Faccio seguito sia al thread 'i vostri veri nomi' sia a una teoria mi pare di Sauron dove, chiedendo delle origini di nickname e avatar, si tentava di desumere 'retropsicologicamente' le attitudini di chi li aveva scelti per sé.
Io come Sauron ritengo che nel nome si riversi molto della personalità. Ma no, non dico a livello 'mistico', quanto piuttosto a livello psicologico, soprattutto a causa del fatto che il proprio nome, sia esso raro, comune, da ripetere affinché venga capito o quant'alto, finisce per forgiare nel tempo la "percezione del sé".
A questo proposito, spiego con un'autocitazione la ragioni della mia idea:
Proprio sul finale arrivavo dunque alla 'responsabilità' della scelta del nome per un figlio. Chiaramente, nessuno ha scelto il proprio nome. Ho spesso teorizzato l'idea che al compimento della maggiore età (per qualche che sia questa età, dato che è un limitare convenzionale) si debba 'confermare' o 'cambiare' il proprio nome, d'ufficio. Non sono poche le società in cui il passaggion dall'età infantile a quella adulta, in cui si vorrebbe dire la personalità del soggetto formata, si cambia nome. Dunque, visto che il nome infantile di un soggetto, ovvero il suo nome da bambino, lo scelgono i genitori, non sarebbe illogico che ciascuno avesse 'regolarmente diritto' di confermarlo o cambiarlo a seconda della sua maturata individualità.Shito aka Juste ha scritto:Quale identità? L'identità personale. Per cominciare da un esempio, si può dire che il proprio nickname, il soprannome che si usa in Internet e spesso si sceglie in piena liberalità, sia (quando selezionato con buona ragione) un importante punto di psico-retro-sintomatologia. Dimmi che nickname hai scelto e ti dirò chi sei. Il nickname è del resto un secondo nome che ci si attribuisce da sé, ovvero è il nome che si vuole per sé stessi, che si sente rappresentare il proprio essere. E io sono fortemente determinista in fatto di nomi. Volenti o nolenti, i nomi identificano le essenze, come i significanti determinano i significati. Una stella non esiste finché non gli si dà un nome, diceva un principe piccino nel criticare gli adulti, ma un po' è vero. Un'identità personale si riflette nel suo nome, che torna indietro sul suo possessore nell'autopercezione del sé, nel processo di sviluppo intellettivo, nella formazione della personalità. Il legame tra nome e identità personale veniva espresso, in modo senza dubbio assai più poetico del mio, anche da Sen e Chihiro. Ma capitimi, io sono molto più pesantemente analitico che leggiadramente poetico. Del resto, sempre per esempio, non si può chiamare un figlio Juste e pensare che quello poi non si interessi di etica, morale, diritto.
Io per esempio sto pensando di intentare la pratica di cambio nome per la mia sorellina, ma è un'altra storia.
Resta, soprattutto in assenza del sistema che teorizzavo, la responsabilità di scegliere un nome per un figlio. Si tratta, volenti o nolenti, di un atto pigmalionesco bello e buono: si scolpisce nel nascituro un tratto di caratterizzazione (e come dicevo autopercezione!) assolutamente fondamentale. Trovo sia quindi giusto assumersi questa responsabilità con buona presa visione.
Non solo, credo che psicologicamente per un bambino pensare di avere un nome per la scelta del quale si è molto pensato sia lusinghiero. Più brutto pensare di portare un nome scelto per la passione effimera di un momento, come il nome di un attore o di un attrice di grido, cose così. Quante volte succede.
Allora, veniamo a me.
La mia prima figlia vorrei chiamarla Nausicaä. So cosa state pensando, ma no. Nella mia mente, Nausicaä è un misto della principessa dei Feaci di omerica memoria e del personaggio miyazakiano, ovvero è quanto del classico Miyazaki ha messo nel suo. I personaggi femminili miyazakiani sono molto 'forti' interiormente quanto 'deboli' fisicamente. Trovo che Miyazaki meravigliosamente riesca a dipingere psicologie femminili per davvero (significa: non intente a pantomimare la maschilità come accade sempre in occidente) ma così straordinariamente positivi. Questo è perché io credo molto in un sessismo assai miyazakiano. Quindi Nausicaä è al tempo stesso la gentilezza, la sincerità della pulzella, ma al tempo stesso la forza del sentimento. E in questo, c'è anche un essere 'emotivamente avanti alla società', ovvero un individualismo buono, che trascende la ragione sociale: solo Nausicaä non si scandalizza alla vista di Odisseo nudo, lei pur vergine e principessa, mentre le sue serve non vanno a portargli aiuto. Si tratta dunque della nobiltà e della purezza del sentimento che trascende la socielità meschina. Il suono del nome è del resto meraviglioso: è un nome 'lungo e importante', ma scivola via senza incontri consonantici duri. E' un nome solo femminile (cosa che adoro) e non è un diminutivo naturale (cosa che adoro). E' un nome laico, cosa per me molto importante, proveniente dalla cultura classica, cosa altrettanto importante per me. L'etimo è incerto, si suole legarlo alla radice di 'nau-' (nave) e per tradizione alle navicelle spaziali. E' davvero un nome che trascende i limiti dell'umano. Come disse il mio amico Hubert, che pur pura coincicenza aveva sempre anche lui pensato a questo stesso nome per la figlia, e non avendo mai visto Miyazaki: "Nel nome Nausicaä c'è tutto".
Per la seconda figlia sono indeciso. Ovviamente Nausicaä ha grande forza interiore, e ben si adatta a una primagenita. Per la seconda si può pensare a un'intellettualità più ideale, più pura. Questo è un po' un sogno di ogni uomo d'intelletto: una femmina razionale. Mi pare Russeau dicesse che se si parla di averne una si tratta di un privilegio da omosessuali. Le donne, ovvero femmine umane adulte, sono essersi assai pratici, detiti alla vita (ancora: metis). Quindi per la seconda penso a nomi di teoria e concetto, per sognare, da pigmalione, una figlia teoretica.
Uno di questi è: Arianna. Significa "Purissima". E' anch'esso greco. Anche l'eroina Arianna del mito di Teseo mostra la sua intelligenza programmatica, logica e anche prospettica con la trovata del filo. Sicuramente un nome che starebbe bene dopo Nausicaä.
Sarebbe davvero viziarsi molto, ma poi c'è il nome Elektra. Che volete, era innamorata del padre! Ma in effetti preferirei un po' più di concordia familiare, quindi perché odio materno? Meglio di no. Anche il nome è un po' duro, poi.
Allora forse meglio la maggiore di Elektra: Ifigenia. La vergine sacrificale per antonomasia, uccisa in aulide dalla mano del padre, accetta il suo destino con la totale purezza della gioventù. Anche qui mi sto viziando, ma davvero bisogna leggere i suoi dialoghi (soprattutto quello al rincontro con il padre in Aulide) per capire la magnifica psiche associata a questo nome. In più me ne piace il suono, dato che un po' sembra assonare con la semantica di 'igene', e io sono un misofobo.
Passando dalla psiche alla psyche, si potrebbe anche pensare a: Psiche. Come l'innamorata di Amore, che a sue spese dovette imparare a essere meno donna e più ragazzina per avere il suo amore, ovvero a credere al suo sentimento e non alla socialità femminea. Il calvario che dovrà sopportare per rinconquistare ciò che la sua malevolenza le aveva fatto perdere, la benevolenza di Gaia essa tutta che la sua sincera dedizione e spirito di sacrificio richiameranno sono altamente educativi. Penso che Psiche rappresenti l'intellletto recuperato della femmine cresciuta, e recuperato tramite il vero sacrificio. E' una figura meravigliosa e di ottimo auspicio, per una nascitura! Sarei però indeciso se pronunciario Psìche o, correttamente, scirverlo Psyche e volerlo pronunciato Psyùché. Notare che dall'unione di Amore e Psiche nasce una figlia chiamata Voluttà, e ci credo, perché se al sentimento si aggiunge l'intelletto, cosa mai d'altro potrebbe nascerne?
Ho nominato Gaia, e si tratta di un altro bellissimo nome. Sempre greco e carico di significati, un po' panteista e vivificatore nell'etimo, certo molto bello nella sua semantica contemporanea. Credo sarebbe ideale per un'ultima figlia, insomma per 'la più piccola di casa'.
Questi sono -come si vede- tutti nomi di origine greca classica.
C'è un'eccezione: Eloisa.
E' davvero un nome che amo in onore della più magnificente psicologica femminile che la storia ci abbia mai tramandato, quella Heloise che innamorata del suo maestro, il filosofo Pierre Abelard, da lui sedotta e a lui sempre fedele, si fece laicamente monaca, ovvero si fece monaca per amore non di un dio trascendente, ma del dio vivente che glielo ordinò: Abelardo stesso.
La radice di questo nome è discussa, ma secondo Abelardo stesso viene da Heloim, ovvero aramaico/ebraico arcaico, e sarebbe quell'Egli usato per indicare la divinità (YHVH, ovvero Yahveh) senza nominarlo (il famoso comandamento oscurato dal cattolicesimo).
Non amerei un nome cattolico, chiaro. Ma la sua radice genuinamente ebraica me lo fa gradire di più. E' un nome severo, e questo è bene, ed è un nome che trascende -anzi si oppone- agli inganni cristiani, e questo è ancor meglio. Ma soprattutto, è il nome portato da quella Eloisa.
Il problema è la pronuncia: volendo ossequiare il personaggio storico si dovrebbe dire Heloise, alla francese. La versione italiana con accento tipico, Eloìsa, non mi piace foneticamente. Potrei dunque optare per una customizzazione totale e usare Elòisa, tanto per prendere tutti i piccioni con una fava.
C'è poi il discorso dei nomi multipli. Non mi piace dare nomi multipli della stessa lingua, ma amo l'idea di dare nomi multimpli di lingue diverse. Credo sia molto Volteriano, come mettere una xenofilia policulturale in una personalità nascente. Da questo punto vista, penso da molto anni di dare alle mie figlie un nome italiano di provenienza greca, un nome francese e un nome giapponese. Mi sto chiaramente rifacendo alle culture straniere che sento più vicine alla mia mente.
Per esempio:
Nausicaä Justine Aiko
Arianna Heloise Yukiko
Chiaramente, se si parla di significati, nei nomi giapponesi se ne possono mettere pressoché infiniti, dato che dipende dai kanji con cui vengono scritti. Per esempio "Aiko" sarebbe classicamente scritto con AMORE-BAMBINO, credo anche la figlia dell'attuale imperatore sia scrtitta così, ma ci sono più di 50 modi per scriverlo, e se ne potrebbero inventare di infiniti. Yukiko potrebbe scriversi come "bambino che porta la felicità".
Tuttavia sui nomi giapponesi dovrei ancora studiare molto.
OK,
ora il punto è che...
...nomi maschili che mi piacciano veramente non ce ne sono.
Suppongo che Freud avrebbe a che dire una parolina o due, su questo. Ma resta un 50% di buio.
Ho una certa attrazione per i nomi classici romani, soprattutto quelli di origine gentiliza (Flavio), ma non sempre ne sono convinto. Anche i nomi germanici sono talora gradevoli, ma ancora nessuna passione particolare.
Ok, adesso a voi!