Prima i lati positivi: Orlando Bloom è sanguigno, intenso e credibile nella sua interpretazione; Jeremy Irons - quando non si butta via in ruoli sconclusionati - è una sicurezza; i costumi, le ambientazioni sono molto curate, la regia di Scott a mio avviso onesta, senza impennate, ma buona. Forse mi attendevo di più dalle scene di battaglia, ma quelle sono merce inflazionata: dopo Peter Jackson secondo me sarà difficile per qualche anno riproporre delle sequenze corali così intense, calate in un contesto così emozionante (per quanto l’“Alexander” di Oliver Stone a mio avviso non sfigurasse affatto con la sua superba battaglia di Gaugamela).
Si può forse sorvolare su qualche dettaglio improbabile del film:
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Balian, interpretato da Orlando Bloom nella finzione cinematografica è il figlio illegittimo di un nobile che, poco prima di morire, lo riconosce come figlio proprio, traendolo dall’umile condizione di fabbro in cui viveva, e conducendolo con sé in Terrasanta, dove possiede un feudo. Bloom, che fino a quel momento aveva visto le spade probabilmente solo sopra l’incudine (ai popolani era vietato farne uso), dopo un quarto d’ora di ripetizioni di scherma col padre diventa una specie di D'Artagnan dell’epoca. Poi, caduto ogni baluardo militare a difesa di Gerusalemme, si inventa stratega astutissimo e raffinato, riuscendo a tenere in scacco l’esercito di Saladino. Viene da chiedersi: e tutte queste cose, quando le ha imparate? |
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anzi no: anche lui piazza un bel paio di corna al marito di turno ma naturalmente questi è cattivissimo, tratta male la moglie ed è un folle esaltato che tenta di uccidere Bloom almeno un paio di volte. |
Mi è venuta voglia di alzarmi dalla poltrona quando, ad un certo punto, uno di loro pronuncia una battuta del tipo: “Eh, sì: sono proprio cattivo, ma qualcuno deve pur esserlo”. Ridley Scott ha così paura di uscire dal seminato che si premura evidenziare il suo credo anche attraverso un canale metatestuale! Mi sembra sinceramente eccessivo.
L’assunto del film è che cristiani e musulmani possono convivere tranquillamente, basta che si rispettino, e bla bla, il che in sé - soprattutto in questi tempi inquieti - è apprezzabile. Apprezzabile il messaggio, ma pessimo lo strumento con cui lo si porge: il film è un colossale falso storico. Di vero c’è soltanto il fatto che Saladino – il feroce Saladino - quando prese Gerusalemme nel 1187 non torse un capello ai cristiani ivi residenti, senza quindi rendere la pariglia a quanto avevano fatto i crociati quasi cent’anni prima.
Ma tutto il resto è improbabile: improbabili i discorsi in cui si filosofeggia sulla “tolleranza” (nel XII secolo?! ma andiamo!), improbabile Baliano, feudatario “democratico” , umile e comprensivo coi suoi sottoposti di qualsiasi colore e religione, improbabili i templari, rappresentati come una congrega di pazzi esaltati assetati di sangue.
Spero che si comprenda che la mia non è pignoleria sul dettaglio storico: è una questione più macroscopica. I film storici di questo genere veicolano un messaggio falso e pericoloso. Il presupposto di partenza di un film di questo genere è il patto con lo spettatore: il regista dichiara di aver ricostruito il passato con scrupolo, di aver compiuto uno scrupoloso lavoro di documentazione ed informazione (basta leggere le interviste) e lo porge allo spettatore che, spesso ignaro dei dettagli storici, lo fruisce come “Verità”.
Così, applicando il modo di pensare occidentale del XXI secolo, fanno credere al fruitore che in altri luoghi e in altre epoche la gente pensasse e parlasse come facciamo noi, nella nostra cultura e nella nostra epoca.
Così facendo si disimpara non solo ad accettare la diversità, ma addirittura a concepirla.
Poi noi "occidentali" finiamo con l'“esportare” il nostro modello culturale “civile” a persone alle quali non abbiamo chiesto come la pensino, se lo vogliano, e nessuno (o pochi) tra noi si stupisce del fatto che gli altri non l'accettino supinamente.