Del fallimento nei meriti e nel desiderio

Discussioni su gli autori e gli anime Ghibli e Pre-Ghibli

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Iscritto il: sab ott 25, 2003 1:06 am

Del fallimento nei meriti e nel desiderio

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Premessa: le presenti noti personali, sfiorate dalle opere del Maestro, vogliono essere un contributo alla bellezza, non un inutile rimembranza di una giornata.

Oggi, quando era ancora ieri.
Capita, credo, a chiunque e in molti momenti della vita, ritrovarsi a consolare se stessi. Dolorosamente, consta alle volte il compito di consolare anche altri, cosa, in questo preciso momento storico, particolarmente difficile quando investe il finto pilastro chiamato "lavoro" o, peggio, carriera. Ancora peggio quando, le conseguenze di azioni e reazioni immeritate e particolarmente crudeli, toccano quell'ossimoro racchiuso nella frase "vecchio amico".

Eppure, come dicevo, la romanza che è la vita, cantata in falsetto o baritonale che sia, spinge a dire, fare, mercanteggiare, asciugare, bagnare viso, mani, braccia, speranze. Spirito.

Ora, cosa si possa dire al latore della vecchissima frase di cui sopra, raccorderete con me, quando il Gigante chiama, è impossibile da immaginare. Chi viene offeso nella sua casa, nel suo vivere, nella dignità e negli affetti, da un classico capetto, spaventato a morte e chiuso in una bolla di panico, magari solo per poter gratificare la personalità di quegli uomini-scarafaggio di cui, ahimè, il Paese di "Spagna o Francia purchè si magna" è pieno, mi è impossibile da descrivere.

Il contatto, specie se professionale, è poca cosa. Quando riguarda l'amicizia, poi, è meno che nulla. Peggio. Rischia di trovarsi in bilico fra la prestazione e il prestarsi. Pessime parole di un dizionario radicalmente inapplicabile.

Ecco.

Mettere in mezzo ricorsi, diffide e prolassi vari a estranei e sconosciuti, consolare l'ignoto, rassenerare gli estranei è facile. Non così con queli altri-noi-stessi di cui l'abusata frase di cui sopra.

Quindi, ci si può rivolgere alla sola empatia.
Esiste, ergo, il sacrificio.

Si invitano a cena, i latori di quella vecchia dizione. La poltrona dello "studio" non deve essere una fucina di braci ardenti o peggio sedia elettrica dell'amicizia. Meglio il sofà. d accade che, occasionalmente, possa essere di latore utile e necessario, un tentativo estemporaneo, sulla battuta "tu e i cartoni animati" che tante volte, canzonatoria, ci aveva uniti.
Vien da se che, in tale occasione, possa rasserenare la sfida alla visione. In fondo, la distrazione non è altro che il cerotto dei ricordi, e l'intrattenimento, l'alternativa al suicidio.

Ecco, in cotale caso, ho pensato che Laputa fosse la visione indicata del caso: in fondo, è l'elemento della rinascita, e della speranza. Gulliver, poi, è un autore ampiamente perbene...

Strano come la via del comprendere possa essere utile. La copia di Laputa non è più, ora, nella mensola a fianco del televisore.
Dicevo, ci sono rinunce sorprendenti che si fanno in nome dell'amicizia.

E in fondo, anche se non si magna, l'avevo ordinata sei mesi buoni d'anticipo da Fnac in Spagna.

Si, in fondo non sono cartoni animati. E fanno bene all'anima. Questa è una cosa importante.