Hōhokekyo Tonari no Yamada-kun - calorosamente in italiano

Discussioni su gli autori e gli anime Ghibli e Pre-Ghibli

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Shito
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Re: Hōhokekyo Tonari no Yamada-kun - calorosamente in italiano

Messaggio da Shito »

Io sono rimasto del tutto steso. Destrutturato. Svuotato.

Continuo a rifletterci, quasi ogni giorno.
"La solitudine è il prezzo da pagare per essere nati in un'epoca così piena di libertà, di indipendenza e di egoistica affermazione individuale." (Natsume Souseki)
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Shun
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Re: Hōhokekyo Tonari no Yamada-kun - calorosamente in italiano

Messaggio da Shun »

Shito ha scritto:Peraltro, manco a dirlo, esisteva una traduzione giapponese pregressa di quella canzone.

E, manco a dirlo, Takahata l'ha ignorata e se l'è ritradotta lui daccapo. ^^;
Che è la stessa cosa che fece per il brano "the rose" in Omohide poro poro; se non ricordo male lo avevi anche scritto nel topic dedicato.
Evidentemente Takahata vuole avere tutto sotto controllo di modo che il suo pensiero si espliciti per bene, anche attraverso le canzoni.

Sul film in topic non mi sbilancerò a scrivere troppo, non mi sento in grado di argomentare e fare osservazioni sensate da un lato e sentite/vissute dall'altro, forse sono ancora un po' giovane, soprattutto mentalmente, inoltre penso che sarebbe ben più pragmatico, veritiero e interessante leggere il parere di qualche genitore, madri e padri che nella reale quotidianità si impegnano a coltivare una famiglia.
Per questi motivi piuttosto che scrivere preferirei leggere i vostri pensieri, se vorrete condividerli. :sorriso2:

Mi limito a scrivere un paio di cose che ho pensato riguardo alcuni temi trattati nel film.
Trovo sia un'opera simpatica e allegra, brillante nelle scenette che mostrano le peripezie quotidiane di questa famigliola standard, tra l'altro piuttosto realistiche e forse per questo efficaci. Da un lato la famiglia mostrata è tipicamente giapponese e vive in un contesto giapponese, è di stampo matriarcale, il padre lavora e c'è anche la nonnina, quindi io occidentale non ci sono "dentro" in modo totalizzante, dall'altro lato sicuramente ci sono tematiche universali, ma c'è da dire che il film è del 1999.

In particolare ho pensato un po' ai due discorsi sul matrimonio.
Soprattutto per quello a inizio film mi son chiesto se i concetti proposti possano, riescano a farsi spazio e funzionino nella nostra epoca. Da una parte mi sembra che il discorso verta sul fatto che solo accoppiati e con prole si possa riuscire a vivere e affrontare le difficoltà della vita, dall'altra ora come ora mi sentirei di dire che mi pare un discorso un po' vecchio, se vogliamo prenderlo come dogma intendo. È più una cosa del passato, con le famiglie numerose di modo che i figli potessero dare una mano in casa e andar presto a lavorare. Dall'altra apprezzo il discorso se lo vedo come un incitamento a impegnarsi nella responsabilità di crescere dei figli e educarli, non solo in senso familiare, ma anche scolastico e civile, elementi che sono diventati un po' superficiali nella società attuale. Al contempo, sempre in relazione alla nostra epoca, vedo un confronto tra la necessità di stare con qualcuno, una dipendenza, la paura di star soli, quell'idea di famiglia per "sistemarsi" e il cambiamento del pattern delle relazioni e delle famiglie che si son sviluppati nel secondo Novecento e che sono in continua evoluzione, su vari piani. In tutto ciò ci sono chiaramente pro e contro da considerare e quindi quanto espresso dal discorso#1 è sufficiente o forse è un po' grossolano, figlio del suo tempo e necessita di integrazioni?
Tra l'altro, Shito, mi è tornata in mente una cosa che avevi scritto sul forum riguardo One Piece, ovvero: "in One Piece si fa famiglia". Anche questa cosa credo che si colleghi un po' a quanto sto cercando di dire, non One Piece in particolare, intendo il concetto.

Riguardo il discorso#2 (il testo è a pagina 2), quello quasi a fine film, trovo che abbia almeno due valenze, una più generale e una particolare.
La prima è una cosa presente anche in Pompoko e in Kaguya, cioè il fatto di accettare le imperfezioni degli esseri umani per quello che sono, solo così si può vivere. Mi ricorda un po' il detto Zen "se capisci, le cose sono così come sono; se non capisci, le cose sono così come sono.", che nell'ottica del film di Takahata possiamo leggere come: "gli esseri umani sono così, anche quello che ti è intimamente vicino può ferirti. Se accetti bene, se non accetti pazienza". In aggiunta, dato che il discorso è per un matrimonio e il film è per famiglie direi che Takashi, con rassegnazione e perdono, si riferisca in particolare alla vita coniugale e alla capacità di tenere unita una famiglia nonostante imperfezioni, difficoltà e problemi vari.
Per certi versi mi pare un discorso a tratti nichilista ("non c'è scelta") e di mio tendo a evitare estremizzazioni così forti, anche perché mi sembrano un po' delle scusanti per non impegnarsi e migliorarsi. Mi fermo qui perché non voglio andare off topic.
In definitiva rassegnazione, perdono, moderazione e legami risultano a mio avviso i cardini de I miei vicini Yamada, e a pensarci bene sono anche tematiche che troviamo in tutti i Ghibli di Takahata.

Voi cosa ne pensate di questo film?

EDIT: ho sistemato un po' il commento.
L'essenziale è invisibile agli occhi.
Jo3y
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Re: Hōhokekyo Tonari no Yamada-kun - calorosamente in italiano

Messaggio da Jo3y »

Dunque, un pò perchè dovevo metabolizzare il film, un pò per impegni di natura varia, commento solo ora.
E' un gran bel film. Molto caloroso. Molto vero. Un pò infido.
Ho riflettuto a fondo sul messaggio che il regista ha voluto diffondere con la realizzazione di questo film e, dopo attenta analisi, ho compreso di non condividerlo appieno. Se è vero che il pubblico dell'animazione è spesso un pò troppo infantile e sciocco nel rifugiarsi in questo genere invece di affrontare la vita vera, dall'altro mi rendo conto che Takahata viene proprio da tutt'altro mondo. Ho fatto leggere il discorso del sig. Yamada al matrimonio ai miei genitori e parenti (che erano per l'appunto coetanei dei coniugi Yamada all'epoca di uscita del film con noi figli della stessa età pressappoco di quelli animati) e l'hanno condiviso in pieno; loro, che i film d'animazione non li hanno mai compresi oltre la concezione di "intrattenimento per l'infanzia", proprio perchè presi dalle incombenze della concretezza e del vivere nel mondo reale.
Io no. Mi sono sentito accusato da questo film, ho riflettuto, sono andato in crisi e poi ho realizzato che il film resta davvero molto bello, ma che i tempi sono cambiati e non c'è più bisogno di essere così rigidi.
La storia è comunque di un calore e un affetto sorprendenti. Doppiaggio eccellente, come al solito.
Credo che quest'estate partirò con il primo "recuperone" completo in ordine cronologico dei film Ghibli, per poter godere finalmente dell'evoluzione stilistica e artistica di questi autori straordinari.

Grazie, Gualtiero. Grazie, Lucky Red.
Penauts
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Re: Hōhokekyo Tonari no Yamada-kun - calorosamente in italiano

Messaggio da Penauts »

Secondo me più che una questione di tempi è una questione di luoghi: è un film così visceralmente giapponese (come tutti quelli di Takahata) che non riesco a condividerne i contenuti (pur ammirandolo molto).
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Shito
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Re: Hōhokekyo Tonari no Yamada-kun - calorosamente in italiano

Messaggio da Shito »

Sono felice di poter parlare con voi di questo film.

Caro Jo3y, ho letto e riletto il tuo commento. L'ho letto e riletto perché, credo forse di averlo più o meno detto, questo film ha spiazzato e messo in crisi anche me.

Per mesi, eh.

Non so se ne sia ancora "uscito".

Dopo mesi mi sono reso conto che in effetti, più che mettermi in crisi, mi ha ferito. Profondamente.

Non credo che Takahata accusasse "il pubblico dell'animazione". Non credo che Takahata possa mai accusare il pubblico. Semmai, Takahata "accusa" le persone che la società la influenzano, la determinano. Con Yamada-kun, come argometavamo sopra, lui ha inteso criticare duramente la narrativa fantastica -di cui Mononoke Hime era stata l'apoteosi-. Ma Takahata è giapponese, con tutto che ha studiato la cultura francese, il Sessantotto e tutto, è giapponese. Quindi credo che per lui la responsabilità sia sempre di chi le cose le fornisce, le offre, non di chi le recepisce. Per gente così, sono anche io così, ragionamenti massimalistici, ovvero democratici, da "il pubblico vuole questo", o "la maggioranza vuole così" non valgono. Anzi. Chi ha una mentalità artistica responsabile non può che autolegittimarsi nelle sue scelte che vanno a inficiare molti. E' una logica deduttiva, non induttiva.

Indi, il fantastico Takahata lo critica perché secondo lui questo tipo di narrativa mostra una "realtà ideale" (quindi una finta realtà non reale) che finisce per far indurire le persone, che sedimenta nei giovani una mente che tende al "rifiuto" piuttosto che alla "conciliazione". Una mentalità intransigente. Un super-ego rigido.

Io credo di essere d'accordo con lui e credo che sia un po' il contrario di quello che dicevi tu.

Potremmo dire che mostrare "un mondo idealistico", fatto di idealità, va bene per i bambini. Ma protrarre la fruizione di un simile tipo di finzione nell'età adulta è molto pericoloso. Perché i bambini sono, per natura, "o bianco o nero", "o buono o cattivo". Sono categorici, intransigenti e radicali. E' la giovinezza. L'età adulta dovrebbe muovere dalla pacifica assunzione della realtà sfumata, e dalla capacità di adattamento a vivere in quella. Anche la biologia ce lo conferma: chi non si adatta all'ambiente muore, si estingue.

Il motivo per cui il film mi ha ferito così profondamente è che anche se mi sembra tutto giusto, anche se dinanzi alla scena finale piango perché mi sento un fallito totale (già solo il modo un cui cammina Nonoko mi fa piangere), la verità è che anche capendo questa lezione è troppo tardi. La società non è più quella ritratta nel film (primi Novanta) e non è neppure quella di quando il film è uscito (ultimi Novanta).

Non è più una società per una famiglia media (significa: mediocre) con casa indipendente di proprietà, nucleo monoreddito, due figli e nonna sotto lo stesso tetto.

Non è più una società con quel tipo di comunicazione familiare.

Non è che quella società si sia semplicemente "rotta": è che di quella società non restano ormai neppure le macerie.

Quel modello è esistito in Giappone sull'onda lunga del loro "miracolo economico", mentre da noi si è visto di straforo con l'onda lunga del Piano Marshall. Quel modello, per noi, era il sogno che si è costruito con una vita a credito, uno stato a credito.

E ci credo che la gente rimpiange gli Ottanta: erano anni in cui una nazione viveva al di sopra delle sue possibilità. Così è molto facile, no?

E invece, ripeto, di tutto quello che potrei rimpiangere, che potrei pensare di anelare cambiando la mia vita, non rimangono neppure le macerie.

Indi non si può che fare un sorriso storto, e magari versare una lacrima amara in silenzio.

Credo.
Ultima modifica di Shito il gio mag 12, 2016 3:15 pm, modificato 1 volta in totale.
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Muska
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Re: Hōhokekyo Tonari no Yamada-kun - calorosamente in italiano

Messaggio da Muska »

Vorrei ringraziare Shito per l'importanza del suo post.
Non parlo solo del valore individuale dell'aprirsi del suo animo e dei suoi pensieri, così generosamente, in un consesso pubblico, anteponendo l'empatia e la positività del volerci comunicare in modo limpido considerazioni così private ma al contempo importantissime per una esistenza consapevole e che abbia qualche senso, ma anche per la ricaduta benefica e stimolante sulle tante menti che, me compreso, cercano sempre di sfuggire una realtà diventata molto ostica per gli animi deboli e viziati.
Grazie di tutti i tuoi continui contributi, Gualtiero, per me sono un esempio importante. Molto.
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Shito
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Re: Hōhokekyo Tonari no Yamada-kun - calorosamente in italiano

Messaggio da Shito »

"Stabilità familiare, desiderio del mondo" <- era lo slogan del film, in Giappone.

Guardando questo film, mi viene da pensare che la nostra attuale società, dove qualsiasi sogno di serenità familiare è infranto e dimenticato, non sia che un teatro dei finti lussi episodici che fungono da diversivo dinanzi a una vita reale che non comincia mai.

"Siccome non potrai avere una famiglia vera, ovvero una vita mediocre ma serena, siccome non potrai crescere davvero i tuoi figli come in effetti tu sei probabilmente stato cresciuto, stordisciti con qualche gadget costoso, con della tecnologia inutile, con un viaggio, con qualsiasi cosa che puzzi di lusso, che ti inebrii, e che non ti faccia pensare a quello che non hai, e non potrai avere."

Una cosa così. La frivolezza, le frivolezze, che si trascinano nell'incapacità di gioire della serietà.

Un eterno giro in giostra, in un modo o nell'altro. E quando la giostra si ferma, raccatta un altro biglietto. Tra un biglietto e l'altro fai qualcosa per poterti comprare il prossimo biglietto.

Ma in questa vita di diversivi, di svaghi, in questa vita così fasulla... quando comincia una vita vera?

Una vita vera, dico, fatta di dolori e noia di cui essere felici, perché sono veri, perché sono l'essere in vita.

Non comincerà.

E poi ci sono i falsi miti di progresso, che ti fanno credere che aver studiato una vita e dover fare l'emigrante (andare a lavorare all'estero è questo: fare l'emigrante) sia una cosa bella invece che una cosa triste. Ti fanno credere che non poter avere radici, che essere "cittadino del mondo" invece che una cosa miserrima sia un ideale desiderabile. Ti fanno credere che non avere un'identità sia bello.

Sono tutti inganni. Gli inganni con cui si tenta di far sopportare l'insopportabile.
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