Soulchild ha scritto:ghila ha scritto:un modo di comunicare sé stessi e la propria coscienza all'altro
ghila ha scritto:Ognuno ci trova quello che vuole e poi alla fine, chi ti dice che la tua interpretazione sia quella giusta?
A me sembra che queste due affermazioni siano in contrasto non veniale tra di loro, quindi vorrei chiedere a ghila delucidazioni in merito.
Con molto piacere, naturalmente se riesco a spiegarmi
Il primo quoting mi trova d'accordo. Non è esaustivo, ma dice molto dell'ansia comunicativa di chi si pone al tornio dell'ingegno e della creazione.
Il secondo quoting sembra invece annichilire questa sublime tensione verso il darsi, nel momento stesso in cui la rende orfana poiché soggetta alla dispersione del travaso di mente in mente: ne risulta, a me pare, un'opera (in senso lato) trita e adespota, esposta alla mercè dell'altrui (spesso indebito) logorio.
Ti parlerò sinceramente. Io mi sento fondamentalmente poco artista da un punto di vista creativo; forse lo sono più da un punto di vista esecutivo, interpretativo (in fondo sono un cantante, non sono compositore).
Quel poco che ho saputo creare di veramente sincero (e non dettato da esigenze diverse dall'urgenza personale) mi ha lasciato sempre completamente svuotato, nudo di fronte all'opera conclusa. Ma felice. Colmo di quella felicità che solo una confessione con un amico vero ti sa donare. La gioia del vuoto, del nulla. Del darsi? Si, probabilmente hai ragione: l'arte è la carità di Narciso.
Ma bando alle ciancie e vengo al dunque. Una volta pubblicate queste fatiche mi sono trovato di fronte ad un nugolo di analisi, interpretazioni, critiche, delucidazioni, complimenti e quant'altro che l'opera aveva sollevato. Cose che ritenevo piane, nulle dal punto di vista artistico, venivano innalzate a momenti topici dell'album; viceversa parti profondamente sentite sminuite a brani di passaggio.
E a questo punto, che fare? Non sapete quante paranoie! Non sono in grado di comunicarmi? Comunico meglio le cose già dette e ridette? Che il pubblico non sia pronto? Ah, bei tempi quando avevo tempo di farmi queste seghe mentali...
ma sto divagando scusatemi!
Da questa mia esperienza, piccola ma sincera e maturata sul campo, ecco nascere le due affermazioni precedenti. L'arte è comunicazione di sé, ma soprattutto dal punto di vista dell'artista, per l'artista stesso, per poter davvero immettere sé stesso nella forma d'arte a lui congeniale, insomma... per stare bene; al di là di qualsivoglia labour limae, sezione aurea, quinte nascoste che aiutano semplicemente a gestire le pulsioni interne, l'artista scrive sé stesso per sé.
Poi la decisione di mostrarsi al pubblico ludibrio attraverso l'opera ultimata e quindi alla consapevolezza che ognuno si farà un'idea diversa dalla tua, anche solo perchè il fruitore non è l'artista. Che dite? Che le emozioni sono universali? Può darsi, ma l'arte nasce da un'elaborazione personale e soggettiva di queste emozioni. Idea banale se volete, ma da par mio vera.
Per questo motivo divido fra chi compie un'opera artistica e chi ne fa uso fruendola. Con molta acutezza Soulchild scrivi che questa sensazione di dispersione, di inutile
sembra invece annichilire questa sublime tensione verso il darsi, nel momento stesso in cui la rende orfana poiché soggetta alla dispersione del travaso di mente in mente
.
Il problema è che non SEMBRA annichilire, ma ANNICHILISCE il messaggio iniziale dell'autore. Sto bestemmiando? Non lo so. Probabilmente si, ma vi assicuro che personalmente la pubblicazione di un lavoro è per me fonte di dono della mia opera agli altri. Non che resta mia e la dono per il divertimento altrui. NONO, sento proprio che pubblicandola tutta la mia (pseudo)arte NON è PIU' MIA! Perchè è di tutti, è patrimonio universale, soggetta alle mode, ai cambiamenti, agli altri.
Quando ti esponi agli altri per un dialogo, per un confronto più che umano, non puoi pretendere che non avvenga un cambiamento di rotta delle tue idee, non puoi pensare che non avvenga uno scontro.
Conosco persone che hanno scritto libri splendidi (alcuni anche sulla filosofia dell'erotismo davvero belli!) che non permetteranno mai che la loro opera venga pubblicata per la lettura di tutti e non di pochi intimi (cosa peraltro impossibile in questa Italia orfana di editori arditi)! Per timore di perdersi, per non perdere quel minimo di equilibrio (a volte anche mentale!) che hanno falsamente ritrovato mettendo sé stessi nell'opera in questione. E allora la domanda, forse troppo paranoica, inutile, ma la faccio lo stesso. Quanto conta un'opera d'arte sincera, vera, bella se lasciata nel cassetto a marcire? Quanto acquista per l'autore stesso la propria opera una volta pubblicata?
Sto andando in OT pauroso e me ne scuso... solo che non capita spesso di parlare di questi argomenti su forum web. Per questo colgo l'occasione per complimentarmi e ringraziare tutti soprattutto ai coordinatori del forum: per l'accortezza con la quale misurate le parole, la preparazione sull'argomento e la voglia di mettersi sempre in gioco, mostrarsi. Di fare, per così dire, piccoli lavori artistici con semplici reply.
CIAO!