[Libri] Banana Yoshimoto: "Amrita"

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spaced jazz
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[Libri] Banana Yoshimoto: "Amrita"

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Banana Yoshimoto "Amrita"
Feltrinelli
€ 7,50


Nell'ultima ventina di anni la narrativa giapponese ha avuto la fortuna di vedere la nascita di due autori capaci di richiamare alla mente artisti del calibro di Tanizaki e Kawabata fino a giungere ad un personaggio seminale come Natsume Soseki.
Sto parlando di Haruki Murakami e di Banana Yoshimoto. Che cosa hanno portato di nuovo nella letteratura nipponica? Semplicemente, hanno assorbito in loro e raccontano la sensibilità delle nuove generazioni nutrite dai manga e dalla televisione, giovani che hanno metabolizzato la sfiducia dei loro genitori nelle possibilità di mutamenti sociali senza assorbirne la rabbia e lo spirito combattivo: un nuovo Giappone con la sua condizione di ricchezza in un'atmosfera non di trionfo ma quasi di malinconico ripiegamento e inquietudine.
Mentre Murakami ha uno stile più immaginifico, la Yoshimoto tende più all'analisi dei sentimenti, ma entrambi sondano la realtà o pseudo-realtà che circonda i propri personaggi avvicinandola ad una visione emotiva.
Il caso di Banana Yoshimoto è stupefacente anche in Italia, divenuta famosa da subito col suo primo libro "Kitchen", contenente anche il racconto "Moonlight Shadow" che addirittura non è altro che la sua tesi di laurea universitaria.
Le ormai molte opere di questa autrice, compreso il bellissimo "Tsugumi", dimostrano che la forma che predilige è quella del romanzo breve. E' anche per questo che fra tutte spicca con le sue 300 pagine "Amrita", un romanzo straordinario e forse più "spirituale" del suo solito, di cui la stessa Yoshimoto dice: "forse mai più in tutta la mia vita potrò scrivere qualcosa con lo stesso abbandono, la stessa spontaneità".
Un libro che è grande narrativa.

Quarta di copertina:
<Amrita è un'opera di grande respiro. Narra della piuttosto insolita famiglia di Sakumi, di cui fanno parte la madre, il fratellastro undicenne Yoshio, una cugina e un'amica.
Su questa famiglia "allargata" pesa il ricordo ancora vivo della tragedia di Mayu, la sorella minore di Sakumi morta in un incidente stradale mentre guidava sotto l'effetto di alcol e barbiturici.
Di qui si dipanano i molti fili della narrazione e i tanti destini intrecciati che l'autrice scava, indagando percezioni del reale diverse da quelle usuali.
Ora sprofondando nei labirinti della mente, come nel caso di Sakumi che ha temporaneamente perso la memoria dopo un colpo alla testa, ora investigando le alterazioni della coscienza. Tale scoperta del mistero e della profondità, al di sotto dell'apparenza del reale, consente a Banana Yoshimoto di illuminare in modo sottile la dimensione magica dell'esistenza e insieme di ampliare i confini delle abituali tematiche di amore, amicizia, morte, solitudine, senza perdere la freschezza, la grazia e la leggerezza di uno stile che parla direttamente al cuore.>

Due estratti:
<Su un lato del piazzale c'erano delle persone che fermavano tutti quelli che passavano e chiedevano: "Secondo lei, che cos'è la felicità?". Fecero qualche tentativo anche con me, ma al mio deciso "Non lo so" indietreggiarono in fretta come in una scena all'indietro alla moviola.
Subito, però, quelle parole provocarono una qualche immagine della felicità, che passò per un breve istante nella mia mente lasciandosi dietro una scia dal colore rosato. Mi sembrò anche di sentire il motivo di alcune canzoni famose che parlano di felicità.
E pensai.
A un posto apparentemente irraggiungibile, dove un'immagine dalla luce dorata risplende fortissima, più intensa che se raccogliesse in sé tutta la speranza, tutta la luce del mondo. Non è questo ciò che tutti desiderano?
Qualcosa che, quando si fugge dalle persone che davanti alla stazione chiedono cos'è la felicità, e ci si va a ubriacare, sembra farsi più vicino, tanto vicino da poterlo toccare.>

<Nessuno può sapere dove sarà nello stesso periodo tra un anno.
Ma anche con questa consapevolezza, tutti riescono a vivere.
Cercando di non metterla a fuoco, spostandola dal campo visivo, affrontandola di petto, ridendoci sopra, piangendo, odiandola,facendo di tutto pur di metterla da parte.
Non per il pensiero che un giorno dovremo morire, ma per non sentire con troppa intensità ogni cosa e farsene distruggere.
Anche domani aprirò gli occhi da qualche parte.
Sarò viva, in qualche luogo felice, provando nuove emozioni. Con dentro lo stesso spirito di quando mi sono addormentata ieri. Attenta a che niente durante il sonno possa separarmi da quella sensazione così netta.
Così faticosa che quasi preferirei morire, e così interessante da darmi voglia di continuare.
Come in una scena dei fumetti dove lottano angeli e diavoli, questi due desideri mi tirano da una parte e dall'altra, e io resto attaccata alla terra.>
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