Domanda:
Risposta:Ani-sama ha scritto:Ma comunicare, cosa significa? Trasmettere idee precise o più vaghe emozioni?
spaced jazz ha scritto:L'arte e gli artisti si esprimono in tali molteplici modalità che non sarei così assolutistico, molti hanno concetti ben precisi da esprimere, altri cercano proprio nel rapporto con i "fruitori" l'alchimia finale del significato, altri danno solo abbozzi emotivi lasciando all'immaginazione tutto il resto.
Giustissimo.Ani-sama ha scritto:Però si può evitare tutto questo, a mio avviso. Come? Proprio lasciandosi trascinare dalle analogie, cercare dentro di sé un'interpretazione, con la ferma consapevolezza che ciò che l'analogia ha detto a te, forse non l'ha detto a Tizio. Allegorie così forti NON POSSONO essere interpretate in modo univoco.
Mmmhh, facciamo così: ti imposto la risposta in modo socratico (tendente al sofistico), solo per farti capire come tu ti muova come "un pezzo di legno", in modo assolutamente troppo rigido, come camminando a due spanne da terra. Allora ti chiedo: Ani, hai mai creato qualcosa in vita tua (guarda, anche un tema fatto a scuola va più che bene)? Ti sei mai seduto al tavolo dell'ingegno con il preciso intento di parlare dell'indicibile, di comunicare l'incomunicabile? Sei riuscito nel tuo intento? Secondo te è possibile predicare qualcosa dell'indicibile? E soprattutto, cos'è l'indicibile? Un sentimento indicibile? Un'emozione indicibile? Un idea indicibile? O un grumo sentimento-emozione-idea indicibile? Come vedi, si può predicare l'indicibilità di un oggetto dato, complessissimo e quasi inafferabile, ma logicamente positum. Dell'indicibilità, invece, cosa si può predicare, se non l'indicibilità stessa? Ma questa è tautologia, il gradino più basso possibile della comprensione e della comunicazione. Qui mi fermo, impaurito delle potenziali ire dei lettori di fine giornata, con i quali mi scuso in anticipo. A mia parziale difesa, posso solo dire che sono certo che almeno Ani-sama, al quale la risposta era indirizzata, mi abbia capito, il che elimina immediatamente l'ipotesi che io sia matto.Ani-sama ha scritto:E l'intento comunicativo dell'autore, allora, da dove nasce tutto, dove va a finire? [...]
Miyazaki, con la famosa sequenza, istituisce con lo spettatore una comunicazione di tipo..."indicibile", nel senso di molto vaga e allusiva, proprio nel senso di "passaggio di flusso di sensazioni da autore a spettatore". Il "forse non lo sa neanche lui" che predicavo è spiegato col fatto - oggettivo, credo - che le sensazioni sono proprio... sensazioni, ed è giusto che rimangano "indicibili" come nascono. E' proprio questo che intendevo quando ho scritto "forse non lo sa neanche lui". Non lo sa neanche lui, nel senso che non lo sa spiegare neanche lui.
Continuo ora la risposta user-friendly mode on. Quello che voglio dire è che l'istanza comunicativa (che esige un oggetto) ha, nella stragrande maggioranza dei casi, il sopravvento sulla variabile "indicibilità", che, dunque, non sarà altro che una categoria estetica, di cui l'oggetto comunicato può o meno rivestirsi. Dunque, per quanto riguarda la scena del treno di Sen to Chihiro, io non penso assolutamente che Miyazaki abbia pensato "Toh, qui ci va un bella pennellata di "indicibile", non so nemmeno io cosa sia effettivamente, lo spettatore ne verrà investito, rimanendone basito e affascinato, incapace di razionalizzare: il che, a ben pensarci, è proprio quello che voglio!". E', a mio parere, un assurdo, che solo una teoria a posteriori può appiccicare al processo creativo di quella scena. Ora, più verosimilmente, Miyazaki, avrà voluto condensare in una scena piuttosto lunga (e in cui intervengono tre forme d'arte a livelli sublimi: quella musicale, quella pittorica e quella narrativa, visto che ci troviamo ad uno dei nodi della storia) un mondo intero, ma è il modo (la categoria estetica, che qui, strizzando l'occhio a Leopardi, potremmo definire "del vago e dell'indefinito") in cui l'ha fatto che fa la differenza, decisamente.
Non so se tu ne serbi memoria, ma quando ero piccolo (qualche annetto prima di te), tra i vari giochi, al luna park, ce n'era uno che mi incuriosiva sempre in modo particolare (perché decisamente meno interattivo degli altri): ad un chioschetto era possibile scegliere tre o quattro colori, i quali venivano spremuti ordinatamente dai loro tubetti su un pezzetto quadrangolare di cartone, per essere poi "frullati" in una sorta di centrifuga. Ebbene, dopo la rotazione, quei tre o quattro bruchi di tempera creavano sul cartoncino forme e colori prima inimmaginati, e la crisalide si schiudeva in una variopinta ed inattesa farfalla. Mi ricordo che mi coglieva sempre una sensazione indecifrabile, a metà tra meraviglia e struggimento. Almeno, questo è quello che dico ora, al tempo ero un bambino e rimanevo solo a bocca aperta... come faccio ora quando vedo la scena del treno in Sen to Chihiro. Miyazaki, come me da bambino, sceglie dei colori con cui dipingere le sue e nostre sensazioni, colori precisi come la malinconia, l'attesa, la serenità, l'abbandono, l'affetto, l'amicizia, la tristezza, il timore, il coraggio, l'amore. Ci sono tutti ed altri ce ne sarebbero, a volerli enumerare tutti. Se noi violentassimo quella scena e ci provassimo nel vano tentativo di vivisezionarla con l'intelletto, li riconosceremmo senz'altro tutti, numerossissimi e definiti, tutt'altro che indicibili! Ma è quando il Maestro "frulla" insieme quei colori che nasce quella che nel mio primo post in assoluto su questo forum ho chiamato, manco a farlo apposta, la magia ineffabile di Sen to Chihiro. Nell'amalgama irrisolvibile della sua poesia sta l'indicibile e come tale arriva a noi spettatori, lasciandoci come dei bimbi davanti ad un chioschetto.
Buonanotte.