Il primo a teorizzarne l'esistenza fu il filosofo greco Democrito attorno al 450 a.c.
Egli infatti credeva che gli elementi costituienti della materia fossero questi Atomi, indivisibili, ingenerabili, incorruttibili, eterni.
Essi erano differenti fra di loro per dimensione, peso e figura, e grazie alla posizione rispetto ad altri atomi, ognuno di loro godeva di differenti proprietà al fine di formare tutta la variegata realtà.
Non potevano essere colti dai sensi, ma solo dalla ragione, che riusciva a carpire la necessità dei mattoncini fondamentali della materia.
A posteriori ci possiamo rendere conto di quanto sbalorditiva sia questa teoria formulata 2400 anni prima del primo atomo teorizzato in Fisica.
Balzo in avanti di quasi 2000 Anni, nel 17° secolo il Filosofo e Matematico Liebnitz sviluppa e reinterpreta la teoria di Democrito apportando teorie matematiche a spostegno della sua tesi...
Purtroppo la teoria di Liebnitz è tutt'altro che chiara, e la fumosa esposizione si perde fra dichiarazioni di coscienza delle "monadi" (gli atomi secondo Liebnitz) e affermazioni tutt'altro che scientifiche.
Nel 1803 J. Dalton, partendo da basi chimiche formulò la prima teoria atomica coerente, di come gli atomi sono composti e di come interagiscono fra loro, sull’onda di Thomson che 5 anni prima aveva scoperto l’elettrone e formulato un proprio modello atomico di stampo planetario.
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In parole povere un atomo è fatto come un sistema solare: al centro vi è un nucleo (nel sistema solare il Sole), pesante e stabile, e attorno girano (gravitano) parti più piccole grazie a interazioni di tipo elettro-magnetico (gravitazionale). |
A sconvolgere nuovamente la Fisica furono gli esperimenti di Rutherford nel 1911, infatti egli ha evidenziato che, in un fascio di raggi alfa (raggi lievemente radiattivi e penetranti, analoghi ai raggi X), solo pochi raggi venivano sensibilmente deviati, o addirittura respinti, mentre gli alti riuscivano a penetrare il materiale (una lastra di Zinco).
Questo fece comprendere che in realtà ogni materiale è formato sostanzialmente da grandi spazi vuoti dentro cui, legati fra loro, stanno gli atomi.
Due anni dopo Bhor perfezionò ulteriormente la teoria di Rutherford teorizzando il famoso modello dell’atomo planetario.
Inoltre Bhor introdusse un grado di complessità notevole con la sua teoria dell’atomo, integrando le teorie atomiche fin’ora apparse con la teoria Quantistica che stava nascendo in quel periodo.
Tuttavia, per quanto affinate e complesse le teorie del Barone Bhor riuscivano a spiegare con esaustività solamente la struttura atomica dell’idrogeno.
Il motivo fu scoperto solo attorno al 1930, data in cui venne individuato il neutrone, completando il modello atomico.
Ma dove sta quindi l’innovazione fra il modello atomico di Thomson, e tutti i modelli atomici planetari previsti in precedenza, e il modello atomico di Bhor?
Il modello atomico di Bhor prevede nella sua formulazione l’utilizzo esteso di quella che ora viene chiamata Meccanica Quantistica.
Infatti, prima della formulazione della Meccanica Quantistica da parte di Bhor, Born, Dirac, Ebrenfest, Fermi, Heisember, Neumann, Shroedinger, l’elettrone era sempre stato considerato come un punto materiale gravitante attorno al nucleo.
Su questo punto materiale agiscono le forze comunemente note nella meccanica classica, la forza elettromagnetica e, per quanto debole, la forza peso.
Il moto di questo punto materiale è calcolabile e in ogni momento, apportando dovute approssimazioni, è possibile conoscere la sua posizione e la sua velocità.
La Meccanica Quantistica, viene formulata partendo da esperimenti che non trovano spiegazione con la teoria fisica classica, e che evidenziano la necessità di introdurre nuovi schemi concettuali e formali in grado di spiegare questi fenomeni.
Fra i più eclatanti vi è l’esperimento delle due fenditure (teorizzato da Feynmann e realizzato nel 2001 da Zailinger) che evidenzia in particolar modo la doppia natura: ondulatoria, che corpuscolare delle particelle sufficiente piccole (o meglio, sufficientemente da non potere interagire con l’esterno). Questa doppia natura viene chiamata dai fisici natura duale, per sottolineare SIA il fatto che queste due nature, seppur coesistenti sono fra loro opposte ed allo stesso tempo si completano a vicenda.
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per interderci, l’insieme duale dei numeri positivi, sono i numeri negativi…in un insieme cartesiano l’insieme duale dei vettori che giacciono sull’asse delle x, sono i vettori perpendicolari, quindi i vettori che giacciono sull’asse delle y; qualsiasi vettore sul piano cartesiano è scrivibile come opportuna somma di vettori sull’asse x e sull’asse y. I due insiemi sono fra loro opposti (in un insieme non c’è nessun elemento dell’altro), e complementari (la loro somma descrive totalmente lo spazio in cui entrambe le classi di vettori giacciono). |
In realtà un approccio simile, ipotizzato per la prima volta da De Broglie, è, sebbene più intuitivo, anche non corretto.
Infatti la particella non è un punto materiale che si muove a seconda dell’onda che lei stessa propaga, ma la particella è SIA un punto materiale, CHE un’onda.
Infatti ha comportamenti affini a entrambe le descrizioni che la mente umana riesce a concepire. In realtà un elettrone non è né un punto materiale né un’onda, ma qualcosa che la mente umana non riesce a definire né tantomeno a formalizzare. Per questo l’unico espediente che siamo in grado di realizzare per descrivere pienamente una particella quantistica è di figurarcela come entrambe le cose, e trattarla con opportuni strumenti, talvolta come un’onda talvolta come un punto materiale.
Questa concezione della doppia natura delle particelle è così fondamentale per la meccanica quantistica che inizialmente essa aveva il nome di “meccanica ondulatoria”, ed è ormai entrata, anche se in modo fumoso e spesso frammentato, nel senso popolare comune.
Per parafrasare un detto popolare: “una volta che si entra nel tunnel è difficile uscirne”, allo stesso modo dall’ipotesi fondamentale, all’apparenza contraddittoria e certamente anti-intuitiva della meccanica quantistica, ne seguono molte altre che difficilmente trovano spiegazione nell’immaginario del cervello umano, ma che trovano conferma sia nel formalismo matematico sviluppato fin’ora, che nei raffinatissimi esperimenti volti a confermare o a smentire le conclusioni a cui giungono i “fisici teorici” o “fisici matematici”, ovvero coloro che studiano a tavolino le proprietà (e anche le applicazioni) in svariati campi della fisica, fra cui la Meccanica Quantistica.
Esempi di bizzarre proprietà delle particelle quantistiche, possono essere evidenti con il principio di indeterminazione di Heisemberg, e nel celeberrimo “effetto tunnel”.
In Breve, in base al proprietà algebriche attraverso cui vengono definiti posizione e velocità (o più propriamente impulso) per le particelle quantistiche risulta impossibile conoscere con assoluta precisione SIA la posizione della particella, CHE la sua velocità istantanea.
Intuitivamente questo si può comprendere pensando alla natura duale della particella: Se la particella è anche un’onda, se io volessi sapere la sua velocità, dovrei guardare “la scia” che l’onda mi lascia in un lasso di tempo, ma a quel punto dato che l’onda è un oggetto esteso, risulta impossibile determinare con assoluta precisione la posizione della particella, dato che ella E’ tutta la scia d’onda che io ho appena osservato, quindi un oggetto esteso.
Al contempo però, la particella è un punto materiale, quindi ha una posizione identificata nello spazio, ma dal momento in cui io ricerco la sua posizione, non posso più osservare tutto il pacchetto d’onda che forma la particella, quindi non posso determinare la velocità a cui si sta muovendo.
L’effetto tunnel invece è una conseguenza indiretta, e più complicata dell’interazione che avviene fra una particella quantistica e il mondo esterno, e avviene sotto opportune, e rare, condizioni.
In pratica l’effetto consiste nel fatto che una particella, raramente, può attraversare una sottile parete come se si teletrasportasse dall’altra parte.
Più in dettaglio, tutta la fisica quantistica, è basata sul concetto di stato.
Un oggetto quantistico (una particella, un raggio, qualsiasi cosa che abbia comportamento quantistico), è definita a seguito da uno “stato”: noi non possiamo sapere come precisamente è “fatto” l’oggetto data la sua natura quantistica, ma sappiamo che ha una certa possibilità di essere in un modo, e un’altra in un altro. Nell’esperimento delle due fenditure noi non possiamo sapere a priori, osservando lo schermo sul quale si scontrano le particelle, se la particella è passata dalla fenditura superiore o dalla fenditura inferiore. Sappiamo però che ha una certa possibilità di passare dalla fenditura sopra, e una certa possibilità di passare dalla fenditura sotto. (in questo caso 50% e 50%)
Questo ci permette di determinare lo stato del sistema.
Ma se noi misurassimo se la particella è passata dalla fenditura sopra, o da quella sotto, anche quello è uno stato del sistema, e questo stato sarà definito dal fatto che la particella è passata al 100% dalla fenditura di sopra, o da quella di sotto.
Nelle misure successive che noi possiamo effettuare, la particella ovviamente sarà sempre passata dallo stesso foro, quindi noi continueremo a misurare lo stesso stato.
Si dice noi abbiamo determinato lo stato del sistema.
In questo senso noi determiniamo la particella, che prima per noi era un’incognita, un insieme di probabilità, ora invece è un oggetto specifico ben delineato, che ha effettuato un percorso ricostruibile.
Ma se noi abbiamo determinato lo stato della particella, ora si comporta in maniera classica distribuendosi (secondo una gaussiana) in modo classico, quindi senza fare l’interferenza caratterista della natura quantistica dell’oggetto.
Molte discussioni e molti campi di applicazione si aprono negli scenari concepiti grazie alle innovazioni tecnologiche apportate dalla Meccanica Quantistica, ma la natura complicatissima e anti-intuitiva di questa scienza lascia aperti molti dubbi irrisolti e infinite complicazioni pratiche che nei prossimi decenni l’uomo tenterà di superare per dare vita alla rivoluzione nanotecnologica.
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Applicazione della scienza atomica, volta a manipolare fisicamente molecole e atomi per costruire meccanismi, ingranaggi, elettronica grande migliaia di volte meno delle versioni oggi disponibili. A causa delle microscopiche grandezze considerate, la meccanica quantistica svolge un ruolo principe anche per la progettazione di parti semplici come ingranaggi e fili. |