Muska ha scritto:Notizia di oggi, sul sito ANSA: un paese di indiscutibile civiltà giuridica, commenterei io.
STOCCOLMA - Quattro responsabili di Pirate Bay, uno dei maggiori siti di scambio di file via internet al mondo, sono stati condannati stamani a un anno di prigione per complicità nella violazione di diritti d'autore. Lo ha reso noto un tribunale di Stoccolma.
"Il tribunale di Stoccolma ha oggi condannato le quattro persone che erano processate per complicità in violazione della legge sul diritto d'autore. Il tribunale ha deciso di condannare ciascuno di loro ad un anno di carcere", precisa la corte in un comunicato. Il tribunale ha condannato Fredrik Neij, 30 anni, Gottfrid Svartholm, 24 anni e Peter Sunde, 30 anni, fondatori di Pirate Bay, e Carl Lundström, 48 anni, accusato di avere investito nel sito.
I quattro dovranno anche versare 30 milioni di corone (2,7 milioni di euro) di danni e interessi all'industria discografica, cinematografica e dei videogiochi, che reclamavano 117 milioni di corone a titolo di mancati guadagni. La condanna è conforme alle richieste del procuratore che aveva pronunciato la sua requisitoria il 2 marzo. Il processo, durato tre settimane, è considerato come uno dei più importanti contro la pirateria informatica.
Non so Fabio, c'è qualcosa che non mi torna in questa vicenda: sinceramente non so provare la tua stessa gioia per questa notizia. Certo, razionalmente uno pensa che sono state condannate persone che, almeno dal punto di vista tecnico, hanno violato le leggi esistenti. E, certo, anche secondo me la certezza della pena costituisce un elemento per cui giudicare positivamente un ordinamento giuridico. Altrettanto sicuramente ritengo che la Svezia, per molti motivi, sia un paese di cui lodare l'alto senso civico, ma sinceramente sono e resto dubbioso; non saprei dire se proprio questa sentenza sia un elemento che possa concorrere a determinare (o rafforzare) la mia positiva valutazione di quel paese. Infatti mi sento di lodare la "certezza" della pena, non la sua sproporzione.
Intendiamoci: non sono certo di quelli che in nome di un malinteso concetto di "libertà" si sentono autorizzati a violare qualsiasi legge e qualsiasi diritto, e quasi sicuramente le persone coinvolte in questa vicenda accampano motivazioni per certi versi pretestuose per nobilitare quello che per loro è poco altro che un business (cfr, ad es.
qui).
Eppure - come ho scritto anche nel mio post precedente - mi pare che ci sia qualcosa che non funziona, qualcosa di storto nella solerzia con cui le istituzioni, i governi, alcuni settori della magistratura, gli organi di stampa più ufficiali e paludati concorrono a puntare il dito contro la violazione del diritto d'autore, tendendo a mescolare in un unico calderone i criminali e le esigenze della libera circolazione delle idee. Vi è in questi casi una violenza mediatica che non viene riservata a casi a mio avviso ben più gravi. Tanto per dirne una: non mi è mai capitato di leggere sul Corriere della Sera o nelle note dell'ANSA toni così violenti contro la politica della Cina in Tibet o contro la scarsa democraticità del governo di Putin.
Sarà la mia impostazione mentale, ma per me una battaglia condotta a fianco a fianco con le
major, i governi e i poteri forti dell'economia ha sempre qualcosa di sospetto. Il mio assunto è semplice, e l'ho ripetuto tante volte: ma di questa cosa non se ne può parlare? Non possiamo discuterne? A tutti questi signori che nel corso degli anni hanno spinto la persistenza del diritto d'autore via via da vent'anni a settanta (e in certi casi oltre) la morte dell'individuo, non è mai venuto in mente che forse si è esagerato? Le battaglie dei "pirati" o presunti tali trovano tante simpatie non solo tra chi ne trae un interesse meschino e immediato quale quello di risparmiarsi i venti euro del cd, ma anche tra gli intellettuali, spesso anche tra gli autori stessi, che tendono molto a differenziare e articolare le loro posizioni.
Le possibilità tecniche stanno facendo il resto. In Iran, in Cina per i governi le posizioni sono più facili: basta chiudere internet o censurare selettivamente determinati siti o alcune parole chiave nei motori di ricerca e il gioco è fatto. In occidente è più difficile - e lo sarà sempre più - conciliare le esigenze di libertà, democrazia e privatezza (che caratterizzano la nostra cultura) con il filtraggio di determinati canali di utenza virtuale.
In tutto questo non può non rientrare, poi, la separazione dei poteri, altra caratteristica (lodevole) delle società di derivazione europea: molte frazioni della magistratura di tutti i paesi sono spesso propense ad assolvere chi condivide o scarica files condivisi: le considerazioni che continuo a proporre sulla libera circolazione della cultura non sono infatti prive di presa anche sui tutori della legge, quindi vien fatto di pensare che - almeno - non siano del tutto gratuite né peregrine.
Anche in considerazione di ciò - pure questo, mi pare, è già stato rilevato - la condanna episodica di qualche persona non fa che rafforzare l'opportunismo di tutte le altre, perché si sa benissimo che, a fronte del numero enorme degli utenti che scaricano abusivamente, che si conta in decine di milioni, la condanna di sole quattro persone costituisce una percentuale davvero irrisoria, e il tutto assomiglia più ad un autogol che a una vittoria. Negli USA quasi tutti si aspettano che chi supera il limite di velocità sulla superstrada si veda spuntare l'agente motorizzato da dietro il cartellone. In tanti altri paesi la certezza della pena è molto più salda che in Italia, eppure la condivisione di files, se pure è considerata criminale da molte leggi, è forse, in proporzione, la fattispecie meno punita di tutte.
Quello che voglio concludere è che non ritengo vi siano ragioni e torti così netti in questa vicenda. L'unica cosa che, allo stato dell'arte si può rilevare, è che probabilmente i tutori dei grandi interessi costituiti (che, ripeto, sono cosa ben diversa dai singoli autori) dovranno, nel bene o nel male, prendere atto della situazione esistente e cercare di utilizzare la grande rete come un'opportunità, una risorsa: bisogna solo capire come - ma un po' di disorientamento è normale in tutte le epoche di grande cambiamento. Mi pare che chi non intende adeguarsi sia un po' come il contadino che tiene il dito nella falla diga che sta crollando, e che prima o poi verrà comunque travolto dalla marea, giusta o ingiusta che essa sia.