articolo su Kon Satoshi
Moderatore: Coordinatori
- Rosario
- Ghibliano
- Messaggi: 405
- Iscritto il: sab apr 12, 2003 6:05 pm
- Località: Mirabella Imbaccari (CT)
articolo su Kon Satoshi
Carissimi,
vi segnalo un articolo sul regista Kon Satoshi apparso sul Manifesto del 17 gennaio.
Saluti da Rosario
------------------
Anime perdute, Chiyoko la diva
di Giulia D'Agnolo Vallan
Un'anziana star, da anni nascosta agli occhi del mondo, che ripercorre la storia dell'amore della sua vita e, con essa, quella del cinema giapponese; un idolo della musica pop diventata attrice la cui esistenza, popolata di fantasmi e di un misterioso maniaco, comincia ad echeggiare sinistramente il serial televisivo di cui è protagonista; un travestito, un alcolizzato e una ragazza scappata di casa, alla ricerca della donna che ha abbandonato un bebè nella neve, pochi giorni prima di Natale: nessuno dei tre film realizzati fino ad oggi da Satoshi Kon ricorda le trame e i temi dell'anime giapponese classico, i mondi panoramici, meravigliosi, del «maestro» Hayao Miyazaki, la spettacolarità sovrabbondante di un Metropolis, la visionarietà catastrofica del filone postatomico... Sorprendentemente moderni, popolati di personaggi complessi, velati di una quieta, «intima», malinconia, i film del quarantenne Kon (che ha alle spalle una carriera di disegnatore di manga e a cui il Future Film Festival sta per dedicare un omaggio), sono un mondo tutto a sé, dove la linearità narrativa cede il posto a salti inaspettati, simultaneità improvvise, permeabilità sorprendenti («la natura umana, al suo interno, è fatta di molti strati, e questa è una realtà che amo portare nel mio lavoro», dichiara il regista al New York Times) e, soprattutto, un mondo dove realtà, fantasia, cinema, sogno, (e incubo) entrano e escono uno nell'altro, in maniera assolutamente fluida.
L'esempio più completo di come funziona l'universo di Kon rimane Millennium Actress, il suo secondo lungometraggio (che la Dreamworks ha distribuito in Usa il settembre scorso, e che è tra i possibili candidati alle nomination per gli Oscar) e quello che è forse il suo film più bello. Costruito su un'idea da melodramma classico hollywoodiano (il regista firma anche la sceneggiatura), Millennium Actress apre sulle macerie di un grande studio cinematografico di Tokyo, con una troupe televisiva che si mette in testa di ricostruirne la storia attraverso il racconto di Chiyoko Fujiwara, famosissima diva inaccessibile al pubblico ormai da tanti anni. Il baffuto giornalista e il suo cameraman la trovano nel cuore di un bosco verde/blu, protetta dalle foglie, dal silenzio e da una vecchia domestica. Chiyoko non ha quasi mai rilasciato interviste. Infatti, nota la cameriera, ogni volta che parla, l'evento è annunciato da una scossa di terremoto. Ma quando Chiyoko, sottile e bellissima, inizia il suo racconto davanti alla telecamera, non si vuole più fermare («no, non voglio riposarmi, perché domani queste cose non le ricorderò più»), e giornalisti e star sono risucchiati nella sua storia che inizia il giorno in cui, un giovane sconosciuto in corsa la atterrò per sbaglio nella neve. Seguendo la sottile traccia di sangue lasciata dal ragazzo, Chiyoko scopre che si tratta di un pittore e un pacifista ricercato dalla polizia e gli dà asilo per una notte. È la sottile traccia che seguirà tutta la vita, la ragione per cui, questa ragazzina timidissima, che non aveva nessuna intenzione di diventare attrice, decide di accettare una scrittura in Manciuria (dove lui è diretto a protestare contro le azioni dell'esercito giapponese).
Satoshi Kon distilla in modo meraviglioso la natura ossessiva del (miglior) cinema e la storia/ossessione di Chiyoko che insegue l'amore della sua vita diventa storia del Giappone e dei suoi film, dalle avventure feudali di Kurosawa, ai melodramma di Mizoguchi, alla sci fi anni settanta. Che sia l'eroina di un cappa e spada, una geisha o un'infermiera durante la seconda guerra mondiale, Chiyoko interpreta sempre lo stesso film, il «suo». Con un finale che piacerebbe molto a Brian De Palma e a Clint Eastwood.
Meno rigoglioso, «visionario», di Miyazaki, eppure anche lui raffinatissimo, Kon adatta colori e stili ai generi e ai momenti storici («la cosa più difficile è stata animare le sequenza che si svolgono 40 o 50 anni fa. Quando i giapponesi indossavano costumi tradizionali e facevano tutto secondo un costume che nella cultura contemporanea si è completamente perso. Non sapevamo come si muovevano e come vivevano. Quindi abbiamo dovuto fare molta ricerca sui comportamenti»).
Anche Perfect Blue, il primo film di Satoshi Kon (che subentrò alla regia su richiesta del presidente dello studio d'animazione Mad House) è la storia di una protagonista della pop cultura, una popolarissima cantante teen ager che, sotto le pressioni di un avido agente, decide di abbandonare la sua band e di diventare attrice drammatica. «Who are you?», «chi sei?» è la prima ed unica battuta che le concedono di pronunciare nel pilota dell'umiliante serial poliziesco di cui la ragazza diventa coprotagonista. E così le sue identità professionali, che si sovrappongono una con l'altra (fino ad includere quella di un fantasma e di un maniaco), diventano il leit motiv di questo doloroso thriller psicologico dai riflessi sinistri, normalmente impensabili per un cartoon da grande pubblico.
Ma i cartoon di Satoshi Kon sono come quelli di nessun altro. Tokyo Godfathers, il suo ultimo lavoro uscito da pochissimo anche nelle sale Usa, è una sinfonia natalizia sulla capitale del Giappone giocata, nel turbinio della neve, tra mille variazioni di bruni, verdi e grigi, e altrettante variazioni di malinconia, è la storia di un neonato abbandonato e dei tre homeless che si mettono alla ricerca di sua madre. La trama, ammette lo stesso regista, arriva diretta da 3 Godfathers di John Ford.
(Il Manifesto)
vi segnalo un articolo sul regista Kon Satoshi apparso sul Manifesto del 17 gennaio.
Saluti da Rosario
------------------
Anime perdute, Chiyoko la diva
di Giulia D'Agnolo Vallan
Un'anziana star, da anni nascosta agli occhi del mondo, che ripercorre la storia dell'amore della sua vita e, con essa, quella del cinema giapponese; un idolo della musica pop diventata attrice la cui esistenza, popolata di fantasmi e di un misterioso maniaco, comincia ad echeggiare sinistramente il serial televisivo di cui è protagonista; un travestito, un alcolizzato e una ragazza scappata di casa, alla ricerca della donna che ha abbandonato un bebè nella neve, pochi giorni prima di Natale: nessuno dei tre film realizzati fino ad oggi da Satoshi Kon ricorda le trame e i temi dell'anime giapponese classico, i mondi panoramici, meravigliosi, del «maestro» Hayao Miyazaki, la spettacolarità sovrabbondante di un Metropolis, la visionarietà catastrofica del filone postatomico... Sorprendentemente moderni, popolati di personaggi complessi, velati di una quieta, «intima», malinconia, i film del quarantenne Kon (che ha alle spalle una carriera di disegnatore di manga e a cui il Future Film Festival sta per dedicare un omaggio), sono un mondo tutto a sé, dove la linearità narrativa cede il posto a salti inaspettati, simultaneità improvvise, permeabilità sorprendenti («la natura umana, al suo interno, è fatta di molti strati, e questa è una realtà che amo portare nel mio lavoro», dichiara il regista al New York Times) e, soprattutto, un mondo dove realtà, fantasia, cinema, sogno, (e incubo) entrano e escono uno nell'altro, in maniera assolutamente fluida.
L'esempio più completo di come funziona l'universo di Kon rimane Millennium Actress, il suo secondo lungometraggio (che la Dreamworks ha distribuito in Usa il settembre scorso, e che è tra i possibili candidati alle nomination per gli Oscar) e quello che è forse il suo film più bello. Costruito su un'idea da melodramma classico hollywoodiano (il regista firma anche la sceneggiatura), Millennium Actress apre sulle macerie di un grande studio cinematografico di Tokyo, con una troupe televisiva che si mette in testa di ricostruirne la storia attraverso il racconto di Chiyoko Fujiwara, famosissima diva inaccessibile al pubblico ormai da tanti anni. Il baffuto giornalista e il suo cameraman la trovano nel cuore di un bosco verde/blu, protetta dalle foglie, dal silenzio e da una vecchia domestica. Chiyoko non ha quasi mai rilasciato interviste. Infatti, nota la cameriera, ogni volta che parla, l'evento è annunciato da una scossa di terremoto. Ma quando Chiyoko, sottile e bellissima, inizia il suo racconto davanti alla telecamera, non si vuole più fermare («no, non voglio riposarmi, perché domani queste cose non le ricorderò più»), e giornalisti e star sono risucchiati nella sua storia che inizia il giorno in cui, un giovane sconosciuto in corsa la atterrò per sbaglio nella neve. Seguendo la sottile traccia di sangue lasciata dal ragazzo, Chiyoko scopre che si tratta di un pittore e un pacifista ricercato dalla polizia e gli dà asilo per una notte. È la sottile traccia che seguirà tutta la vita, la ragione per cui, questa ragazzina timidissima, che non aveva nessuna intenzione di diventare attrice, decide di accettare una scrittura in Manciuria (dove lui è diretto a protestare contro le azioni dell'esercito giapponese).
Satoshi Kon distilla in modo meraviglioso la natura ossessiva del (miglior) cinema e la storia/ossessione di Chiyoko che insegue l'amore della sua vita diventa storia del Giappone e dei suoi film, dalle avventure feudali di Kurosawa, ai melodramma di Mizoguchi, alla sci fi anni settanta. Che sia l'eroina di un cappa e spada, una geisha o un'infermiera durante la seconda guerra mondiale, Chiyoko interpreta sempre lo stesso film, il «suo». Con un finale che piacerebbe molto a Brian De Palma e a Clint Eastwood.
Meno rigoglioso, «visionario», di Miyazaki, eppure anche lui raffinatissimo, Kon adatta colori e stili ai generi e ai momenti storici («la cosa più difficile è stata animare le sequenza che si svolgono 40 o 50 anni fa. Quando i giapponesi indossavano costumi tradizionali e facevano tutto secondo un costume che nella cultura contemporanea si è completamente perso. Non sapevamo come si muovevano e come vivevano. Quindi abbiamo dovuto fare molta ricerca sui comportamenti»).
Anche Perfect Blue, il primo film di Satoshi Kon (che subentrò alla regia su richiesta del presidente dello studio d'animazione Mad House) è la storia di una protagonista della pop cultura, una popolarissima cantante teen ager che, sotto le pressioni di un avido agente, decide di abbandonare la sua band e di diventare attrice drammatica. «Who are you?», «chi sei?» è la prima ed unica battuta che le concedono di pronunciare nel pilota dell'umiliante serial poliziesco di cui la ragazza diventa coprotagonista. E così le sue identità professionali, che si sovrappongono una con l'altra (fino ad includere quella di un fantasma e di un maniaco), diventano il leit motiv di questo doloroso thriller psicologico dai riflessi sinistri, normalmente impensabili per un cartoon da grande pubblico.
Ma i cartoon di Satoshi Kon sono come quelli di nessun altro. Tokyo Godfathers, il suo ultimo lavoro uscito da pochissimo anche nelle sale Usa, è una sinfonia natalizia sulla capitale del Giappone giocata, nel turbinio della neve, tra mille variazioni di bruni, verdi e grigi, e altrettante variazioni di malinconia, è la storia di un neonato abbandonato e dei tre homeless che si mettono alla ricerca di sua madre. La trama, ammette lo stesso regista, arriva diretta da 3 Godfathers di John Ford.
(Il Manifesto)
Bellissimo, finalmente qualcosa si muove e ci si accorge anche in Italia del grande valore artistico dei film di Satoshi Kon, speriamo di vedere presto "Millennium actress" nel frattempo il tg di La7 ha fatto vedere alcune scene di "Tokyo Godfathers" in proiezione al Futurefilmfestival.
Miyazaki, Kon, Oshii: i tre maestri dell'animazione d'autore giapponese, senza dimenticare Watanabe ( stupendi i due suoi episodi in Animatrix!!).
Ciao,
janos
Miyazaki, Kon, Oshii: i tre maestri dell'animazione d'autore giapponese, senza dimenticare Watanabe ( stupendi i due suoi episodi in Animatrix!!).
Ciao,
janos
Di Kon nelle fumetterie vendevano il primo lungometraggio in vhs "Perfect blue", non ti posso assicurare che si trovi ancora, come "Ghost in the shell" di Mamoru Oshii. Sono film un pò datati e non sono stati pubblicati in dvd nel nostro Paese.Soulchild ha scritto:Cosa si riesce a recuperare in Italia (magari anche subbato, ma LEGALE)?
Io li ho entrambi grazie a Femanue ed a Kaorj
Ciao,janos
E' stato pubblicato anni fa da Yamato Video, dovrebbe trovarsi facilmente. Mi pare ne avessero annunciato anche il Dvd, ma finora non ce n'è traccia.janos ha scritto:Di Kon nelle fumetterie vendevano il primo lungometraggio in vhs "Perfect blue", non ti posso assicurare che si trovi ancora
C'ENTRA, nel senso di: "aver a che fare/riguardare"
si scrive CON L'APOSTROFO!!!
anche io sono molto curiosa di conoscere questo regista; l'articolo sopra letto ha stuzzicato la mia voglia di veder presto un suo film......
Attenderò con pazienza
Attenderò con pazienza
"Lascia planare le nostre anime sulla terra,
vivi tutt'uno con i venti.
Passa l'inverno con le sementi
e canta con gli uccelli la primavera"
vivi tutt'uno con i venti.
Passa l'inverno con le sementi
e canta con gli uccelli la primavera"
Si trova nel sito della yamato, mi pare costi anche poco.Jigen ha scritto:E' stato pubblicato anni fa da Yamato Video, dovrebbe trovarsi facilmente. Mi pare ne avessero annunciato anche il Dvd, ma finora non ce n'è traccia.janos ha scritto:Di Kon nelle fumetterie vendevano il primo lungometraggio in vhs "Perfect blue", non ti posso assicurare che si trovi ancora
In vino veritas
Se devi fare dei riti dimmi a che ora che ci sintonizziamo.Soulchild ha scritto:Azz... non c'avevo mai fatto caso! Grazie Cascio ! Ora il dilemma è: butto via 'sti 15 sacchi o comincio a fare i riti voodoo per una pubblicazione in dvd?Cascio3 ha scritto:Si trova nel sito della yamato, mi pare costi anche poco.
In vino veritas
Il film è bello, giallo psicologico,grande regia, poi ovviamente il genere può anche non piacere ma vale la pena vederlo solo per ammirare il talento artistico di Kon, soprattutto come regista,ciao.Soulchild ha scritto:Effettivamente avevo notato un V.M. 14 ... non che me ne freghi molto cmq... aldilà di quello, il film com'è?
janos