il "fenomeno otaku" e il "fenomeno Evangelion

Discussioni su gli autori e anime/cartoni non-Ghibli

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Shito
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Messaggio da Shito »

ghila ha scritto:ma cosa kaz ho scritto??? :? :oops:
Cose sensatissime, direi. :)
Potresti postare di più, comn buon profitto di tutti (me incluso, si intende).

In particolare:
Naturalmente il giusto equilibrio fra queste due correnti è il modo giusto per vivere una qualsivoglia forma d'arte, la quale non è altro che un modo di comunicare sé stessi e la propria coscienza all'altro. Difficile certo, soprattutto quando si affaccia il fanatismo esasperato, figlio di una chiusura mentale pericolosa.
Questa paete è magostrale. Per me, sopratutto l'ultima parte.

Il punto realmente significativo nell'indagine di Eva è che si tratta di un opera significativamente ermetica, quindi di per sè materiale per indagini esegetiche. Ma sopratutto si sìtratta, come tu dicevi e come quasi sempre è per l'arte ermetica, di un modo di comunicare sé stessi e la propria coscienza all'altro. Credo che in questo senso, Eva andrebbe analizzato sopratutto seguendo le guide di 'interpretazione autentica' che in ogni caso l'autore ha sdisseminato nel travagliato caso di critiche e lodi e fanatismo e parole che ha fatto seguito all'anime.
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ghila
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Messaggio da ghila »

Shito ha scritto:
ghila ha scritto:ma cosa kaz ho scritto??? :? :oops:
Cose sensatissime, direi. :)
Potresti postare di più, comn buon profitto di tutti (me incluso, si intende).

In particolare:
Naturalmente il giusto equilibrio fra queste due correnti è il modo giusto per vivere una qualsivoglia forma d'arte, la quale non è altro che un modo di comunicare sé stessi e la propria coscienza all'altro. Difficile certo, soprattutto quando si affaccia il fanatismo esasperato, figlio di una chiusura mentale pericolosa.
Questa paete è magostrale. Per me, sopratutto l'ultima parte.

Il punto realmente significativo nell'indagine di Eva è che si tratta di un opera significativamente ermetica, quindi di per sè materiale per indagini esegetiche. Ma sopratutto si sìtratta, come tu dicevi e come quasi sempre è per l'arte ermetica, di un modo di comunicare sé stessi e la propria coscienza all'altro. Credo che in questo senso, Eva andrebbe analizzato sopratutto seguendo le guide di 'interpretazione autentica' che in ogni caso l'autore ha sdisseminato nel travagliato caso di critiche e lodi e fanatismo e parole che ha fatto seguito all'anime.
Sei gentilissimo e soprattutto hai esattamente capito quello che intentevo dire.
Aggiungo una piccola riflessione che forse può portare giovamento.
Resto convinto che i veri capolavori non possiedono una interpretazione AUTENTICA e cioè univoca! Aprono davvero diverse strade ad ogni persona decisa a riflettere sul messaggio e non è detto che quella dell'autore, nonostante sia l'autore, si possa dichiarare l'interpretazione esatta, autentica.
VI faccio un esempio anche se forse non è molto calzante: il nostro prossimo album conterrà un piccolo enigma formato da alcune traccie nascoste fra un atto e un altro del concept. L'autore del piccolo gioco misterioso è il nostro chitarrista, il quale c'è rimasto pure male quando nessuno di noi membri è riuscito a capire il piccolo trucco che si cela dietro l'enigma da lui creato. Tutti avevamo la nostra diversa versione. Per tutta risposta lui voleva renderla più comprensibile... e noi: sei impazzito????!!!! E' proprio lì il bello!!!! Ognuno ci trova quello che vuole e poi alla fine, chi ti dice che la tua interpretazione sia quella giusta?

Risultato: l'enigma è restato, insolubile come prima. A par mio un piccolo capolavoro :wink:

Spero che sia comprensibile quello che volevo intendere... nel caso il nostro shito farà da traduttore!
A proposito... che blog spettacolare!!!! :D

Ciao e grazie!
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Ani-sama
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Messaggio da Ani-sama »

E' proprio su questa... "ermeneutica", "teoria delle interpretazioni" che spesso si arriva al solito problema:

Far dire all'opera più di quanto non voglia dire essa stessa.

Da cui gli otaku che si divertono a cercare il minimo riferimento di qualunque minimo aspetto di un'opera come potrebbe essere ShinSeikiEva, opera che si presta a molteplici interpretazioni.
Se da un lato sono sbagliate e anche insensate alcune di queste interpretazioni, mi sento però d'accordo con Ghila quando dice:
E' proprio lì il bello!!!! Ognuno ci trova quello che vuole e poi alla fine, chi ti dice che la tua interpretazione sia quella giusta?

Risultato: l'enigma è restato, insolubile come prima. A par mio un piccolo capolavoro Wink
E' lo stesso discorso di una metafora molto spinta (prendete Ungaretti, tanto per avere un esempio di quello che intendo). Certo, si possono trovare una, due, tre, infinite interpretazioni. Quella giusta? Boh! Sarà forse quella che intendeva l'autore nel momento della produzione dell'opera? E perché dovrebbe essere così, alla fine?
Non tutto è necessariamente precalcolato. Anche perché, così, molte cose sublimi risulterebbero noiose operette allegoriche stile "simbologia religiosa altomedievale". Che non mi piace. Perché? Perché le interpretazioni sono troppo veicolate, sono scontate. E, a questo punto, chi se importa della metafora, se fin dall'inizio sai che gatto = diavolo, che uovo = nascita.
Quello che non deve essere sminuito è il valore stesso di una metafora. Da cosa nasce una metafora? Da suggestioni. Ognuno di noi è in grado di decifrare le proprie suggestioni? E, comunque, non è più bello che le suggestioni rimangano tali, senza dover essere decifrate ogni volta?
Una comunicazione che va oltre la parola, che passa da autore a spettatore come un flusso di emozioni, generando forte empatia, tale è la metafora [comincio a parlare con il linguaggio metafisico-psicodisturbato di Evangelion...].
Tale è il valore di una sequenza come quella di Sen sul treno che corre sull'acqua. Interpretazioni giuste? Non ce ne sono. Ognuno dà la propria interpretazone in base a quello che sente. E cosa avrà voluto dire Miyazaki con questa sequenza? Forse non lo sa neanche lui. Miyazaki trasmette emozioni, lo spettatore riceve emozioni.

Ci sono momenti, metafore, come questa, che NON MERITANO di essere a tutti i costi decodificate. Lasciamoci dunque suggestionare. Umilmente, senza alcuna velleità interpretativa oggettiva.

Riserviamo l'interpretazione oggettiva alle analogie più "veicolate" [mi viene in mente l'Okusaregami, sempre in "Sen"].
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Soulchild
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Messaggio da Soulchild »

ghila ha scritto:un modo di comunicare sé stessi e la propria coscienza all'altro
ghila ha scritto:Ognuno ci trova quello che vuole e poi alla fine, chi ti dice che la tua interpretazione sia quella giusta?
A me sembra che queste due affermazioni siano in contrasto non veniale tra di loro, quindi vorrei chiedere a ghila delucidazioni in merito e, contemporaneamente, chiarire sinteticanaliticamente il mio pensiero. Non vi nascondo il timore che la discussione si faccia pantano, ma vi elargisco comunque i miei due centesimi.

Il primo quoting mi trova d'accordo. Non è esaustivo, ma dice molto dell'ansia comunicativa di chi si pone al tornio dell'ingegno e della creazione. Il secondo quoting sembra invece annichilire questa sublime tensione verso il darsi, nel momento stesso in cui la rende orfana poiché soggetta alla dispersione del travaso di mente in mente: ne risulta, a me pare, un'opera (in senso lato) trita e adespota, esposta alla mercè dell'altrui (spesso indebito) logorio.
Insomma, la tendenza alla compiaciuta masturbazione cerebrale, al ricamo sul nulla, all'arrogante appropriazione dell'altrui proprietà è, evidentemente, figlia del nostro tempo (otaku compresi). L'indiscriminata fruizione biunivoca dell'opera (sempre nel senso di cui sopra) è figlia di quello che altri ha definito "pensiero debole", in virtù del quale, nel santuario fragile e inviolabile della nostra individualità, ci sentiamo spesso in diritto di dare significanza all'altrui pensiero (follia!), andandolo a completare con i risibili rudimenti fornitici da quella che chiamo "teologia del quotidiano": in altre parole, il nostro sentire (individuale) elevato a sistema (universale).
Se non si fosse capito, nello specifico, sono fermamente convinto che il chitarrista del tuo gruppo sia l'unico e solo detentore della chiave d'accesso a ciò che lui, e non altri, ha creato :). La qual cosa può (e talvolta deve, nelle intenzioni dell'autore) suggestionare l'altrui pensiero, innescando arditi giochi polisemici, previsti e al tempo stesso indomiti già nella mente di chi crea (scontato l'esempio dei cosiddetti decandenti, europei ed italiani). L'abuso della suggestione (sempre legittima e anzi anelata, purché non diventi pietra angolare di improbabili castelli su "il mio Dante", "il mio Pascoli", "il mio Evangelion", "il mio Miyazaki") mi riesce invece integralmente intollerabile: l'ultima parola va, in ogni caso, all'autore, altrimenti "la comunicazione di sé stessi e della propria coscienza", cui tu stesso facevi riferimento, non ha luogo (sempre che ciò sia possibile, ma non lo chiedere a me, ché sono un pirandelliano convinto) e l'opera creata diventa l'ennesima vittima immolata sull'altare del personale ed inalienabile sentire.
Questo è quanto. Si potrebbe dire ancora, con piacere e giovamento, sull'hic et nunc del boom del "pensiero debole" e sulle sue degenerazioni in campo artisitico (per dirne una, Dante o Omero non si "interpretano"), citando aberrazioni più o meno letterarie, ma penso che per ora possa bastare.
Ultima modifica di Soulchild il gio mar 03, 2005 1:53 pm, modificato 2 volte in totale.
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Soulchild
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Messaggio da Soulchild »

Rispondo ora ad Ani-sama, che ha postato mentre stavo terminando il mio precedente intervento. Giusto una puntualizzazione, a mio parere doverosa, per non perdere la "taratura" della discussione.
Ani-sama ha scritto:Da cosa nasce una metafora? Da suggestioni.
Giusto. Ma questa è solo una faccia della medaglia. La metafora (o meglio l'analogia, che nella "scala retorica" si colloca ad un più alto livello di rarefazione denotativa) nasce da una suggestione, per poi prodursi a sua volta in una suggestione. In mezzo c'è l'intelletto dell'autore, che capta uno stimolo, lo elabora e lo ritrasmette, gettando però alle ortiche i panni consunti del referente all'interno un sistema condiviso e creando un'ardita iunctura significante-significato. Il compito di tale "gliommero" è quello di comunicare ("sé stessi") attraverso canali "alternativi", in vista di una maggiore immediatezza (che, nella maggior parte dei casi, si traduce in un manovra di aggiramento ai danni dei consueti tic razionalizzatori).
Quello che voglio dire è che la suggestione, dopo averla individuata a monte del processo creativo, la ritroviamo poi non nel contenuto, ma nel medium (donde la sua frequenza nelle forme d'arte "dense", come la poesia, verbale o visiva che sia). Alla base, c'è sempre qualcosa da dire, che di solito è un po' di più di una suggestione, ma che di essa si riveste a fini comunicativi e con esiti poetici che vanno goduti allo stesso modo con cui compiamo ogni giorno gli atti irriflessi che ci assicurano il sostentamento. Perché di sostentamento, immateriale e sublime, si tratta.
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Messaggio da Muska »

Soulchild ha scritto:A me sembra che queste due affermazioni siano in contrasto non veniale tra di loro, quindi vorrei chiedere a ghila delucidazioni in merito e, contemporaneamente, chiarire sinteticanaliticamente il mio pensiero....
Soulchild, lascia che io sia sincero (non mi importa di espormi, al solito), e ti dica che questo tuo post mi ha entusiasmato... :D
Stavo per intervenire, dopo attenta lettura e riflessione : ma come ripetere, e certo in modo assai più prosaico del tuo, concetti così magistralmente esposti ?

Concordo su quanto dici, è un punto CENTRALE ed importantissimo delle questioni sulla fruizione delle opere e, ripeto, era fondamentale chiarirsi.
Che poi tu lo abbia fatto con tale autorità mi ha risollevato e ritemprato.

Non esiste fruizione soggettiva od oggettiva di un'opera.
Solo vari livelli di accessibilità, direttamente dipendenti e proporzionali alle potenzialità globali del percettore.
L'autore sa bene cosa fa, come si può dubitarne ??
Non oso pensare cosa direbbe Shito...

Un ultimo ringraziamento a Soul, stavolta non per i concetti espressi, che saranno condivisi o meno dai suoi interlocutori, ma per il rispetto e la considerazione che ci ha manifestato con la forma della sua esposizione, un esempio che spero ci farà comunque riflettere.
"Pur sprovvisto di soldati, e solo, combatteva il mondo e i suoi vizi in questo luogo". (Yasushi Inoue).
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Betty
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Messaggio da Betty »

Ehmm,Soul,...non me ne volere..... ma devo davvero mettermi d'impegno per leggere i tuoi post e a volte a fine giornata sono così stanca che li salto in tronco.
Mi dispiace perchè ti stimo e m'interessa quelo che pensi, quindi ti chiedo di pensare anche ai comuni mortali come me quando scrivi.... (o almeno fammi la parafrasi alla fine Immagine)

per esempio, questa frase l'ho letta e riletta ma non so se l'ho capita:
Alla base, c'è sempre qualcosa da dire, che di solito è un po' di più di una suggestione, ma che di essa si riveste a fini comunicativi e con esiti poetici che vanno goduti allo stesso modo con cui compiamo ogni giorno gli atti irriflessi che ci assicurano il sostentamento. Perché di sostentamento, immateriale e sublime, si tratta.
In poche parole vuol dire che l'uomo non vive di solo pane ma anche di arte?
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Soulchild
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Messaggio da Soulchild »

@Betty: quello che voglio dire è che certe espressioni dell'arte vanno assunte per quello che sono: nutrimento per l'anima. In questi casi, è meglio disporsi in atteggiamento umile e supino (come diceva Ani-sama), pronti a lasciarsi investire dal flusso delle emozioni, suggestioni, riflessioni e quant'altro una qualsiasi opera possa suscitare, scevri da intellettualismi interpretativi totalizzanti di sorta. In questo senso, "cogliere la suggestione" può andar bene e fa sicuramente bene. Al tempo stesso, però (e qui rispondevo ad Ani-sama), mi preme sottolineare che, dietro alla nostra suggestione, non c'è solo un'altra mera suggestione (dell'autore), ma un intento comunicativo che presuppone un oggetto comunicabile più o meno definito. Insomma, il gioco dei rimandi per suggestione non può essere perpetrato ad libitum, soprattutto, aggiungo, quando serva solo a mascherare un deficit di conoscenze o capacità in chi interpreta: sarebbe solo un risibile tentativo di nascondersi dietro ad un dito (un dito che sembra andar di moda, ma sempre un dito :wink: ).

P.S. Certi miei post non vanno letti a fine giornata :mrgreen: ! A parte gli scherzi, grazie per la sincerità ed il tono familiare, entrambi graditissimi :wink: .
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Ani-sama
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Messaggio da Ani-sama »

Soulchild ha scritto:[...]Al tempo stesso, però (e qui rispondevo ad Ani-sama), mi preme sottolineare che, dietro alla nostra suggestione, non c'è solo un'altra mera suggestione (dell'autore), ma un intento comunicativo che presuppone un oggetto comunicabile più o meno definito. Insomma, il gioco dei rimandi per suggestione non può essere perpetrato ad libitum, soprattutto, aggiungo, quando serva solo a mascherare un deficit di conoscenze o capacità in chi interpreta: sarebbe solo un risibile tentativo di nascondersi dietro ad un dito (un dito che sembra andar di moda, ma sempre un dito :wink: ).
Soul, non mi è ben chiaro un punto del tuo discorso: tu dici che
dietro alla nostra suggestione, non c'è solo un'altra mera suggestione (dell'autore), ma un intento comunicativo che presuppone un oggetto comunicabile più o meno definito.
Signfica che dietro ogni metafora c'è comunque un preciso - e del tutto ragionato, razionale intento dell'autore di comunicare qualcosa? Dunque la metafora non può essere qualcosa nata direttamente dalle emozioni dell'autore? L'atto comunicativo, a questo punto, c'è. E' solo l'oggetto della comunicazione ad essere sfumato e multisfaccettato, ora. Ma - io credo - se è vero che, talvolta, l'autore stesso ci incanala verso una "sfaccettatura", un''interpretazione, può anche darsi che l'autore stesso voglia stare nel vago, insomma voglia presentarci diverse possibili (infinite?) sfaccettature interpretative senza spingerci verso una di queste. Ma forse perché nemmeno vuole spingerci. O forse, ancora, perché l'analogia stessa è nata nella personale sfera emotiva dello stesso autore, e per questo a priori, alla nascita, insuscettibile di decodifiche anche solo vagamente oggettive?
In altre parole: dietro la costruzione di una metafora, ci deve sempre e per forza essere un ragionamento razionale, oppure può anche esserci qualcosa di più (se non solo ed esclusivamente) emozionale?
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Messaggio da atchoo »

Ani-sama ha scritto:può anche darsi che l'autore stesso voglia stare nel vago, insomma voglia presentarci diverse possibili (infinite?) sfaccettature interpretative senza spingerci verso una di queste. ...
Anche il "non dire nulla" è una scelta ben precisa dell'autore, no? O secondo te l'arte può scaturire spontaneamente (arte involontaria?)?
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naushika
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Messaggio da naushika »

se posso intervenire....a mio parere una forma d'arte è tale quando ti fà battere il cuore e ti accende la mente di tanti pensieri. Una forma d'arte può suscitarti ricordi,sentimenti ed emozioni che sono solo tue ma pur essendo tue sono comunque universali ( chiunque abbia un cuore e una sensibilità può provare simili senzazioni davanti alla forma d'arte ) e la forma d'arte, staccandosi dall'autore come un bambino si stacca dal ventre materno, assume un identità autonoma e dunque universale e dunque rivolta al genere umano senza distinzioni di cultura,sesso e relgione. La forma d'arte, essendo priva di una coscienza propria e non potendo quindi comunicare nè verbalmente nè in forma scritta una propria condizione di essere "io sono fatto così e mi chiamo così", assume di volta in volta un identità diversa a seconda della persona che la guarda indipendentemente dalla sua preparazione culturale o comunque in merito all'arte. la forma d'arte diventa poi SUBLIME se riesce a provocare in TUTTI la STESSA percezione e lo STESSO punto di vista poichè in questo caso allora questa forma d'arte ha colto pienamente un significato davvero universale e senza tempo e questo si può avere nei testi appunto SUBLIMI di Shakespeare e di Dante che restano autentici anche dopo millenni di mutamenti culturali anche radicali. in poche parole appena l'autore ha finito l'opera d'arte..questo parto della sua mente deve essere dato via dal padre e consegnato direttamente e senza appello al giudizio degli spettatori nel bene e nel male. Quindi ritengo che l'atto comunicativo dell'autore si esaurisce nell'atto stesso della creazione dell'opera che ha bisogno poi di essere "valorizzata" da considerazioni ed emozioni esterni al creatore.La metafora è il modo in cui l'opera d'arte appunto si espone all'esterno facendo appello ad archetipi e simboli universali accessibili e interpretabili da tutti (le opere shakespeariane si avvalgono di situazioni umane senza tempo e senza confini geografici ).

In poche parole un opera è arte quando suscita qualcosa nell'animo umano ( qualsiasi cosa...anche dire "è una boiata pazzesca" :P ) altrimenti è materia inerte come un masso di marmo prima che michelangelo lo aprisse e tirasse fuori l'uomo :wink:
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Soulchild
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Messaggio da Soulchild »

Ani-sama ha scritto:In altre parole: dietro la costruzione di una metafora, ci deve sempre e per forza essere un ragionamento razionale, oppure può anche esserci qualcosa di più (se non solo ed esclusivamente) emozionale?
Ma certo che può esserci! Certo :D!
Ed anche in questo mio entusiastico assentire, ti confesso che, in parte, ti sto ingannando. Ti inganno perché ingannevoli (cioè poco realistiche, perché troppo teoriche) sono le tue premesse. Mi spiego: quello che c'è dietro una qualsivoglia creazione non può essere mai atomizzato nell'opposizione polare (ed esclusiva, molti pensano...) "ragione vs. sentimento". Quando si crea, si infonde sé stessi, anima e corpo, nel creato, donde la giusta affermazione di ghila da me citata nel primo intervento.
"Dietro la costruzione di una metafora"... c'è sempre una volontà comunicativa, razionalmente o emozionalmente strutturata o, ancora e più spesso, razionalmente ed emozionalmente, insieme.
Non sto qui a tirarti fuori (ché sicuramente già la conoscerai) la poetica "del vago e dell'indefinito" portata avanti da Giacomo Leopardi in gran parte della sua produzione poetica, la quale calza a pennello con parte dei discorsi che stiamo qui intrecciando, sullo spunto (non dimentichiamolo) delle maniacali elucubrazioni degli otaku.
atchoo ha scritto:Anche il "non dire nulla" è una scelta ben precisa dell'autore, no? O secondo te l'arte può scaturire spontaneamente (arte involontaria?)?
Ho notato che, soprattutto nel cinema orientale, il silenzio è di gran lunga più intenzionale della parola (e vi cito, per l'ennesima volta, Dolls di Kitano). Nel cinema occidentale, invece, la parola è spesso assai più vuota (perché trita e stereotipa) di ogni silenzio. Questioni culturali, temo.
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Messaggio da naushika »

Soulchild ha scritto:Ho notato che, soprattutto nel cinema orientale, il silenzio è di gran lunga più intenzionale della parola (e vi cito, per l'ennesima volta, Dolls di Kitano). Nel cinema occidentale, invece, la parola è spesso assai più vuota (perché trita e stereotipa) di ogni silenzio. Questioni culturali, temo.
più che altro è pure stereotipato definire il cinema occidentale parolaio...confronti così sono impossibili! ogni cinema ha le sue perle e le sue boiate micidiali ( come afferma il ragioniere Fantozzi ) e dunque anche il cinema orientale avrà il suo filmaccio ( da non esportare ) e film da esportare....più che cultura c'entra solo la testa del regista :)
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Messaggio da Soulchild »

naushika ha scritto:più che cultura c'entra solo la testa del regista :)
Su questo non sono affatto d'accordo. Mi sembra, te lo confesso, un approccio minimizzante e superficiale.
Ti invito a sfogliare un po' questo topic aperto dal Dott. Rao:

Sicché i gaijin temono il silenzio...

Non si parla certo di regia, qui, né della testa di un singolo, ma delle (risibili) esigenze di "un popolo" di fronte ad un prodotto della cultura di "un altro popolo". Ad ogni modo, non è questa la sede opportuna per parlare di questo argomento. Se la cosa ti interessa, puoi farti un giro per trovare un topic appropriato in cui discuterne o aprirne uno tu stessa :wink: . Non me ne volere: dovere di moderatore :tongue: .
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Messaggio da naushika »

volevo solo evidenziare il fatto che mi sembra superficiale ritenere che un qualsiasi regista orientale riesca ad applicare con convinzione i canoni estetici e registici dei registi orientali più citati o osannati...un regista orientale sconosciuto a noi occidentale può fare film rumoroso e sincopato ( come è il cinema di Kong Hong ) come un regista occidentale può preferire essere intimista o perfino ermetico e senza effetti speciali...a mio parere la cultura cinematografica si basa solo su un certo numero di film prescelti fra mille film differenti che si fanno anno dopo anno... :?
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