Re: 'La Grande Avventura di Hols, Il Principe del Sole' ed.italiana BLU RAY
Inviato: sab gen 20, 2018 9:11 am
da Shito
Ok, ora faccia il bravo (?), mi contraddico e provo a fare una collatio dei miei pensieri su Hols no Daibouken...
...quindi, ma voi avete davvero presente il film Taiyou no Ouji - Hols no Daibouken? [Traduzione: Il Principe del Sole - La grande avventura di Hols <- nota: sono "due titoli", il primo non è apposizione del nome "Hols"] Perché il punto è se lo si sia visto di recente, dico relativamente di recente per essere stata una visione "da adulto".
Partiamo però dal principio. Non so se conosciate i fatti: questo fu un film fatto in tempi di socialismo operaio, con una logica da socialismo operaio, con un senso di socialismo operaio. In Giappone, parlando di sindacalismo socialista, si diceva ANPO. Takahata e Miyazaki lavoravano come dipendenti fissi alla TOEI, avevano fatto, o facevano, le rappresaglie sindacali degli operai: il dormiglione Takahata era il presidente della locale sezione dell'ANPO, e l'iperattivo Miyazaki era un portavoce e oratore. Il tema del film in questione, comunque, è "l'unione delle persone", e si vede molto bene. Fu il senpai Ootsuka Yasuo a proporre per la regia il giovane Takahata Isao, che era laureato in francese e che un po' come Tomino si era avvicinato all'animazione (e alla TOEI) perché era interessato alla regia, al cinema, e alle possibilità di espressione dell'animazione - aveva visto il film di Grimault e Prevert, Il re e l'uccello (La pastorella e lo spazzacamini) ed era rimasto fulminato. Così gli assegnarno la regia di questo nuovo film ad alto budget, e anche così "Hols" costò il doppio del suo budget, e da otto mesi la produzione richiese tre anni. Come dire: fu la prima regia cinematografica di Takahata, e il trend non sarebbe cambiato. ^^
Io credo che Takahata non senta nessuna urgenza, nessuna necessità di dirigere alcun film. Quando Suzuki Toshio gli ha chiesto di fare Kaguya-Hime no Monogatari, Takahata ha 'tipicamente' (per lui) risposto: "perché dovrei farlo?". Quanto quel suo ultimo film sia costato in termini di tempo e soldi è storia, ed è fantastico, ma questo è un altro tema.
Tornando quindi a Hols no Daibouken, c'è davvero da ribadire quel che anche Francesco Prandoni scrive nel suo libro, ovvero che in sostanza quel film fu il definitivo e più brillante momento di distacco dello stile animatorio giapponese dalla tradizione statunitense. Anche i contenuti sono assai distanti da quelli tipicamente infantili di Disney. Davvero Takahata aveva una forte influenza intellettuale europeista.
A tal proposito, illuminante è sempre il documentario Ootsuka Yasuo no Ugokasu Yorokobi [La gioia di animare di Ootsuka Yasuo]. Lì ci sono testimonianze preziosissime. In pratica, anche se il film era inteso come 'fatto da tutti' (socialisticamente, in senso creativo), dopo un po' Ootsuka e Miyazaki si ritrovarono tagliati fuori dalle riunioni creative. E non capivano perché. Soprattutto Miyazaki non capiva perché Takahata (e con lui l'anziano Mori Yasuji) usassero tanto tempo (ovvero metraggio) sulle paturnie di Hilda, piuttosto che per fare delle scene d'azione "toste", grandiosamente animate, come avrebbero voluto fare lui e Ootsuka (il combattimento col mostro barracuda ha fatto storia e scuola, l'uomo di roccia Mog pure, il mammut di ghiaccio anche). Poiché Takahata continuava a chiedere estensioni di minutaggio, e la produzione gliele negava, alcune scene particolarmente concitate, ovvero movimentate, vennero rese in scena con sequenze di immagini statiche, cosa che a Miyazaki deve essere costata tantissimo: lui ha sempre criticato Tezuka per ciò che ha fatto in animazione, dimostrarndo che si potevano vendere anche dei "cartoni non animati", quelli per cui Tomino avrebbe poi detto: "capii che anche mostrando disegni statici in televisione, il tempo passava lo stesso, e la storia si raccontava lo stesso". Come un ritorno ai kamishibai del passato, volendo. E' l'immaginifico del fruitore che riempi gli "spazi vuoti", e in animazione la staticità ovvero fissità è "vuoto". Ah, Kaguya! Quanto avresti avuto a insegnarci, in tal senso!
In ogni caso, Ootsuka racconta che quando vide poi il film completo, dico Hols, si mise a piangere, e accettò che "lui non avrebbe mai potuto essere un registra, che lui doveva limitarsi a fare le animazioni, a fare quelle cose divertenti che piacevano a lui" (sic). Per la cronaca, si sa che la regia di Cagliostro no Shiro era stat in primis offerta a Ootsuka, che rifiutò dicendo "non sono capace di dirigere", e passò la cosa a Miyazaki Hayao. Perché evidentemente Miyazaki, che era rimasto colpito da Hols tanto quanto Ootsuka, se non di più, non accettò il fatto che lui era un po' un bambinone che disegnava, mentre Takahata era un intellettuale che dirigeva, credo. Certo questa è una riflessione mia, però Ootsuka dirà: "Non fosse stato per Takahata, Miyazaki avrebbe speso tutta la vita a fare cose infantili come i cartoni animati" (sic). Per contro, lo stesso Miyazaki – filmato, nelle sue proprie parole – dice proprio: "Pakusan non stava più facendo i cartoni animati... stava facendo Prevert, stava facendo Edith Piaf!" (sic).
L'animazione giapponese cambia con Hols. Ovvero, l'animazione giapponese, per quello che sarebbe davvero diventata, nasce con Hols.
Sappiamo ad esempio che dopo Hols il buon Miyazaki Hayao passerà lunghi anni, tanti anni a 'disegnare per Takahata'. Tipo il braccio e la mente. Sono i tempi che vanno da Heidi a Anne, passando per Marco e per i Panda allo zoo di Tokyo con Pippi sotto mentite spoglie. E' quasi spaventoso, ma quando Ootsuka poi rivedrà Miyazaki dopo quel lungo periodo dirà che "Miyazaki era cambiato" e che "aveva realizzato una mole impressionate di disegni". Ora, se questo l'avessi detto io, non è che ci sarebbe da sorprendersi. Io non so disegnare neppure l'omino col pallino per testa e lineette per corpo. Ma Ootsuka Yasuo! Ootsuka Yasuo assomiglia a Tezuka. Se Ootsuka dice che quealcuno "aveva realizzato una mole impressionante di disegni", se da quella mole è rimasto impressionato *lui*, beh... c'è da pensare. Di lì a breve Miyazaki avrebbe iniziato con la regia di Mirai Shounen Conan. La nave lì si chiama "Barracuda".
Ora, però, il vero punto è Hilda.
Sappiamo bene che Clarisse de Cagliostro è considerata non solo il prototipo delle eroine miyazakiane, ma anche la capostipite del lolicon prima e del moezoku dopo.
Ebbene, se penso a Hilda, dico che Hilda distrugge da sola tutto l'otakuzoku, il lolicon e il moe.
Hilda è come una figura femminile preraffaelita. In lei sono l'afflato vitalistico e mortifero, entrambi. Hilda è amore materno e odio assassino. Senza dissociarli. E senza dissociarsi: Hilda non è mica bipolare, eh. Queste sono cose postmoderne, no. Hilda è *solo* una femmina. Non è una rori, ma non è neppure una donna cresciuta, vissuta e imbruttita (è il compromesso Miyazakiano, questo), Hilda si trova semplicemente nel mezzo, nell'ambivalente mezzo. Accettare Hilda è altresì la maturità maschile del capire che nella femminilità quei due antipodi NON sono disgiunti.
Maturità maschile?
Ecco, fantasizzo infatti che Miyazaki abbia passato tutta la vita, come un bimbo, a cercare di capire Hilda. Me lo vedo quasi: "ma Hilda è buona o cattiva? Hilda è come lo scoiattolino Chiro o come il gufo Toto? Com'è la vera Hilda? E' una brava bimba che -poverina- era finita a fare la cattiva, o è una cattiva che si redime?". Credo che Miyasan abbia fatto 'coppie' di questo tipo di femminilità disgiunta - e l'ha disgiunta nell'età, santificando le bimbe pure e compatendo le donne sporcate.
Bisogna partire da Sabaku no Tami. La fanciulla di Sabaku no Tami è Hilda. Nel senso che è uguale. Alle vesti ainu si sostituiscono altre vesti 'etniche', ma è uguale. Poi c'è la ragazza di Shuna no Tabi, che è Therru (del libro) ma è evidentemente ancora Hilda. Poi c'è Nausicaä, che incomincia a essere sdoppiata con K'shana. Nausicaä dà di matto e ammazza i soldati quando vede il corpo del padre assassinato, poi crolla e ha paura di sé stessa. Ovvero, Nausicaä non è più Hilda: è un pezzo di Hilda. Nausicaä è pura, ma l'odio la porta alla cattiveria - lei lo teme. K'shana è l'altro pezzo di Hilda: lei è cattiva, perché deve esserlo. Ma poi scopri che ha sofferto più di tutti. L'ambivalenza di Hilda si è sdoppiata in una coppia di femmine antipodiche. Inutile parlare delle altre coppie, perché da qui a San e Eboshi è un solo passo davvero. Solo che San è ancora più Hilda di quanto non fosse Nausicaà, perché nel frattempo il manga si era concluso, Miyazaki era invecchiato e cresciuto almeno un pochino, e infatti Mononoke Hime è la sua opera più matura in assoluto.
Ma nel frattempo, se ci pensate, anche Nadia è ancora Hilda. Ovvero, è una Lana che stava già diventando Monsly, è una Nausicaa che stava diventando K'shana. Quando a Tartessos Nadia tenta il suicidio, è una crisi ben più profonda di quella di Nausicaä, che si spaventa da sé, ma sa in cuor suo "di essere buona". Nadia teme il suo sangue: "Usando il potere della Blue Water diventerò un'assassina come mio fratello e mio padre!". Come si dice, in giapponese? "Non si può sconfiggere il sangue" e "Il cucciolo di una rana è una rana" (ma anche da noi, nell'antica Roma, si diceva: "non perché una scrofa partorisce nella stalla il nuovo nato è un puledro.", in barba alle velleità dello ius soli).
Dunque dicevo, Hilda, Nadia. Ma ai tempi di Clarisse, di Lana, si Sheeta, era già tutto molto annacquato. Queste fanciulline miyazakiane sono come delle madonnine (ovvero: delle piccole Kannon). Lana, che prende comunque ke mosse da Hols, è praticamente San Francesco al femminile, o Gesù Cristo al femminile, parla con gli uccelli ed è in contatto con la natura. Clarisse chiama tutti -san come una bambina delle elementari, ed è lì ad voler essere "presa e portatat via" dal Signor Ladro. Quando la vediamo bimba ver, nel flashback col cane, è praticamente la Nausicaä omerica - in tutto e per tutto. Basta poi ricordare che di Sheeta non si sa davvero niente. "Sono carina, che altro?" sembra dire ad ogni sguardo. Ha un momento di timore per la sua 'eredità' giusto sulla coffa della Tiger Moth, oh-mio-dio le parole di distruzione, gli incantesimi cattivi, ma lì finisce. Per il resto è la rori che cucina per i pirati e tutti l'adorano. Da lì, il passo ulteriore poteva essere solo Fio, che disegna anche gli aeroplani a diciassette anni, ma poi si denuda come Heidi, tanto è ingenua - solo che il denudarsi di Heidi prima, di Shoukichi poi, di Kaguya poi ancora ha tutto un preciso senso che quello di Fio non ha, lì è solo fanservice lolicon.
E Hilda? Hilda è combattuta tra l'attitudine femminile a sedurre (con la lira e il canto) a 'corrompere' tutti gli uomini del paese, dividendone gli animi e rendendoli indolenti, così che abbandonino il lavoro comunitario per ascoltarla, una natura maligna in senso proprio che la porta a voler desiderare di essere ancor più maligna, abbandonandosi a questo suo lato (e tradisce, e complotta, o meglio femminilmente 'si presta' al complotto di un uomo anche pateticamente stupido), e dall'altro lato un ancor più forte, profondo e naturale *istinto materno*, che la porta a voler salvare *la bambina piccola*, Mauni, quella che bella sua ingenuità infantile continuava pervicacemente a *volerla privare della sua solitudine*. Hilda vorrebbe salvare solo lei, ma no, lo *scoiattolino* (Chiro) le dice: "No, non puoi ingannarti in questo, non faresti che dare nascita ad un'altra Hilda, tutta sola soletta, un'altra Hidla, che non piange anche se vorrebbe piangere dalla tristezza". Argh. E poi ancora Hilda sceglie la morte, perfino, per salvare il bimbo Flip. Ma come si può guardare la scena di lei che si lascia trapassare dai lupi che sono i venti gelidi senza tremare? Come si può?
Dicevamo che Hols è dei tempi dell'ANPO. Più precidsamente, è del '68, quando il Giappone doveva ancora entrare nella postmodernità, si sarebbe detto poi, dato che Osaka70 è nel '70, ovvio.
Hols, Principe del Sole, è giusto l'anno prima dello sbarco dell'uomo sulla Luna.
Dicevamo che fu un film "socialistico", nelle intenzioni di realizzazione e nel tema. Giustamente lo si considera un film fascista, che è socialismo minimalista. Dicevamo che il tema dichiarato è l'aggregarsi (e il dividersi?) delle persone, l'unire le forze.
Ma credo comunque che il fulcro di tutto, alla Giapponese, sia sempre tra la debolezza della solitudine e la forza dell'unione delle genti. E così alla fine la cosa tragica è che Grunwald è solo. Anche il fatto che abbia preso una probabile orfana, forse da lui stesso risparmiata, come "sorellina", e che chieda a Hols di fargli da "fratellino", non è che solitudine. Del resto, Hilda stava facendo lo stesso con Mauni. E' davvero un grande tema del passaggio da modernità a postmodernità, ovvero da socialità e asocialità, tra dipendenza e indipendenza, tra comunità e individualismo umano.
Mi ricorda anche un po' quel che Hara fece con "Il contrattacco dell'impero degli adulti".
Certo l'ambivalenza di Hilda continua a essere agghiacciante (termine scelto non a caso) ancora a trent'anni di distanza dal suo debutto.
E' il giovane Takahata Isao. Ma la vague (termine scelto non a caso) da verismo pseudosurrealista, e simbolista in questo, dell'autore c'è già tutta.
Takahata ai tempi di Hotaru no Haka disse: "l'animazione è una specie di surrealismo".
E come non lo si capirebbe, guardando che cos'è il Bosco degli Smarrimenti in cui cade Hols? Il mondo dei suoi dubbi, della sua confusione. E cosa può riforgiare la Spada del Sole? Il sentimento e lo sforzo congiunto di tutto il paese, la negazione della solitudine di Hilda, e di suo "fratello" Grunwald. Surrealismo, ma anche un forte simbolismo. Surrealismo simbolista.
Ma c'è anche tanto realismo, anzi neorealismo (che è verismo in immagini, a pensarci). Takahata era dichiaratamente un estimatore del neorealismo cinematografico, e il risultato è incredibile, per me. Il movimenti di Hilda fanno paura. l modo in cui Hilda parla, si muove, fa una corsetta, ridacchia, si fissa, si aggiusta una ciocca di capelli dietro all'orecchio... è realtà femminea. Miyazaki non ha mai animato una simile impressione di realtà umana in tutta la vita. Mi fa tremare. L'ambivalenza di Hilda è rappresentazione pseudosurrelista della femminilità.
L'unica cosa che mi viene in mente, come Hilda, è la Salomè. Ma non esattamente la Salomè di Wilde. La Salomè per come te la spiega Aby Warburg. Lui ti spiega che Salomè è "una ninfa", come lo sono le prostitute dell'impressionismo, come lo sarebbe poi stato Marylin Monroe della pop art.
La ninfa è il movimento, il tempo, è lo spirito femminile.
Le ninfe sbranano Orpheus che si rifiutava a loro, dopo la morte di Eurydike, perché Orpheus non accettava il tempo, la fine, la perdita. Non accettava l'impermanenza della vita e dei suoi significati. L'impermenenza.
La ninfa è fanciulla magica e strega. Ma non è neppure che l'una diventi l'altra, crescendo: Izubuchi è come Miyazaki, così è ancora troppo comodo. La ninfa è entrambe, contemporaneamente e alternativamente. Deve fare il bene e il male, del sé e del prossimo, gioire e soffrire, far gioire e far soffrire, perché in questo è quella perturbazione che è la vita stessa, il tempo, che significa che c'è un prima e un dopo. La ninfa è il turbamento stesso. I cerchi concentrici che si generano nello stagno quando butti un sasso. La perturbazione (nel mare di Dirac). L'antientropia. La transistasi.
Credo fosse per questo che Dante Gabriel Rossetti disegnava sempre queste donne che facevano paura nella loro altera, distaccata, puranco eterea bellezza. La dama col melograno è Persephone. La Maria che Dante dipinge in Ecce Ancilla Domini potrebbe essere Hilda, davvero. Altro che rori. Ma a Miyasan è piaciuta l'Ophelia di Millais - è più semplice. Nonostante tutto, io credo che Miyazaki non abbia ancora capito davvero, nel senso di accettato, compreso, e forse non capirà mai la tremenda semplicità di Hilda.
Perché la sua è forse una psiche maschile che nega tutto ciò, come quella di un otaku.Miyazaki diceva "che il senso della vita sia la felicità in vita non riesco ad accettarlo, non posso vivere così." Come lo capisco! Ci sono persone che hanno bisogno di trovare un fine al di fuori di sé per sopportare la vita. Qualcosa di più alto del proprio esser. E' un pensiero molto moderno e per nulla postmoderno. Hegel capirebbe. Quindi propriop come me, forse, anche MIyazaki Hayao è un rifiuto dell'impermanenza. Nel senso che lui la rifiuta, ma anche che è ciò che l'impermanenza stessa lascia come uno scarto. Rifiutando la vita, si diventa un rifiuto della vita.
Tipo, un maiale antropomorfo. Uno stregone marino stralunato. O Grunwald. O Aracne, in un bel film animato che è "tratto" da dei libri ma in realtà non è nient'altro che la grande avventura di Hols rifatta una generazione dopo, quando l'unione delle genti, socialistica, è diventata l'unione familiare - in termini di latenze. Tipo.
Volendo si potrebbe anche citare Tomino Yoshiyuki, a Char al contrattacco, alle figure femminili di Tomino. Pare che Tomino e Takahata siano amiconi.
Ma si torna sempre a Hols. Di nuovo: da questo film è incominciata l'animazione giapponese per quello che sarebbe poi stata.
La tensione drammatica nella narrativa animata.
Certo è una tensione drammatica non fine a sé stessa. Non è fan service. E' una drammaticità espressiva che col surrealismo mira all'indicare una strada di riflessione e forse di crescita. In realtà, e qui Miyazaki Hayao potrebbe impazzire, in Hols ci sono anche punti in comune col Tezuka che si sarebbe infine prestato al gekiga. Infatti il punto è sempre il passaggio dalle bambinate dei manga alla drammaticità dei gekiga - che Miyazaki Hayao cercò di perseguire ai tempi del film di Nausicaä, come dice Anno Hideaki.
Ma quel tempo e quel tentativo, quel penaiero e quella volontà, passarono. L'animazione giapponese, alla fine, nel manierismo di sé stessa è forse così diventata la materializzazione del "desiderio di adultità" di adolescenti in moratoria di crescita. Invece che la conquista dell'aultità, è diventata lo strumento dell'eterno permanere una pseudo-adultita fittizia, narratva. Una meta-adultita proiettiva e pantomimica, che tende piuttosto a sublimare la tensione verso la crescita reale dello spettatore. Un po' come la pornogtrafia in ambito psicosessuale, il cui consumo è un'esperienza di "pseudo-sessualità proiettiva" (voyeuristica) che tende piuttosto a sedare la spinta sessuale reale. UN'eterna adolescenza che trova una sua meta-realtà nelle narrazioni di finzione. Nel consumo dell'intrattenimento narrativo. Mi sempre questa la piega presa dalla società postmoderna.
E così pure, ormai, l'anmazione giapponese, anche con tutte le sue particolarità. L'animazione giapponese che era partita da Hilda e Hols e poi avrebbe conquistato l'occidente postmoderno con l'animazione bella di MIyazaki Hayao.
Ma alla fine, come dicevamo, la Therru letteraria passando per la Tribù del Deserto diventa la fanciulla accanto a Shuna che poi diventa mezza Nausicaä che poi diventando San è ancor più tornata a Hilda. Asbel è Arren è Ashitaka è Hols.
Sono sempre Hilda e Hols.
Tornando ancora più indietro ci sono solo la pastorella e lo spazzacamini. Di Prevert e Grimault - forse.
Re: 'La Grande Avventura di Hols, Il Principe del Sole' ed.italiana BLU RAY
Inviato: gio gen 25, 2018 6:20 pm
da tasuku
Caro Shito, gia' so che mi detesterai per il quoting
Shito ha scritto:Traduzione: Il Principe del Sole - La grande avventura di Hols <- nota: sono "due titoli", il primo non è apposizione del nome "Hols"
Non ne sono convinto.
In realtà, il trattino separatore non c'è:
太陽の王子 ホルスの大冒険
Shito ha scritto:In pratica, anche se il film era inteso come 'fatto da tutti' (socialisticamente, in senso creativo), dopo un po' Ootsuka e Miyazaki si ritrovarono tagliati fuori dalle riunioni creative. E non capivano perché. Soprattutto Miyazaki non capiva perché Takahata (e con lui l'anziano Mori Yasuji) usassero tanto tempo (ovvero metraggio) sulle paturnie di Hilda, piuttosto che per fare delle scene d'azione "toste", grandiosamente animate, come avrebbero voluto fare lui e Ootsuka (il combattimento col mostro barracuda ha fatto storia e scuola, l'uomo di roccia Mog pure, il mammut di ghiaccio anche).
A questo proposito, aggiungo una cosa.
In Hols non esiste un character designer unico.
Nella wiki ja si legge che Otsuka ha fatto Hols, Koro, Flep e tanti altri; Miyazaki ha fatto Grunwald - con Kotabe e Hayashi - il vecchio fabbro Ganko, Moug e il Mammut; il resto se lo sono divisi Kotabe e la Okuyama.
Hilda? L'ha disegnata un'unica persona, che ha creato solo il suo personaggio: Mori Yasuji.
Btw, secondo me nelle scene statiche che citi, Takahata ha fatto di necessita' virtu', ma la concitazione delle azioni dei personaggi traspare in modo decisamente efficace.
Shito ha scritto:E Hilda? Hilda è combattuta tra l'attitudine femminile a sedurre (con la lira e il canto) a 'corrompere' tutti gli uomini del paese, dividendone gli animi e rendendoli indolenti, così che abbandonino il lavoro comunitario per ascoltarla
In quel contesto sociale mi ha ricordato Schtroumpfette, come elemento di disturbo.
Shito ha scritto:Ma credo comunque che il fulcro di tutto, alla Giapponese, sia sempre tra la debolezza della solitudine e la forza dell'unione delle genti. E così alla fine la cosa tragica è che Grunwald è solo. Anche il fatto che abbia preso una probabile orfana, forse da lui stesso risparmiata, come "sorellina", e che chieda a Hols di fargli da "fratellino", non è che solitudine. Del resto, Hilda stava facendo lo stesso con Mauni. E' davvero un grande tema del passaggio da modernità a postmodernità, ovvero da socialità e asocialità, tra dipendenza e indipendenza, tra comunità e individualismo umano.
Secondo me quell'aspetto di Grunwald, classico 'nemico per necessita' di trama', e' fondamentale.
La ricerca da parte di un *sommo demone* di una 'sorella minore' (Hilda) e di un potenziale 'fratello minore' (Hols) mi ha sempre colpito.
E Toto si rivolge a Hilda sempre con linguaggio rispettoso.
Shito ha scritto:Mi ricorda anche un po' quel che Hara fece con "Il contrattacco dell'impero degli adulti".
Li' pero' si era gia' dentro la postmodernita' fin'oltre le ginocchia...
Shito ha scritto:Takahata era dichiaratamente un estimatore del neorealismo cinematografico, e il risultato è incredibile, per me. Il movimenti di Hilda fanno paura. l modo in cui Hilda parla, si muove, fa una corsetta, ridacchia, si fissa, si aggiusta una ciocca di capelli dietro all'orecchio... è realtà femminea.
Quanta verita'!
Anche se ho sempre avuto un po' di difficolta' a comprendere come potesse far convivere il neoralismo cinematografico con animali parlanti o antropomorfi. Sicuramente e' un mio limite, dato che i suoi film sono sempre *troppo*, ad ogni visione.
Una domanda: sai per caso se l'abbigliamento dei personaggi del film si rifaccia in qualche modo a quello degli Ainu?