Flegias ha scritto:Capisco. Ma il problema è:
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davvero la scelta di Carl è un voltapagina? Un andare avanti senza l'unico amore? Finita l'avventura l'anziano si ritrova a fare il nonnino di Russell. La nuova giovinezza è raggiunnta solo durante la tanto agognata avventura, che alla fine si rivela deludente. Io ho anche pensato che l'intero viaggio fantastico con i palloncini fosse solo un illusione, un'ennesima e ultima fuga concessa a Carl, dalla quale scaturisce il rapporto autentico col ragazzino. L'incontro con Ellie è solo rimandato, per adesso il vedovo si occuperà di questo nipotino adottivo. A volerlo è lo spirito della moglie stessa, penso io. E' per caso l'ottica cristiana che trovi odiosa? Forse il personaggio di Russel non doveva prorpio esserci, in modo da non dare alcuna scappatoia al protagonista? |
E' un buonismo fasullo che mi fa dire 'puah!'.
Non sopporto che il vecchietto che si muoveva a stento e si era giustamente segregato nel mausoleo delle fisicizzazioni dei suoi ricordi poi -beh- 'volti pagina', affrancandosi dagli oggetti del passato. Li butta fuori di casa. E perché? Perche la mogliettina ti ha dato la sua postuma benedizione? E *tu* (uomo, maschio) cosa credi? Dov'è il valore del tuo passato? Il simbolo? E' una cosa che trovo troppo finta e disonesta, come e più della sua 'seconda giovinezza' fisica di cui il bimbo patetico è araldo.
Non so se ci sia ottica cristiana, ma io non credo in nessun valore sopra l'umano, sia cristiano o altro. Altrimenti la vita è una beffa. (*)
Sono solo io che statuisco cosa sia sacro per me, senza rifarmi a nulla che trascenda il mio pensiero.
La scena più bella del film, per me, resta quella in cui lui picchia in testa il tizio che dopo aver toccato LA cassetta della posta, con LE impronte, gliela vuole pure risistemare. E' per me una scena di una violenza terrificante. Quanto amore in quel colpo di bastone! Mi sono commosso, davvero, a quel punto.
(*)
Cfr. con una pagina di letteratura, qui tradotta da me medesimo, che credo racchiuda tutto il 'senso' di una vita maschile (logotica) mortale. Almeno per me.
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II - 31
In questa solitaria fermata di rinfresco tra Coalmont e Ramsdale (tra l'innocente Dolly Schiller e il gioviale zio Ivor), passai in rassegna il mio caso. Con la più estrema semplicità e chiarezza vedevo ora me stesso e il mio amore. I tentativi precedenti a paragone sembravano sfocati. Un paio d'anni prima, sotto la guida di un intelligente confessore francofono, al quale, in un momento di curiosità metafisica, avevo tentato di volgere uno scialbo ateismo di protestante per una cura papale vecchio stile, avevo sperato di desumere dal mio senso di peccato l'esistenza di un Essere Supremo. In quelle gelide mattine nel Quebec merlato di brina, il buon prete lavorò su di me con le più spiccate tenerezza e comprensione. Sono infinitamente obbligato verso di lui e la grande Instituzione che rappresentava. Ahimé, fui incapace di trascendere il semplice umano fatto che per quale che conforto spirituale potessi io trovare, per quali che litofaniche eternità potessero essere disposte per me, nulla potrebbe far dimenticare alla mia Lolita l'oscena lussuria che io avevo inflitto su di lei. A meno che non possa essere provato a me --a me come sono ora, oggi, con il mio cuore e la mia barba, e la mia putrefazione-- che ad infinito andare non importa un bel nulla che una ragazzina nordamericana di nome Dolores Haze sia stata deprivata della sua infanzia da un maniaco, a meno che questo non possa essere provato (e se può esserlo, allora la vita è una beffa), non vedo altro per la cura della mia sofferenza che la melanconia e l'assai parziale palliativo dell'arte verbale. Per citare un antico poeta:
Il senso morale è nei mortali il balzello
Che abbiam da pagare sul mortal senso del bello.
(H.H. ~ V.N.)