Arrivo tardi in questa discussione, ma voglio comunque provare a dire la mia.
Ho amato molto il Nome della rosa. Ho amato anche molto il Pendolo di Focault. Forse li ho amati molto, come Le città invisibili di Calvino, proprio perché sono libri pensati e scritti in Italiano. E a prescindere dalla trama, dai contenuti, da TUTTO, leggerli è una vera goduria di linguaggio, di parole, di forma. Se anche non volessi guardare per nulla al contenuto, il solo susseguirsi delle frasi fa bene all'animo, lo arricchisce tutto di un piacere intraducibile. INTRADUCIBILE, appunto: tutti i libri che leggiamo tradotti perdono qualcosa, non c'è nulla da fare. Bellissimi, capolavori, perfetti, ma perdiamo quella sfumatura di linguaggio, quei giochi di suoni, di parole associate, che l'autore invece ha pensato, ha sentito risuonare dentro di sé nella lingua madre. Non so quanti anni fa ho letto il Nome della rosa, parecchi. Ma mi sono fermata a leggere e rileggere e poi ho trascritto su un quaderno, lo ricordo bene, la descrizione del portone (della chiesa?), perché era una gioia per le orecchie e per il cuore. Per me, anche solo per quello, Eco era degno di lode.
Quando Heimdall parla di intreccio come impalcatura, mi trovo perfettamente d'accordo. Anche i film, i fumetti, e in maniera ormai OSSESSIVA direi i telefilm che ci sono propinati sono una ricerca continua dell'intreccio mozzafiato. E tutto il contorno? Dove sta la vera arte?
L'intreccio è qualcosa di MECCANICO: ci sono software che costruiscono intrecci, da quel che so ci sono autori come Stephen King (ma non so se si tratti di leggenda metropolitana) che costruiscono intrecci ad arte servendosi di meccaniche automatiche. Ma poi ci vuole TUTTO IL RESTO. Il piacere dei sensi non solo della ragione.
Umberto Eco in entrambi questi due libri che ho letto riesce a condurre il discorso su un'ironia così sottile che è assolutamente geniale. Riesce a coinvolgere quanto basta a disquisire, in un connubio equilibrato di parti che si intersecano, di forme che si compenetrano. L'autocompiacimento c'è, senza dubbio, ma ragazzi... Se lo può permettere! La trama è proprio un'impalcatura ben congeniata per esprimere altro (e se questo non è evidente nel Nome della Rosa, più tradizionale come romanzo, risulta assolutamente palese nel Pendolo di Focault, che addirittura ci gioca con questa consapevolezza).
La metterei così: quando monti le
impalcature ci puoi tirare fuori un palazzo super ricercato e lussuoso, così come un casermone squadrato di cemento. Certo l'impalcatura può essere più solida o più traballante, e se traballa, anche il palazzo super ricercato potrebbe venir fuori un po' pericolante (alla vista, magari, rimane comunque gradevole). Tuttavia se metti su un'impalcatura solidissima e poi non sei capace a fare i bei decori ma ci coli alla svelta quintali squadrati di cemento armato, ecco che t'è servita a poco, l'impalcatura