisco ha scritto:Speriamo che in una futura riedizione del dvd/bd capiscano l'errore e lo chiamino "Ricordi a goccioloni", allora.
Io non l'avevo ancora comprato, ma a questo punto lo lascio lì.
Temo che questo non succederà. Il nome commerciale è una scelta che non compete a Shito: ormai è scelto e credo rimarrà invariato anche nelle prossime eventuali ristampe.
Beh non è detto, nella riedizione de "La tomba delle lucciole" per esempio il titolo è stato cambiato... mah, vedremo.