Mh, strana scaletta di preferenze.-Kamaji- ha scritto:
Prevenuto lo sono eccome ma non per antipatie di sorta. Ma perché già scottato con Ged con Porco e solo in parte con Howl e Ponyo (Totoro lo ritengo invece un buon adattamento).
Invero nutro un ottimo ricordo riguardo tuoi precedenti adattamenti come Laputa e Kiki (anche se proprio non mi spiego l'adattamento delle due songs in quest'ultimo assai imbarazzanti , errore di gioventù probabilmente), ma entrambi i due film risultano gradevoli all'ascolto e ben lungi dallo stile che caratterizza gli ultimi tuoi lavori. Parlo a livello percettivo e sensitivo, non posso addentrarmi in discorsi linguistici più approfonditi perché non ho competenze appropriate, la mia capacità di comprensione del giapponese è veramente limitata.
A parte che ovviamente con le canzone di Kiki non avevo NIENTE a che vedere (se non il mal di pancia che mi causarono, insieme alla colonna sonora rimaneggiata), direi che Kiki è il più artificioso di tutti i testi che ho scritto per un film Ghibli. Partendo da un testo semplice come quello, ci sono degli eccessi di perifrasi che di certo non ripeterei (in particolare per la resa di 'tanomu') e cose simili.
Laputa era meglio.
Howl era molto meglio di Laputa, ma era un testo ben più infarcito di sapore medievaleggiante e 'magheggi' di sorta. Stesso discorso per Ged, che si prende anche molto più sul serio.
Ponyo lo trovo un testo semplice, fatta eccezzione per Fujimoto (come in originale).
Quello chen voglio enfatizzare è il fatto che, che tu ci creda o meno, la fessione che senti nei testi italiani dipende al 90% dalle differenze degli originali.
Io non parlavo di un 'mio' stile, ma dell'ideale concetto di 'stile di adattamento'.Ho parlato di stile e non a caso, infatti in questa frase (riportata sotto) secondo me si palesa la falla più grande nel sistema da te imbastito.
Il problema di base è che stiamo parlando dello stile appunto ma di chi? Non di Hayao e non di Isao. Purtroppo stiamo parlando del tuo e ciò dimostra che seppur tu riesca magistralmente a preservarne i contenuti non riesci ad esimerti dall'imporre un tuo proprio stile al di sopra di quello originale autoriale= sovratesto=cannarsese.Su tutto, sono davvero molto felice che si siano sollevate discussioni stilistiche sui miei adattamenti. E' una cosa periodica, e fa parte della natura delle cose. Tuttavia, ciò che sfugge ai più è che -al di là della mia posizione 'stilistica' che è discutibile, e che sono sempre felice di illustrare, spiegare, motivare (come facevo poc'anzi con Raghnar), parlare dello 'stile' significa avere assunto che il 'contenuto' è salvo.
SE esiste un 'mio' stile di adattamento, ebbene quello stile è -come ho più volte espressamente dichiarato e altresì provato nei miei lavori- l'aderenza all'originale da ogni punto di vista.
Anche il 'non-stile' (inteso come assenza di maniera del sé) può essere 'uno stile'? Tutto si riduce a un gioco semantico, così, ma se vogliamo dirlo allora sì.
Si dirà che la trasparenza è un colore.
PS:
Non ho mai visto Frankestein Jr., ma il casus di adattemento della celebre battuta mi è stato sottoposto come sfida tante volte, con racconto della scena, che ormai ce l'ho in testa. Non che voglia provarmi 'coerente' in chissacosa, né che consideri la 'coerenza' diacronica altro che un falso-valore da superego ipertrofico. Il discorso di una certa necessità di assonanza, di intonazione nel proprio essere mi pare invece mirabile.